“Con otto regole se ne esce”

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E’ inutile far finta di niente. Anche a seguito della totale mancanza di una qualunque seria gestione del fenomeno migratorio (che, non dimentichiamolo mai, c’è sempre stato e sempre ci sarà), le nostre città e le nostre periferie negli ultimi decenni hanno completamente cambiato volto. Quartieri via via abbandonati, causa il crescente calo demografico, sono stati progressivamente abitati da nuovi ospiti che, nei primi tempi, sono venuti qui da noi a Trieste piuttosto che a Monfalcone essenzialmente per motivi di lavoro. Sono questi i casi di successo perché, nonostante parecchie difficoltà di inserimento, alla fine, nella gran parte dei casi, sono diventati, a tutti gli effetti, nostri concittadini con un percorso di integrazione e di pieno rispetto delle nostre regole di civiltà e di educazione che, talvolta, ha dato e dà risultati migliori di certi, deleteri esempi di maleducazione e inciviltà che provengono da nostri “fidati” concittadini. Questo almeno fino a qualche decennio fa’. Poi se in alcune realtà industriali (leggi Fincantieri) si è fatto ricorso sfrenato al subappalto con conseguente sfruttamento di una manodopera straniera sempre più “povera” e di basso livello formativo e altrove, vedi il caso di Trieste, si sono aperte completamente le porte alla immigrazione irregolare proveniente dalla rotta balcanica, senza neanche provare ad immaginare percorsi seri di integrazione in primis culturale e linguistica, ecco che la situazione si è via via incancrenita portando, come suo immediato effetto, all’acuirsi di fenomeni di microcriminalità e all’effetto emulativo anche da parte di chi, italiano da generazioni, vede nel vicino impunito, un facile esempio da seguire per dar sfogo ai suoi più beceri istinti.

C’è di che essere preoccupati. C’è da fermarsi un attimo e, al di là delle varie ideologie, c’è da provare a mettere un po’ di ordine nella variegata casistica che il fenomeno migratorio sta portando all’attenzione quotidiana di tutti noi. Senza alcuna pretesa di avere soluzioni pronte in tasca, proviamo allora ad immaginare alcune piccole, ma fondamentali regole che potrebbero servire, se attuate in tempo, a fermare la brutta china che stanno vivendo le nostre città.

Prima regola: se ti rendi responsabile di un reato, devi essere processato e, se del caso, condannato in tempi rapidi. La certezza della pena è uno dei cardini dello stato di diritto e a oggi è una mera chimera.

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Seconda regola: se per motivi di allarme sociale disponi le “zone rosse”, queste vanno gestite con intelligenza ed elasticità. Con presidi fissi ma anche anche e soprattutto con ronde “mobili” che girino per le strade, parlino con cittadini ed esercenti e creino una sorta di “fidelizzazione” che porta il cittadino comune a fidarsi delle forze dell’ordine, segnalando tutti quei piccoli accadimenti che lasciano presagire qualche evento criminoso.

Terza regola: diffondere e mettere in rete un sistema di telecamere che consenta una mappatura sempre più completa di quelle porzioni di territorio che scontano reiterati episodi di microcriminalità.

Quarta regola: stabilire per legge alcune precise regole di comportamento (come il divieto del velo integrale in luoghi pubblici) che consentano il pieno inserimento di ragazze e donne nella civiltà occidentale, col pieno e chiaro ripudio di ogni forma di integralismo che vede le donne (come accade tuttora in Iran ed Afghanistan) sottomesse al maschio padre-padrone, in netto dispregio di quei principi di eguaglianza e di rispetto reciproco che sono la base della nostra cultura.

Quinta regola: se tu dichiari, pubblicamente, apertamente e reiteratamente, che non intendi rispettare i nostri principi di civiltà, deve partire un immediato “invito” a lasciare il nostro paese e a tornare nella patria d’origine. Quinta regola: vanno implementati, finanziati ed estesi progetti come quelli di Confindustria Alto Adriatico che forma ed informa nei paesi d’origine i futuri lavoratori e cittadini italiani, soprattutto in quei settori che lamentano una progressiva carenza di manodopera a causa del calo demografico.

Sesta regola: vanno adeguatamente finanziati e strutturati i percorsi formativi post diploma e post laurea con la finalità in primis di trattenere qui da noi la nostra “meglio gioventù”, ma anche di rendere attrattivo il nostro sistema universitario e di ricerca anche per i giovani stranieri che qui vorrebbero non solo formarsi ma anche fermarsi: elevare le borse di studio, migliorare l’offerta di alloggi a prezzi calmierati e creare molteplici occasioni di incontro con le realtà culturali cittadine sono solo alcuni esempi delle molteplici iniziative che si potrebbero fare in tal senso.

Settima regola: gestire, per davvero, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati, garantendo le necessarie risorse, ma vigilando affinché le comunità che li ospitano svolgano realmente le previste attività formative ed informative, integrino i ragazzi nella realtà cittadina facendo frequentare palestre o associazioni socio-culturali che facciano vivere esperienze positive e di crescita della loro personalità.Su quest’ultimo aspetto merita spendere qualche parola in più. Infatti è proprio da qui, dando risposta concreta alle esigenze di questi ragazzi ancora adolescenti, che si può provare davvero ad invertire la china dando ad essi mezzi e strumenti non solo per inserirsi velocemente nel mondo del lavoro, ma anche per una piena e sana integrazione nella nostra società.

Ottava regola: accelerare le pratiche amministrative sia per il rilascio del permesso di soggiorno a chi ne ha diritto (otto mesi per un appuntamento in questura sono davvero troppi!), sia per il riconoscimento della cittadinanza a chi ne ha diritto.

Com’è facile dedurre si tratta di un’insieme di regole (meglio, di obiettivi) piuttosto impegnativi ma che, a nostro modesto avviso, delinenano un percorso chiaro di uscita da una situazione che si va facendo sempre più difficile e che sconta, oramai da anni, la mancanza di analisi chiare e una oramai consolidata assenza di regole certe e da rispettare.

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Mauro Zinnanti



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