«Io, cappellano nel braccio della morte vi dico che c’è speranza anche lì»

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La Florida State Prison dove Recinella presta servizio – Libreria Editrice Vaticana

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Se non è l’inferno, gli somiglia molto. Un posto che d’inverno fa freddo e d’estate così caldo che ti strapperesti via la pelle. Un luogo dove anche solo sperare è una scommessa, perché chi entra sa che non ne uscirà più. Eppure, persino lì è possibile seminare futuro, quello almeno che trova senso nella fede, che vive nella prospettiva dell’eterno presente che sarà. Dale Recinella, 73 anni, dal 1998 presta servizio come cappellano laico nel braccio della morte in Florida, cioè accompagna nell’ultimo tratto di vita chi decide di avvalersi del suo aiuto mentre attende di essere giustiziato. Uomini che si sono macchiati di crimini orrendi ma che spesso in carcere ritrovano sé stessi e il giusto significato da dare all’esistenza umana. Recinella parla di questa sua esperienza di frontiera nel libro “Un cristiano nel braccio della morte. Il mio impegno a fianco dei condannati” (Libreria Editrice Vaticana, pagine 192, euro 17), in cui racconta come in passato fosse un avvocato di successo, che maneggiava milioni di dollari a Wall Street per conto di facoltosi clienti. Poi il radicale cambio di vita, con il sostegno della moglie Susan. «Dio mi ha dato diversi segnali per orientarmi in quella direzione – spiega Recinella -. Uno dei primi è stato ascoltare il Vangelo del giovane ricco durante una Messa domenicale. Ricordo di aver chiesto a mia moglie: “Pensi che Gesù intendesse davvero dire quello che ha detto?” Quel pensiero ci ha portato a mesi di discussioni e poi a fissare un appuntamento con il nostro parroco. Posso dire che la domanda fatta quella domenica è stata un punto di partenza per molti passi del cammino spirituale fatto come coppia sposata».
Mi sembra che una malattia sia stata molto importante in questo senso, una specie di avvelenamento da ostriche. Cosa le successe?
Fu un’esperienza di quasi morte provocata da un avvelenamento da ostriche per colpa di un batterio alimentare altamente letale. Quella vicenda mi ha portato a interrogarmi su come stavo spendendo il mio tempo, la mia mente e i miei soldi. Stando in ospedale senza sapere se avrei mai più rivisto i miei figli e baciato mia moglie, mi sono reso come tante cose che davo per scontate avessero in realtà molta più importanza di quanto credessi. Dio sa quanto posso essere testardo e quindi ha fatto in modo che gli amici della parrocchia e i consiglieri spirituali mi accompagnassero con le parole di Gesù per mantenere il mio sguardo nella direzione giusta. In questo modo il Signore mi ha provocato nuove domande, per esempio che cosa avevo fatto dei suoi doni. Fino a quel momento non avevo mai considerato capacità e risorse come benefici di Dio. Un altro interrogativo ha riguardato la gente che soffre: cosa fare per loro? Una prima risposta l’abbiamo cercata nella mensa dei poveri, destinata alle persone di strada che vivono all’ombra del nostro municipio. Persone che non avevo mai viste. Naturalmente, erano sempre state lì. Ma mi erano invisibili.

Dale Recinella

Dale Recinella – Libreria Editrice Vaticana

In particolare, se non sbaglio, all’inizio c’è la storia di un senza dimora…
Mentre imparavamo i loro nomi e le loro necessità, abbiamo cominciato a incontrare Gesù nei volti dei poveri. Ed è stato sorprendente accorgersi come a fare da sfondo a queste storie siano state le strade della città e poi i corridoi delle prigioni. Quante volte un detenuto mi ha riconosciuto e ha detto di ricordarsi di avermi visto anni prima alla mensa dei poveri!
Lei è un cappellano laico che presta serve nel braccio della morte in Florida. In cosa consiste il suo servizio?
Nella presenza. Inizialmente si trattava di passare davanti alle celle chiuse con sbarre d’acciaio, chiamando ogni detenuto per nome, chiedendogli come stava e come stava la sua famiglia. Il caldo estivo in quei corridoi è indescrivibile, perché nelle celle del braccio della morte non c’è aria condizionata e specialmente in agosto e settembre alle alte temperature si aggiungono gli effetti dell’umidità. Venti anni di servizio in quelle condizioni hanno avuto un grande impatto sulla mia condizione fisica. Così, circa tre anni fa, i vescovi della Florida hanno assunto un cappellano laico che mi succedesse. Un ex giocatore di football professionista, molto più giovane di me. Oggi io mi limito a fare consulenza spirituale e a seguire i condannati a morte.
Cioè chi vive il cosiddetto deathwatch.
È il periodo che inizia dal momento in cui il governatore firma la condanna a morte fissando la data e l’esecuzione. Il detenuto viene immediatamente trasferito dalla sua cella nel braccio della morte a un’altra nella casa della morte, a circa 30 piedi (900 metri ndr) dalla stanza dell’esecuzione.
Ma come si può trasmettere speranza a coloro che non hanno alcuna possibilità di lasciare il carcere?
All’inizio c’è una domanda: cosa vuoi chiedere a Dio oggi? Sono rimasto sorpreso da quanti detenuti condannati chiedano preghiere per le loro famiglie e per gli amici, menzionando a malapena sé stessi. Si preoccupano soprattutto di pregare per la madre e i figli. A volte, chiedono di condividere con loro la mia storia di malattia dovuto al batterio. E preghiamo insieme per perseverare nella speranza e nella fede.
Molti dei detenuti che lei descrive hanno una profonda vita spirituale. Possiamo dire che incontrano Dio in prigione?
Dio non si nasconde da noi. È ovunque, sempre pronto a incontrarci. Alcuni uomini mi dicono che hanno trovato la fede in prigione. Altri l’avevano avuta in passato e se ne erano allontanati, per poi ritrovarla in carcere. Io ricordo sempre che siamo tutti in cammino, e che è meglio viaggiare con Gesù e con gli altri piuttosto che provare a farlo da soli.
Lei accompagna i condannati a morte nelle ultime ore prima che vengano uccisi. Come riesce ad andare avanti dopo un’esperienza simile?
Non si resta fermi nel cammino spirituale. O ci si muove in avanti, o si scivola indietro. Alla fine della mia ultima visita al condannato a morte, gli ricordo che, quando verrà il mio turno di presentarmi davanti a Dio, lo cercherò perché mi stia accanto e interceda per me. Ci diciamo addio ma è solo un arrivederci.

Il libro che racconta la storia di Recinella

Il libro che racconta la storia di Recinella – Dal Web

Il libro esprime un deciso no alla pena di morte. A tal proposito, è stato molto importante l’insegnamento di Giovanni Paolo II. E oggi quello di papa Francesco che ne ha chiesto l’abolizione come segno giubilare. Però molti cristiani sono favorevoli. Cosa può dire a loro?
Quando verrà il momento di presentarmi davanti a Dio e rendere conto delle mie scelte, Egli non mi chiederà se altri hanno scelto la vita o la morte. Mi chiederà cosa ho scelto io.
Lei è costantemente a contatto con la morte, come fa a portare aventi il suo servizio?
Siamo tutti in costante contatto con la morte e con la vita. Dove troviamo la forza per vivere? Le Scritture ci dicono che la nostra forza è nel nome del Signore, che ha fatto i cieli e la terra. Benedetto sia il nome del Signore (Salmo 113). La nostra umanità trae grande beneficio dal supporto dei fratelli e delle sorelle che ci confermano nella fede aiutandoci a restare saldi, soprattutto quando le ginocchia diventano deboli. Mia moglie, il mio pastore, i miei amici nella preghiera mi sostengono. E io ringrazio Dio per tutti loro.

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