Papa Francesco: «Chiediamo uno sguardo capace di percepire i bisogni dei fratelli»

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Venerdì 8 febbraio 2025 il Santo Padre Francesco ha inviato un Messaggio ai partecipanti al Congresso Nazionale delle Vocazioni che si svolge a Madrid dal 7 al 9 febbraio 2025. 

Cari fratelli e sorelle:

vorrei unirmi alla celebrazione di questo Congresso Nazionale delle Vocazioni che hanno scelto di intitolare: “Per chi sono? Assemblea dei chiamati alla missione”, ringraziando tutti coloro che lavorano per le vocazioni nelle amate terre di Spagna. In primo luogo, a coloro che svolgono questo compito inviati dai loro vescovi o superiori, sia che lavorino nei centri di formazione sia che semplicemente accompagnino i giovani. Anche a coloro che, con l’esempio della loro vita, rendono visibile e – oserei dire – contagiosa la dedizione generosa e fiduciosa al progetto che Dio ha per ciascuno di noi. Senza dimenticare coloro che con la loro preghiera e il loro sacrificio ottengono da Dio abbondanti grazie affinché noi pastori e pecore, maestri e discepoli, possiamo essere configurati a misura del Cuore di Cristo.

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Mi ha fatto piacere che il motto del Congresso riprenda le parole dell’Esortazione apostolica postsinodale Christus vivit. “Spesso”, ci dice il documento, ‘nella vita perdiamo tempo a chiederci: ’Ma chi sono io? Tu sei per Dio, senza dubbio. Ma Lui ha voluto che tu fossi anche per gli altri, e ha messo in te molte qualità, inclinazioni, doni e carismi che non sono per te, ma per gli altri” (n. 286).

Rileggendo queste parole, mi è venuta in mente la scena del giovane ricco che chiede al Signore cosa deve fare per ottenere la vita eterna. Nella sua risposta, il Signore ci fa vedere, con una dolce pedagogia, che il bene a cui aspiriamo non si ottiene soddisfacendo requisiti e raggiungendo obiettivi e, anche se abbiamo cercato di fare tutto questo fin dalla nostra giovinezza, ci mancherà sempre qualcosa di molto semplice, il dono totale di noi stessi, per seguire Gesù nella prova dell’amore più grande.

È quello che chiede al giovane ricco: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, perché tu abbia un tesoro in cielo, e poi vieni e seguimi” (Mc 10,21). Sembrerebbe che tale chiamata si riferisca solo a un certo tipo di vocazione specifica, solo a coloro che si sentono chiamati ad abbracciare la radicalità della povertà evangelica. Ma non è vero, possiamo sentirlo rivolto a ciascuno di noi. Siamo tutti amministratori dei doni di grazia e di natura che il Signore ci ha dato, e i nostri talenti devono essere messi in banca e riscuotere interessi, i nostri beni devono essere venduti, perché il frutto arrivi ad altri.

Pensiamo alla DANA che ha colpito diverse regioni della Spagna alla fine di ottobre. Una situazione che ci interpella profondamente e che fa rivivere l’idea del “per chi sono”. Quante testimonianze di coraggio, di solidarietà, di vedere che in questo contesto ciò che ho, ciò che sono, ha uno scopo concreto: gli altri. E quando non è così, diventa evidente l’amarezza, il grido della terra e di Dio che ci chiama: “Non sei stato responsabile per tuo fratello? Al contrario, qualsiasi cosa abbiamo potuto dare, la troveremo come un gioiello prezioso incastonato nelle viscere di misericordia del suo Cuore divino (cfr. San Giovanni Battista della Concezione, Opere III, 368).

È curioso che il giovane ricco del Vangelo non consideri a chi lo manda Gesù, non si preoccupa di cosa o come farà quando sarà con loro; si preoccupa dei suoi beni, di ciò che ha, di ciò che ha fatto, di ciò che intende ottenere, anche se sembra che stia cercando la vita eterna. Tutto il suo mondo finisce in lui e questo non lo soddisfa, anzi, pur avendo tanto, se ne va rattristato perché non è in grado di fare il passo del dono. Non ha saputo investire nell’attività essenziale a cui Dio lo stava invitando. Quanto è diversa la testimonianza di tutti quei giovani che, come abbiamo visto nella catastrofe della DANA, nell’accoglienza dei migranti o nel vulcano di La Palma, sono i primi a mettersi al lavoro.

Nel discernimento della nostra vocazione, seguiamo questo esempio per cogliere il valore dei beni spirituali o materiali che siamo chiamati a gestire. Come l’amministratore disonesto della parabola raccontata da San Luca, non “sprechiamoli”, usandoli per allontanare gli altri da noi e da Dio, ma cerchiamo di poter dire che non ci dobbiamo altro che amore (cfr. Rm 13,8). Così come il personaggio della parabola: “Quanto devi, non a me, ma al mio Signore? -Prendete la vostra ricevuta” (cfr. Lc 16,6), affinché questi beni servano a unire e non a dividere.

Non pensiamo che quello che abbiamo non sia sufficiente, nemmeno gli apostoli avevano “oro e argento” ma, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, cercano di percepire il bisogno del povero paralitico nel tempio (cfr. At 3,1-8), anche oltre le loro aspettative. Non gli danno denaro, ma lo invitano a “guardarli”, a vedere l’esempio della loro povertà e, dopo aver attirato la sua attenzione, gli chiedono di alzarsi dalla sua prostrazione. Pietro chiarisce a tutti: non sono stati loro, ma Gesù, a fare il miracolo.

In un altro contesto, è Filippo a incontrare un ministro del tesoro reale che, pur venendo al tempio per adorare il vero Dio e conoscendo le Scritture, non era in grado di comprendere il mistero della croce che Isaia racconta nella storia del Servo di Jahvè. Così come nel caso di Pietro, Filippo, mosso dallo Spirito, riesce a vedere il bisogno dell’altro e, al di là delle sue aspettative, ad annunciargli Gesù, nella Parola e nei sacramenti, occupandosi di una povertà che non è materiale ma spirituale (cfr. At 8,27-35).

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Chiediamo ai fratelli in questo Congresso vocazionale uno sguardo capace di percepire il bisogno del fratello, non in astratto, ma nel concreto di occhi che si fissano su di noi come quelli dell’uomo paralizzato nel tempio. Nell’ufficio, nella famiglia, nell’apostolato, nel servizio, portare Dio ovunque vi mandi, questa è la nostra vocazione. Con la domanda “per chi sono?”, entriamo nel mistero di Dio e del suo progetto su di noi, ma non abbiate paura e abbandonatevi alla volontà divina, lo Spirito vi sorprenderà ad ogni passo, facendovi scendere dal treno della vita, come Santa Teresa di Calcutta, per ridurre le distanze che vi separano da Dio e dal fratello, per cambiare rotta e trovare Gesù nell’abbraccio di colui al quale siete inviati.

Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi. E non dimenticate di pregare per me.

Fraternamente vostro,

Roma, San Giovanni in Laterano, 7 gennaio 2025.

FRANCESCO



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