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Lo stile growth la farà ancora da padrone, con una preferenza per la parte più ciclica del mercato. Sul fronte obbligazionario, meglio i titoli governativi piuttosto che corporate
Volatilità (molta) ma anche opportunità (tante) da tenere d’occhio. Quest’anno il lavoro di Stefania Taschini, responsabile Multi-Manager in Anima, sarà certamente sfidante. “Se guardiamo allo scenario macro, siamo abbastanza positivi. Con gli indici d’inflazione in graduale discesa verso i target, la crescita degli Stati Uniti è stata più resiliente delle attese. In Europa, invece, anche se la situazione economica si mostra più fragile, crediamo che una recessione sia scongiurata”, afferma. Ci sono però delle variabili da considerare, a partire dalla questione geopolitica e dalla politica monetaria delle banche centrali: “Il percorso di normalizzazione, seppur con qualche pausa, continuerà”.
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Titoli governativi e stile growth
Per l’esperta il 2025 sarà perciò un anno un po’ meno direzionale e più volatile del 2024. Questo significa che “sarà necessario, da parte nostra e dei gestori che selezioneremo per i nostri portafogli, avere una maggiore gestione attiva”. Al netto di una revisione costante della buylist di prodotti (180 fondi attivi che coprono circa 40 asset class). “Sia chiaro, non abbiamo un turnover elevato ma siamo pronti, se necessario, a efficientare quello che abbiamo e introdurre nuovi gestori”. La volatilità, tuttavia, crea opportunità. Per Taschini la visione è costruttiva: “Tatticamente siamo positivi sui risky assets e sulle azioni, dove abbiamo preso profitto dopo la grande sovraperformance del 2024 degli Stati Uniti a livello geografico, ribilanciando le aree geografiche riducendo gli USA e aumentando invece l’allocazione all’Europa”.
Lo stile growth la farà ancora da padrone, con una preferenza per la parte più ciclica del mercato: “È un bias voluto, intenzionale, ma anche qui abbiamo in parte preso già profitto e introdotto nei portafogli una componente un po’ più difensiva, che potrebbe essere utile in fase di rialzo della volatilità”. Sul fronte obbligazionario, invece, la manager predilige i titoli governativi (sulla parte breve e media della curva) piuttosto che corporate, sui quali comunque resta investita e più interessata alla componente investment grade. Ma c’è un fil rouge che muove tutto: la duration. “Nel gestire la volatilità, la duration può e deve variare, in modo opportunistico”, afferma.
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Il tech brilla (oltre i magnifici 7)
Il 2024 è stato un anno d’oro per i mercati azionari. Diverse Borse hanno messo a segno record storici a ripetizione e altre che sono tornate su livelli che non vedevano da molti anni. Un risultato trascinato dai grandi titoli tecnologici, i famosi Magnifici 7, che hanno guadagnato a due cifre. “Il settore rimane strategico”, spiega Stefania Taschini, “ma ci aspettiamo una maggiore dispersione dei rendimenti. Lo abbiamo visto proprio qualche settimana fa, quando l’AI cinese DeepSeek ha scosso i mercati, causando un crollo di alcuni dei maggiori titoli tech per miliardi di dollari e creando anche un’enorme dispersione dei rendimenti proprio all’interno dei diversi titoli della tecnologia. Non sarà più tanto un mercato guidato solo dai sette nomi, quindi, ma a fare la differenza sarà la capacità di calibrare bene le scelte di sottopesi e sovrappesi, guardando anche alle dinamiche intrasettoriali”, afferma. Al momento, in questo ambito, c’è un’allocazione al tema della sicurezza informatica. Anche infrastrutture ed healthcare, in un’ottica più difensiva, trovano spazio nei portafogli costruiti dal team della responsabile Multi-Manager di Anima.
Stefania Taschini è anche focalizzata sulla ricerca di fondi attivi globali multitematici. “Negli ultimi tempi abbiamo notato un universo troppo uguale, con tracking error altissimi e performance deludenti. Stiamo lavorando per cercare di rendere questa selezione un po’ più blend: insomma avere dei fondi multitematici attivi che considerino un po’ di più il benchmark”. Sul reddito fisso, invece, la fund selector al momento è investita prevalentemente su strategie direzionali: “preferiamo fare noi l’allocazione e decidere cosa avere all’interno dei portafogli”.
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Sostenibilità in stand by
Un tema che preoccupa riguarda la sostenibilità. Il mondo ESG che ha caratterizzato la narrativa della finanza sostenibile è in crisi, fondamentalmente per due motivi: uno legato ai flussi di risparmio, l’altro alla svolta politica americana. Secondo l’ultimo rapporto di Morningstar Sustainalytics, in tre anni la raccolta netta di capitali per i fondi ed ETF sostenibili è scesa da 160 miliardi di dollari a 10,3. Dall’altra parte le parole di Donald Trump non fanno ben sperare. “Dobbiamo capire, rispetto ai proclami, cosa verrà davvero messo in pratica”, dice Taschini. Che rimarca come l’Europa abbia sempre avuto una posizione avanzata in termini di interessi, di politiche, di regulation rispetto agli Stati Uniti, più tiepidi sul tema degli investimenti sostenibili. “Il rischio di un rallentamento è possibile ma dal mio punto di vista sarà difficile pensare ad una vera e propria inversione di tendenza, quantomeno in Europa”, assicura l’esperta.
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