Congelata l’Autonomia: «Quesito poco chiaro, Lep non determinabili»

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Autonomia differenziata, tutto congelato: a voler essere sintetici, ecco dove va a parare la sentenza della Corte Costituzionale, che ha depositato le motivazioni con cui rigetta il referendum sulla legge Calderoli.

Una lunga disamina delle ragioni per cui non si può tenere una consultazione popolare sul tema, che finirebbe per tradursi in un referendum su un articolo della Carta, ovvero il Titolo V sulle Regioni riformato nel 2001; e non su una legge ordinaria come quella del governo di centrodestra che attua i princìpi dell’Autonomia: smontata pezzo a pezzo dalla stessa Consulta lo scorso novembre.

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E perché tutto congelato? Perché i livelli essenziali di prestazioni (Lep) che garantiscono stessi diritti – su sanità, scuola, eccetera – a tutti i cittadini italiani non possono essere definiti d’imperio come voleva fare il governo con la prima stesura della Legge Calderoli.

Ma andranno fissati con una serie di passaggi parlamentari in commissione e in aula, votando sulle proposte che il governo avanzerà.

Ma tenendo conto che anche sulle materie non Lep (quelle che il Veneto, la Lombardia e le altre Regioni andate in avanscoperta vorrebbero farsi devolvere subito), bisogna procedere con i piedi di piombo: poiché nelle varie funzioni da trasferire alle regioni si annidano comunque livelli essenziali di prestazioni e quindi bisogna prima definire quelli per evitare pasticci.

Con una chiosa aggiuntiva di sicuro sgradita al governatore Luca Zaia: la puntualizzazione che «commercio estero e professioni» non si possono più devolvere «alla luce di alcuni mutamenti intervenuti nell’ordinamento europeo».

Meloni gongola, Schlein no

Ecco perché si può concludere con una certa approssimazione che prima di sei mesi il dossier Autonomia resterà di fatto in stand by, perché i tempi parlamentari sono questi e non si riuscirà a far nulla prima.

Dunque la Lega, pur plaudente per lo scampato pericolo del referendum abrogativo della legge Calderoli, ha in realtà poco da festeggiare.

Sul piano politico, hanno più motivi per sorridere i suoi alleati, visto che alla premier Meloni non ha mai garbato la prospettiva di misurarsi con un referendum che avrebbe spaccato il Paese, così come al vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani, che aveva già i suoi governatori del Sud sul piede di guerra. Semmai, la più scontenta sarà Elly Schlein, che puntava molto sulla battaglia referendaria contro l’autonomia per compattare le opposizioni e dare una spallata al governo Meloni.

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Cittadinanza e Jobs Act

Ma ecco più nel dettaglio come la Consulta spiega la sua decisione di dire no al referendum dell’Autonomia, pur avendo sdoganato gli altri quesiti: quello molto importante sulla cittadinanza e quello per abolire il jobs act, la legge del governo Renzi che eliminò la tutela dai licenziamenti riformando la normativa sul lavoro.

I motivi della Corte

Primo punto: «L’oggetto e la finalità del referendum sull’Autonomia non risultano chiari». Perché «la sentenza 192 del 2024 ha profondamente inciso sull’architettura essenziale della legge, comportando il trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle Regioni (solo funzioni e non materie), nonché la paralisi dell’individuazione dei Lep. Ne discende che attualmente non c’è modo di determinare i Lep e la conseguenza è che risulta oscuro l’oggetto del quesito». Come spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, «non si sa più su cosa si voterebbe, sarebbe un anomalo plebiscito su una norma costituzionale».

Secondo: «Sui Lep i nuovi criteri non ci sono e quelli vigenti non hanno più efficacia», dice la Corte. Aggiungendo che «se lo Stato intende accogliere una richiesta regionale relativa a una funzione rientrante in una materia ‘no-Lep’ e incidente su un diritto sociale o civile, occorrerà la preventiva determinazione del relativo Lep e costo standard».

Ecco perché «si potrà fare poco o nulla», spiega ancora Ceccanti, se non – come chiarisce la Consulta – «trasferire specifiche funzioni concernenti materie ‘no-Lep’, a condizione che esse non incidano su un diritto sociale o civile e che l’iniziativa regionale sia giustificata alla luce del principio di sussidiarietà».

Resta la domanda: a questo punto cosa farà il governo?

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«Dovrà farsi votare dal Parlamento una delega molto precisa a definire i Lep – prevede Ceccanti -. Magari il lavoro della commissione Cassese potrà essere d’aiuto per fare prima, ma finché non verranno definiti i Lep si può fare poco perché rispunteranno sempre fuori su varie funzioni da devolvere».



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