requisiti, scadenze e opportunità per le aziende

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Nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sotto l’influenza del piano europeo REPowerEU, l’Italia ha avviato delle misure destinate a sostenere la transizione digitale e green delle imprese, centrando i suoi obiettivi sulla promozione di un modello di crescita più sostenibile e tecnologicamente avanzato.

Tra queste, la Transizione 5.0 rappresenta una delle principali novità «nonché quella normativa strutturata che da tempo le aziende attendevano per coprire gli investimenti anche in materia di risparmio energetico». A spiegarne tutti gli aspetti più significativi la Sales Consultant della società di consulenza Warrant Hub (Tinexta Group) Cristiana Biffi. «Con l’introduzione del nuovo credito d’imposta – le imprese sono invitate a investire in innovazioni che favoriscano la digitalizzazione e, allo stesso tempo, una significativa riduzione dei consumi energetici, promuovendo un’evoluzione che coniughi la sostenibilità ambientale con lo sviluppo tecnologico»

Transizione 5.0: Obiettivi e Finanziamenti

La Transizione 5.0, dunque, pensata per il biennio 2024-2025, mira a incentivare le cosiddette “transizioni gemelle”, cioè quelle digitale e green, che sono da tempo al centro dell’agenda europea. Il piano italiano si inserisce in questo contesto, con una dotazione complessiva di 6,3 miliardi di euro, suddivisi in tre principali aree di intervento: 3,78 miliardi per gli investimenti 4.0 che comportino un risparmio energetico pari almeno al 3% della struttura produttiva o del 5% nei processi interessati dall’investimento; 1,89 miliardi per gli investimenti in beni per l’autoproduzione di energia rinnovabile destinata all’autoconsumo; 630 milioni per la formazione 5.0, un aspetto fondamentale per garantire alle imprese le competenze necessarie per affrontare con successo la transizione verso nuovi modelli tecnologici e sostenibili.

Incentivi e Requisiti per gli Investimenti 4.0 e Energia Rinnovabile

L’introduzione del credito d’imposta, è legata a un obiettivo ambizioso: incentivare l’adozione di tecnologie avanzate, riducendo nel contempo l’impatto ambientale delle attività industriali. Il risparmio energetico e l’autoproduzione di energia rinnovabile sono elementi chiave per poter accedere ai benefici, con il piano che richiede alle aziende di attuare progetti che rispettino specifici parametri di sostenibilità. «È fondamentale – rimarca Biffi – parlare prima di investimento 4.0 con i classici 5+2 requisiti che prevedano anche un risparmio energetico. Solo in un secondo momento, come elemento trainato, si può parlare di investimenti per l’energia rinnovabile».

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Intatti, dal primo gennaio 2024, le imprese italiane hanno la possibilità di avvalersi di un credito d’imposta per gli investimenti effettuati in beni strumentali 4.0 destinati a ridurre i consumi energetici o a produrre energia da fonti rinnovabili. Per accedere alla misura, le imprese devono soddisfare determinati requisiti tecnici e ambientali, tra cui la riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva o dei processi aziendali.

In particolare, il credito d’imposta è riconosciuto alle imprese che implementano progetti di innovazione che abbiano un impatto positivo sui consumi energetici, con, alternativamente, un risparmio non inferiore al 3%  calcolato sull’unità produttiva o almeno pari al 5% sul singolo processo  coinvolto. Una volta soddisfatto il requisito, le aziende possono includere nel progetto di innovazione impianti di autoproduzione da fonti rinnovabili (ad esempio, impianti fotovoltaici o eolici per autoconsumo) usufruendo della stessa percentuale di incentivo prevista.

La Misurazione del Risparmio Energetico e le Sfide per le Aziende

«Come si misura il risparmio energetico – rimarca la rappresentante di Warrant Hub – è la parte che notiamo avere più criticità da parte delle aziende e dove, al contrario, noi operatori del settore, possiamo dare il giusto supporto». E continua: «Le certificazioni obbligatorie che bisogna presentare al GSE, infatti, devono dare e dimostrare i criteri di risparmio energetico attraverso una serie di indicatori e metriche che permettono di valutare l’efficacia degli interventi e delle tecnologie adottate per migliorare l’efficienza energetica e ridurre il consumo di energia. La riduzione dei consumi energetici è calcolata con riferimento al medesimo bene o servizio reso assicurando una normalizzazione rispetto ai volumi produttivi e alle condizioni esterne che influiscono sulle prestazioni energetiche».Diverso e sicuramente più complicato, spiega Biffi, è il percorso per le imprese di nuova costituzione o che hanno variato sostanzialmente prodotti e servizi resi da meno di sei mesi per le quali non è possibile operare una stima realistica.

In questo caso si parla di scenario controfattuale. L’impresa in questione, dovrà, quindi, individuare rispetto a ciascun nuovo bene strumentale 4.0, almeno tre beni alternativi disponibili sul mercato comunitario nei cinque anni precedenti alla data di inizio del progetto di innovazione. Una volta individuati tali beni occorrerà calcolare la media dei consumi energetici medi annui dei beni alternativi individuati per ciascun investimento. «È fondamentale supportare le aziende, vedere caso per caso quali indicatori servono per calcolare i consumi di energia su un periodo definito per poi verificarne la riduzione dei consumi grazie agli interventi realizzati».

Tempistiche, Scadenze e Adempimenti

Il piano prevede che i progetti di innovazione siano completati entro fine dicembre 2025, con una notifica ufficiale alla Commissione Europea. Questo implica che le imprese devono avviare e completare i loro progetti nei tempi stabiliti, pena il rischio di perdere l’agevolazione fiscale. Sebbene la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non abbia escluso la possibilità di una proroga della misura, ogni eventuale estensione dovrà essere concordata con l’Unione Europea, che monitorerà l’attuazione del piano. «In questi ultimi giorni – sottolinea Biffi – prosegue il lavoro della politica per ampliare l’attrattività del piano Transizione 5.0 che prevede importanti modifiche alle aliquote e, in un secondo emendamento, si prevede la semplificazione del calcolo sulla sostituzione dei macchinari più datati che porterà la normativa ad avere sicuramente più appeal».

Un altro aspetto fondamentale da considerare è il rispetto del principio Do No Significant Harm (DNSH), che impone che gli investimenti non debbano arrecare danni significativi all’ambiente. Al momento, sono in corso interlocuzioni con Bruxelles per definire con maggiore chiarezza le attività e i beni esclusi dall’agevolazione in nome della sostenibilità ambientale. In questa categoria, non si considerano ammissibili al beneficio i progetti connessi all’uso dei combustibili fossili, compreso l’uso a valle. «Questo comporta una verifica puntuale che bisogna fare con il fornitore dei vari impianti quando si è in fase preliminare di stesura del preventivo e conferma d’ordine in quanto, ad oggi, questo aspetto risulta una condicio sine qua non».

Il Piano Transizione 5.0 si è concretizzato attraverso una serie di interventi normativi e regolamentari, tra cui il decreto interministeriale del 24 luglio 2024, che ha fissato le modalità operative per l’accesso al credito d’imposta. Questo decreto ha dato avvio ufficiale alla Piattaforma Informatica, che consente alle imprese di presentare le comunicazioni preventive per prenotare il credito d’imposta, a partire dal 7 agosto 2024. Le imprese devono poi confermare l’avanzamento dei loro investimenti attraverso comunicazioni di aggiornamento, in particolare quando gli ordini sono stati effettuati e almeno il 20% del costo è stato pagato.

Il parere di Luca Tosto, presidente Confimi Industria Abruzzo

A intervenire sul tema è anche Luca Tosto, presidente di Confimi Industria Abruzzo, che segue con grande attenzione l’evoluzione della normativa. «Un aspetto che va chiarito riguarda sicuramente la tempistica. Per le grandi aziende i tempi sono troppo stretti, considerando che, sebbene la normativa abbia effetto retroattivo dal primo gennaio 2024, è stata definita solo a settembre 2024, con scadenza per gli investimenti fissata al 31 dicembre 2025». Inoltre, Tosto evidenzia un altro punto cruciale: «Per le PMI organizzare il 20% di acconto sul bene in un mese per concludere la pratica non è sempre semplice, soprattutto in un periodo in cui i tassi devono essere continuamente negoziati e monitorati».

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E prosegue: «C’è il rischio che la Transizione 5.0 non sia pienamente efficace. Se l’obiettivo è realmente quello di aumentare la produttività, è fondamentale un confronto concreto tra le parti interessate e le istituzioni, per chiarire quale sarà il futuro dell’industria italiana nel prossimo decennio». E rimarca: «Se vogliamo davvero aumentare la produttività, è necessario adottare azioni strategiche e sinergiche che vadano oltre i semplici incentivi, perché solo aumentando la produttività le aziende potranno investire in innovazione, stimolando sviluppo e ricerca. Inoltre, ad avvalorare il discorso è che, ad oggi, pochissimi sono stati i progetti fissati in ottica 5.0, nonostante l’ingente stanziamento di fondi previsto».

La Sostenibilità Ambientale e le Politiche Europee: Allineamento con il Green Deal

Dunque, tantissimi sono gli aspetti relativi a questa misura che vanno affrontati e analizzati. Un’ultima precisazione, però, risulta doverosa. Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altre agevolazioni finanziate con risorse nazionali, ma non con il credito d’imposta 4.0, né con gli incentivi relativi alle Zone Economiche Speciali (ZES) o alle Zone Logistiche Semplificate (ZLS)

«Ad oggi – conclude Biffi – aderire al Piano Transizione 5.0 potrebbe essere fondamentale per le aziende non solo in ottica di sostenibilità, ma anche per rispondere alle nuove linee guida europee. Tra queste, il Green Deal Europeo e la strategia Fit for 55 sono particolarmente rilevanti. Entrambe prevedono che l’UE diventi climaticamente neutra entro il 2050, riducendo le emissioni di CO₂ di almeno il 55% entro il 2030 attraverso misure volte a raggiungere lo scopo. Le aziende, infatti, che non si allineano con queste politiche potrebbero trovarsi a fronteggiare costi più elevati, ad esempio, attraverso il sistema di scambio di emissioni, l’ETS, o le nuove regolamentazioni ambientali, difficoltà di accesso a finanziamenti o a vantaggi fiscali se non si è attivi in questi processi green».

Articolo a cura della redazione



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