Le nuove frontiere dell’immigrazione: dai centri in Albania al caso Almasri. Intanto l’Europa chiede all’Italia di rispettare i diritti umani.
Il 2025 si apre con un aumento significativo degli sbarchi in Italia, in netto contrasto con le politiche di deterrenza e di esternalizzazione messe in campo dall’attuale Governo. Nel mese di Gennaio 2025, il flusso migratorio proveniente dal Mediterraneo centrale, in particolar modo dalla Libia, ha registrato 3.368 sbarchi, segnando un aumento del 136% rispetto ai 2.074 arrivi dello stesso mese nel 2024.
I Paesi sicuri
La prima nazionalità coinvolta in questo esodo, rientra nell’elenco dei cosiddetti Paesi Sicuri (attualmente 19), stilato dall’attuale Governo e facente capo al Decreto legge 158/2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 Ottobre. Si tratta del Bangladesh con 1.189 persone; seguono il Pakistan con 721, la Siria con 426, l’Egitto (anch’esso Paese non sicuro) con 277, l’Etiopia con 135 e l’Eritrea con 119. Un aspetto particolarmente delicato riguarda i minori non accompagnati, già 221 nel primo mese dell’anno. Questa categoria, particolarmente vulnerabile, evidenzia l’urgenza di affrontare in tutt’altro modo le sfide (dimenticate) legate all’accoglienza, alla tutela dei diritti e all’inclusione sociale. Nel 2024, oltre 1.700 migranti sono morti nel Mediterraneo centrale e altri 2.200 risultano dispersi. Tra questi ci sono centinaia di bambine, bambini e adolescenti (1 persona ogni 5 di tutte quelle che migrano attraverso il Mediterraneo sono minorenni). Nel corso del mese di gennaio, invece, in mare si sono già registrati 37 decessi e 1.806 respingimenti operati dalla Guardia Costiera libica (1.313 nell’ultima settimana).
I naufragi
Il 27 Gennaio, 3 fratelli sono morti annegati davanti alla madre in un naufragio nel Mediterraneo centrale a poche miglia a sud di Lampedusa. Uno dei bambini è morto tra le braccia del medico che ha cercato di rianimarlo. La madre, sopravvissuta, ha perso i suoi figli, di 5, 4 e 2 anni, vedendoli scomparire fra le onde. Nonostante gli sforzi delle barche di soccorso che sono arrivate nella zona, i volontari non hanno potuto fare nulla per salvarli. E’ quanto riferisce la ONG tedesca Sea Punks che è intervenuta nella zona e situata a 58 miglia a sud dell’isola. La Guardia Costiera italiana è stata in grado di recuperare i corpi di due dei fratelli, ma non del terzo che è stato risucchiato dal mare. “È stato straziante”, ha spiegato a Radio Radicale Arturo Centore, comandante della nave che ha effettuato il salvataggio dei 15 sopravvissuti. Una delle barche di salvataggio del servizio italiano di sorveglianza costiera si è incaricata di trasferire i corpi dei due bambini e dei 15 superstiti al naufragio situato nella zona di ricerca e salvataggio di Malta, secondo i media italiani, ma come di consueto per le autorità di La Valletta ancora una volta non si sono rese responsabili dell’emergenza e l’Italia ha dovuto assumerla. La ONG ha spiegato che Malta ha risposto alla richiesta di aiuto inviando un elicottero per salvare due migranti che si trovavano in condizioni critiche: una donna incinta e un naufrago con difficoltà respiratorie e che sono stati trasferiti a La Valletta.
Il flop delle politiche migratorie e il contrasto con le norme di diritto interno e comunitario
Dopo i primi due trasferimenti fallimentari operati dal pattugliatore Libra in Ottobre e Novembre, che avevano coinvolto in tutto 24 migranti, fatti poi rientrare in Italia, il Governo ha deciso di trasferire nei centri albanesi altri 49 richiedenti asilo intercettati a bordo di 8 barchini in acque internazionali e trasbordati sulla nave della Marina Militare Cassiopea, arrivata nelle acque a sud dell’isola di Lampedusa il 24 Gennaio. Arrivati in Albania il 28 Gennaio, ai primi controlli nel Porto di Shenjin, è stato disposto l’immediato rientro in Italia (a Brindisi) di 6 migranti (4 risultati essere minorenni e 2 persone in precarie condizioni di salute). I restanti 43, sono stati trasferiti, nella notte, dal centro di prima identificazione di Shenjin a quello di trattenimento di Gjader. Il giorno seguente, 29 Gennaio, senza ricevere l’assistenza legale d’ufficio prevista, hanno sostenuto i colloqui (in video-conferenza) con la Commissione Territoriale e a tutti è stata negata la richiesta di asilo. Attesa, nel mentre, la pronuncia sul loro trattenimento in Albania della neo designata Corte d’Appello di Roma che, arriva nella tarda serata del 31 Gennaio, dopo oltre 48 ore di attesa. I Giudici di secondo grado hanno disposto il loro immediato rientro in Italia, rimettendo gli atti alla Corte di Giustizia Europea che, il 25 Febbraio, si esprimerà sull’interpretazione del concetto di “Paese Sicuro”. La decisione definitiva sulla convalida del trattenimento è dunque sospesa in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a cui la Corte d’Appello rimette gli atti. I migranti portati in Albania, per la terza volta, torneranno in Italia.
Il Governo ha forzato la mano per la terza volta. Non ha, infatti, inteso attendere la pronuncia della Corte di Giustizia Europea prima di proseguire con l’operazione Albania. Nonostante le scorse pronunce della Corte di Giustizia Europea e del Tribunale di Roma, il 24 Gennaio, la nave Cassiopea della Marina Militare Italiana ha solcato il Mediterraneo centrale e ripartita da Lampedusa per trasferire, nell’hotspot di Shenjin, 49 migranti “selezionati” in acque internazionali mentre erano a bordo di 8 barchini partiti dalla Libia. l due passati tentativi di Ottobre e Novembre posti in essere dal Governo, avevano visto il diniego del trattenimento dei migranti nelle strutture albanesi da parte del Tribunale di Roma che, non aveva convalidato (in ottemperanza di quanto previsto dalla normativa europea) i trattenimenti dei migranti e disposto, pertanto, che questi venissero riportati in Italia e rilasciati, sempre per mezzo di una nave militare (la Libra). Così, il Governo (a suo dire perseguitato dalle toghe rosse), a Dicembre aveva modificato la competenza ordinaria su questi casi trasferendola dai Giudici di Primo Grado delle Sezioni Specializzate per l’Immigrazione (cioè gli organi di giudizio sino ad allora designati in materia), alle Corti d’Appello (rallentando di molto l’attività delle stesse). Per tale ragione, dal 18 Dicembre, il Presidente della Corte d’Appello di Roma ha ritenuto di impiegare, in supporto temporaneo alla Corte, dei magistrati del Tribunale, tra cui gli stessi specializzati in immigrazione che non avevano convalidato i precedenti rimpatri. E così, mentre 49 migranti navigavano verso l’Albania, in Italia ne sbarcavano oltre 3mila, il 136% in più rispetto all’anno precedente, precisando altresì che, sino alla fine di gennaio, solo il 2% dei migranti sbarcati in Italia è stato condotto in Albania. Dunque, nessun effetto deterrenza sugli arrivi bensì tantissimi soldi degli italiani buttati per un’operazione fallimentare. Un insuccesso clamoroso che andrebbe, per onestà verso elettori e contribuenti dell’erario, quantomeno ammesso.
Le nuove criticità emerse
La prima è che le 49 persone trasferite in Albania, per lo più originarie del Bangladesh, insieme a 6 egiziani, 1 persona dalla Costa d’Avorio e 1 dal Gambia, sono state portate direttamente dal Mediterraneo centrale all’hotspot di Shëngjin per le procedure di identificazione e per la valutazione delle vulnerabilità. Queste procedure di screening, secondo protocollo, andavano fatte prima del trasferimento in Albania dall’ OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), designata dallo stesso Governo ma che, stavolta, era assente per questioni legate al rinnovo del contratto. Specialmente gli accertamenti inerenti ai minori e alle persone con vulnerabilità dovrebbero avvenire prima del trasferimento fuori dall’Italia e nell’ottica del rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Non è, quindi, chiaro chi e come ha realizzato le valutazioni di selezione. Il che spiega anche l’alto numero di persone scelte per il trasferimento;
La seconda è che, stavolta, a decidere sul trattenimento o meno dei migranti in Albania, saranno 6 giudici (entro 48 ore) della Corte d’Appello di Roma, tra cui alcuni presi in prestito dal Tribunale Ordinario – Sezioni Specializzate sull’Immigrazione – dal Governo sollevati dal compito nel mese di Dicembre. Il terzo tentativo di riattivare i centri in Albania è stato fatto dal Governo a pochi giorni dalla liberazione e dal rimpatrio del capo della Polizia Giudiziaria di Tripoli Njeem Osama Almasri Habish (l’egiziano), con un volo dei servizi segreti italiani, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale per tortura, stupri, violenza sessuale, commessi in Libia dal Febbraio 2015, anche nei confronti di migranti che si sono poi imbarcati verso l’Italia.
Migranti e il caso Almasri
I dati che ci raccontano dell’incremento degli arrivi sulle nostre coste si intrecciano, anche per tempistiche e coincidenze, con la spinosa vicenda legata alla scarcerazione del Capo della Polizia Penitenziaria libico, il cosiddetto Generale Almasri (l’egiziano). Questi, arrestato a Torino il 19 Gennaio su mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale, che su di lui ha ravvisato e documentato una lunga serie di crimini di guerra commessi, per lo più, nel carcere di Mittiga (tra cui 34 omicidi, torture compiute su centinaia di persone, 22 violenze sessuali tra le quali spicca lo stupro ai danni di un bambino di soli 5 anni), è stato scarcerato. La ragioni procedurale a fronte di questa irragionevole scelta è ravvisabile principalmente nell’inerzia del Ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio, il quale, notiziato il 19 Gennaio dalla Polizia Penitenziarie e il 20 Gennaio dalla Corte d’Appello di Roma, avrebbe dovuto chiederne la custodia cautelare, dunque, approvare il fermo nelle successive 48 ore. Ha scelto di non agire e, nelle more del suo silenzio, il mattino del 21 Gennaio, un aereo di Stato “Falcon” è stato messo a disposizione del torturatore e dei suoi 3 compagni di viaggio, autorizzato dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a condurli a Tripoli. Dopo l’arresto di Almasri, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha cercato di difendere le politiche italiane di cooperazione con la Libia, affermando come la stabilità del Paese nord-africano sia cruciale per controllare i flussi migratori. In un tentativo di giustificare la complessità della gestione dei migranti, Meloni ha parlato di una “necessità strategica di mantenere aperti i canali diplomatici e di sicurezza con le autorità libiche, nonostante le pesanti accuse che pendono su molti dei loro rappresentanti”. Questa “Ragion di Stato” sembra basarsi su una premessa: senza la Libia, l’Italia non sarebbero in grado di gestire le pressioni migratorie provenienti dal Nord Africa, dunque inevitabili le compromissioni con personaggi come Almasri.
L’orrore di questi abusi, non dovrebbero giustificare la “cooperazione necessaria” invocata dalla Premier e le alternative ignorate. L’attuale strategia del Governo, smontata dalla magistratura sentenza dopo sentenza, non solo non ha ridotto gli sbarchi ma, ha anche reso il viaggio dei migranti molto più pericoloso, spingendoli verso rotte ancora più rischiose e gestite da impuniti trafficanti senza scrupoli. La Libia, come punto di snodo, non ha risolto il problema, bensì l’ha amplificato, con un aumento delle morti in mare, dei respingimenti e delle violazioni dei diritti umani. Il Governo non intende affrontare la questione delle alternative alla collaborazione con la Libia. Non si parla di un rafforzamento dei corridoi umanitari, né di un’effettiva redistribuzione dei migranti a livello europeo. Ignorare queste opzioni implica continuare a legittimare Governi come quello libico, che trae vantaggio dall’instabilità migratoria per mantenere potere e risorse. In un’Europa che vuole essere paladina dei diritti umani, le dichiarazioni della Presidente del Consiglio rivelano una preoccupante dicotomia: da un lato, la volontà di mantenere una collaborazione strategica con Paesi instabili e responsabili di violenze; dall’altro, l’incapacità di promuovere politiche di lungo periodo che rispettino i principi fondanti della giustizia e della dignità umana.
Il testo integrale è stato pubblicato originariamente il 1° febbraio 2025 su https://mediterraneocentrale.altervista.org/report-mediterraneo-centrale-gennaio-2025/
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