Il muro di via Anelli. Frammenti di vita e di lotta per la casa, il nuovo graphic novel di Giuseppe Zambon e Paolo De Marchi, BeccoGiallo editore, è un racconto per immagini che ne contiene molti altri, gremito di soggetti collettivi e individuali, pratiche, movimenti: in altre parole è un affresco generale su una lotta che coinvolge l’intera città solidale e riesce a fare il ‘miracolo’, come lo definì Moni Ovadia, ovvero ad assicurare a Padova, tra il 1998 e il 2006, la ricollocazione di centinaia di famiglie in alloggi dignitosi, distribuiti nel tessuto cittadino.
Stranieri prima costretti, tra razzismo e speculazione, a vivere assiepati in condizioni miserabili nel cosiddetto ‘ghetto’ di via Anelli, andato alla fine smantellato. Il volume ricostruisce quella esperienza, che riempì i media nazionali ed europei, e restituisce alla memoria collettiva lotte dimenticate dai più, per discutere del presente. Gli autori, entrambi ex docenti ed attivisti di ADL Cobas, si inseriscono a pieno titolo nel filone della working class history.
Costituiscono, scrive Massimo Carlotto nella sua introduzione «una novità significativa nel panorama del fumetto italiano che apre alla possibilità di produrre dal basso narrativa di opposizione». Disegni e testi restituiscono la complessità di una storia che parte dal cronico problema della casa, oggi come ieri tra i più scottanti, per ricostruire la storia del ghetto col ritmo incalzante tipico delle inchieste filmate. Intercalano i fumetti con gli articoli di stampa, in prima persona raccontano il contesto sociale, quindi danno spazio alle numerose testimonianze, quella di Alì, di suo fratello Omar, Amed, Elisabeth, Yemen ma anche degli attivisti come Claudia, Tino, Mario, Giovanni e altri ancora. Infine il graphic ospita un testo di Razzismo Stop che offre un lungo excursus sui progetti di svuotamento dei campi rom a Padova e di quelli dei profughi kosovari e serbi a Mestre o, ancora, le numerose occupazioni di case sfitte a Padova, dagli anni ‘80 ai giorni nostri.
La vicenda si svolge in un periodo che comprende due giunte comunali di colore politico diverso, ed è raccontata attraverso il dialogo, a distanza di decenni, tra attivisti di quella stagione e alcuni/e ex residenti di via Anelli. I narratori sono i due autori fuori-storia, disegnati rigorosamente in bianco e nero e in dialogo tra loro. Bianco e nero che De Marchi utilizza anche per gli interni mentre col colore descrive i protagonisti e gli eventi della storia.
È una storia «scabrosa e vincente» per dirla con Gianfranco Bettin, che firma la postfazione. Siamo nel 1998, in via Anelli c’è un gruppo di sei palazzoni con 280 appartamenti, 1300 inquilini, soprattutto famiglie straniere con bambini, e 15 diverse culture. Una città nella città. Diritti negati, disagi di ogni tipo. Il casus belli è una rissa tra bande rivali di spacciatori nordafricani e nigeriani. In risposta la stampa si scatena e il centro destra attiva ronde razziste.
Sul fronte opposto Razzismo Stop promuove un’assemblea nel piazzale di via Anelli, alla quale partecipano ben cinquecento persone, una babele di lingue e di culture. Nasce il Comitato per il superamento del ghetto di via Anelli, e Razzismo stop installa nel piazzale un container che diventa uno sportello antirazzista a cui si rivolgono, ogni giorno, decine di persone. Il Comune denuncia gli attivisti di abuso edilizio e l’associazione, assieme ad altre organizzazioni pacifiste, le tute bianche, i centri sociali e radio Sherwood, apre un mutuo con Banca Etica, e attiva l’azionariato sociale per acquistare uno degli appartamenti sfitti. Così l’11 marzo 2000 i suoi attivisti entrano nel civico 31, interno 36, e ne fanno un appartamento solidale che offre consulenza medica, giuridica, sindacale ai residenti del ghetto.
Alì, classe 1987, ai tempi dei fatti era un bimbetto di dodici anni più attento al pallone che alle battaglie. Dopo venticinque anni i protagonisti del Comitato lo incontrano in treno mentre vanno ad una manifestazione per il diritto alla casa a Venezia. Sul filo della memoria, davanti un bel piatto in trattoria, ricordano la mega rissa, i titoloni razzisti sui giornali, le paure, la repressione, le famiglie con bambini che lavorano e vogliono vivere tranquille, il barbiere, il cuoco, i loro sogni e le loro abilità in cucina, nello sport, con la musica. Ne ricavano una via Anelli ricca di storie e di vita in comune. Gli autori si soffermano sulla famiglia di Alì e del fratello Thomas, il cui padre cuoco fugge da Bagdad, quando Saddam invade il Kuwait, si rifugia in Tunisia e dopo poco arriva in Italia. Apre un ristorante etnico in centro a Padova che inizialmente va bene, poi male. A Padova nessuno affitta agli immigrati, così finiscono in via Anelli. Pur sapendo dello spaccio, non hanno alternative. Trenta mq a 600 euro mensili per una famiglia di sei persone. Alì ricorda l’assemblea, il container, le squadrette razziste della Lega Nord, le retate della polizia. Carla ricorda la campagna di azionariato sociale per pagare il mutuo per il piccolo appartamento, ancora prima il questionario. La festa del 17 e 18 febbraio, con musica balcanica, araba, laboratori di artigianato, piatti tipici dal mondo. Insomma il ghetto si può superare.
Il 4 novembre 250 famiglie manifestano davanti il municipio. Alla sindaca di centro destra Destro succede il sindaco Zanonato, ex Pci, col quale sembrava che lo svuotamento del ghetto, come chiesto dal Comitato, fosse cosa fatta. Invece una volta svuotata, con l’occupazione di alloggi Ater sfitti, la prima delle sei palazzine tutto si ferma. Il sindaco risponde con un muro tra via Anelli e il resto del quartiere. Il New York Times lo etichetta come « il muro di Berlino» di Padova.
Si vuole isolare la parte infetta della città dal mondo civile. Mentre i centri sociali e Razzismo stop organizzano un corteo per avvicinarsi a via Anelli, vengono caricati, sullo sfondo la crew della band Assalti Frontali. Alla fine lo smantellamento del ghetto sarà opera compiuta. Ancora una volta, la lotta si rivelerà una pratica vincente capace di modificare e riqualificare il volto di una parte della città.
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