Si chiamava Karl Marx Stadt, ora è Chemnitz 2025, capitale europea della cultura

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Non era nato lì, in quella città della Sassonia di 250.000 abitanti, ex Ddr. Eppure nel 1971 i cittadini di Chemnitz hanno voluto che proprio lì venisse installata una statua in bronzo di 40 tonnellate, alta 7 metri, con il volto di Karl Marx, come omaggio e simbolo di quel passato socialista e venisse cambiato persino il vecchio nome della città, da Kamjenica in Karl Marx Stadt.

Ha però sorpreso non poco il creativo azzardo di incastonare l’iconico monumento dentro il palco principale allestito in Buchenstrasse per la cerimonia inaugurale di Chemnitz 2025 che condivide con Gorizia e Nova Gorica il titolo di Capitale Europea della Cultura. E alla città di Karl Marx, Chemnitz 2025 dedica anche la mostra Die Neue Stadt – La nuova città con particolare attenzione alla pianificazione e architettura urbana e all’entusiasmo che nella Ddr accompagnò le nuove idee riformatrici, l’avvento della plastica e delle tecnologie spaziali, la costruzione di autostrade e di palazzi in stile modernista.

Passato industriale
Come risonanza del passato industriale della città e nel segno di quella cultura del fare che permise di risorgere dalle tragedie belliche e che proiettò i cittadini verso sfide sempre nuove e innovative, in quella città già culla dell’ingegneria tedesca e dell’industria tessile e metallurgica, collocata in una regione dove le Ore Mountains da 800 anni abbondavano di miniere d’argento, uranio e rame, la cerimonia inaugurale ha riportato in strada la vecchia locomotiva Hegel trainata da 120 volontari e costruita nella fabbrica di Richard Hartmann, ora trasformata in presidio culturale permanente.

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Così come è stata trasformata e rigenerata Die Fabrik, vecchia fabbrica di tulle, 10.000 metri quadrati, dove si possono frequentare a prezzi accessibili sale per co-working, attività sportive e fitness, spettacoli, concerti, giochi per bambini, caffè e ristorante e persino affittare appartamenti. A Chemnitz il Museo dell’Industria è uno dei più belli, là si possono ascoltare i tanti racconti di trasformazione di una città chiamata anche la Manchester europea. In Die Fabrik sono stati presentati i progetti Living Neighbourhood per riempire di frutteti di mele le città e Team Generation una piattaforma di discussione per mantenere i legami tra vecchie e nuove generazioni. Qui dentro si svolgerà FashionTex, un festival con i visionari della moda e dell’industria tessile.

Cultura, democrazia
Tuttavia al centro del discorso pubblico di apertura di Chemnitz 2025 ci sono nuove emergenze e urgenze, nuovi simboli e nuove tentazioni: «democrazia democrazia democrazia» tuona dal palco dell’Opernhaus la applauditissima Ministra della Cultura tedesca, Claudia Roth, mentre fuori dal teatro un centinaio di militanti del partito neonazista Freie Sachsen-Libera Sassonia attraversa minaccioso il centro cittadino. Anche in Sassonia l’altra ala dell’estremismo di destra, l’AfD-Alleanza per la Germania ha ottenuto un clamoroso e inatteso successo elettorale.

Sgomento e paure che Chemnitz 2025 prova a superare con un programma di attività incentrate sulla equivalenza fra cultura e democrazia, su processi di rigenerazione urbana e umana che portano i cittadini a recuperare fiducia gli uni verso gli altri, a imparare gli uni dagli altri, a rimettersi in cammino e all’opera per reinventare sé stessi e inventare un nuovo futuro. Sul tema della paura come fenomeno esistenziale e sociale è focalizzata la mostra che verrà allestita in Theaterplatz, dedicata a Edvard Munch, l’artista norvegese che nel 1902 transitò da Chemnitz. Le sue opere comunicheranno a distanza con quelle di Marina Abramovic, Michael Morgner, Neo Rauch, Osmar Osten e Monica Bonvicini, forse l’unica artista italiana presente a Chemnitz.

E contro ogni forma di estremismo, nei negozi, pub, uffici, luoghi della cultura di tutta la città per tutto l’anno i cittadini solidali aiuteranno altri cittadini vittime di comportamenti discriminatori e razzisti e si mobiliteranno diffondendo un messaggio di convivenza democratica: «Qui troverai alleati». Chiunque a sua volta può proporsi come alleato apponendo sul proprio laptop, cellulare o zaino uno sticker con lo slogan «cerco alleati». Sul tema della violenza razzista, terreno di coltura della organizzazione neonazista Nsu – National Socialist Underground guidata nel primo decennio del nuovo secolo dai terroristi clandestini Uwe Mundlos, Uwe Böhnhardt e Beate Zschäpe, si concentra la mostra Open Process- A Documentation Center on the NSU che racconterà storie di migranti delle seconde e terze generazioni arrivate in Germania per ricostruire il Paese dopo la Seconda guerra mondiale, alcuni di loro diventati vittime del terrorismo neonazista.

Rafforzare la cultura della democrazia è l’antidoto più potente contro le derive autoritarie e cultura e democrazia restano due tra le parole chiave più utilizzate nel vocabolario di Chemnitz 2025.

Inaugurazione
In una giornata baciata dai raggi del sole, scaldano i corpi e i cuori la presenza del Presidente Federale della Germania Frank-Walter Steinmeier insieme a quella di ottantamila cittadini e ospiti, il colorato video mapping e l’ installazione luminosa di Timo Martens, il concerto della Orchestra Filarmonica con il bandoneon nato qui a Chemnitz e l’omaggio a Piazzolla. E poi le performance che coinvolgono generi e generazioni diverse di artisti, dai ballerini di Room Hip Hop Spot al corpo di ballo del Teatro di Chemnitz, da musicisti e cantanti come Dilla e Paula Carolina, Bosse e Alexander Scheer e Andreas Dresen sino ai Chemnitz Tuesday Singers e al dj Fritz Kalkbrenner che lascia il testimone ai tantissimi dj set disseminati nelle piazze, nei pub, nei musei della città. Sorprendente e straniante l’attrice Anna Mateur con il suo linguaggio parodistico, tra humour e satira, e con l’ironico elogio del kitsch, del caos e del politicamente scorretto.

Tutti i programmi delle capitali europee della cultura sono fatti di sogni, di idee e di realizzazioni. Ma quello di Chemnitz è impregnato soprattutto di quella cultura del fare che proietta i cittadini verso sfide sempre nuove e innovative. Ci si può lasciar stupire allora dalla bellezza di Villa Esche, uno dei gioielli architettonici di Chemnitz in stile Art Nouveau progettata a inizi di secolo dall’architetto e designer belga Henry van de Velde, i cui mobili, arredi e decorazioni coniugano eleganza espressiva e funzionalità. Oppure seguire il percorso ideato dalla curatrice Josephine Hage Makers, business and arts grazie al quale il passato industriale della città viene riletto e riattualizzato attraverso i nuovi mestieri dell’artigianato artistico, le nuove tecnologie, il design. A Schneeberg si può far tappa nei laboratori dove si creano i schwibbogen, portacandele a forma d’arco, dove Lars Neubert lavora magistralmente il legno e Niels Bergauer fabbrica guanti oppure nella casa seicentesca della imprenditrice mineraria Rosina Schnorr dove ancora ci si può infilare nei cunicoli delle ex miniere di cobalto, minerale con cui oggi si colorano merletti e stoffe pregiate.

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Emblematico del rapporto tra architettura industriale e ambiente, tra arte e spazio pubblico è l’imponente ciminiera nella periferia Nord della città trasformata in una opera d’arte 7 Colours for a Chimney da Daniel Buren, artista francese che nel 1986 alla Biennale di Venezia si aggiudicò il Leone d’oro per il miglior padiglione.

La ciminiera di Daniel Burren, foto di Ernesto Uhlmann

Cinema e teatro
È parte integrante del programma di Chemnitz 2025 il Schlinge- International Film Festival for Children and Young Audience, alla sua trentesima edizione conferma di essere uno dei più importanti festival in Germania e in Europa.

«Speriamo che il titolo di Capitale Europea della Cultura- dice Nadine Lude – permetta alla città di uscire dall’ombra di città più grandi come Lipsia e Dresda e che l’internazionalità del progetto venga mantenuto a lungo».

Invisibili, ignorate e discriminate sono le persone disabili spesso escluse dalla fruizione di eventi culturali e sociali. All inclusive e Chemnitz Utopia sono due interessanti progetti di teatro inclusivo e partecipato curati da Taupunkt per fare il punto con attori, registi, insegnanti di teatro, esperti e persone interessate alle arti performative e alla cultura inclusiva provenienti da tutta Europa con panel, workshop e spettacoli di e con persone disabili provenienti da Germania, Slovacchia e Repubblica Ceca.

Quello che non si vede: intervista al drammaturgo Stefan Schmidtke 

Stefan Schmidtke (1968) è drammaturgo e traduttore, ha studiato regia al Gitis di Mosca e nel 2015 è stato curatore di Wiener Festwochen. Ha lavorato come assistente alla regia, tra l’altro al Teatro Thalia di Halle e al Volksbühne di Berlino. Per Chemnitz 2025 lavora come coordinatore del programma. A lui abbiamo rivolto alcune domande sui progetti più importanti di Chemnitz 2025

Partiamo dal motto «C_ the unseen» ovvero «See the unseen». Cosa c’è di invisibile, di non visto a Chemnitz?

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«C_ the unseen» è da intendere come «vedere qualcosa che non si vede». Ma non si tratta di un problema visivo perché tutto è visibile. Tutti pensano che vogliamo scoprire cose invisibili. Io dico che tutto è visibile. Significa piuttosto non ignorare una cosa, menzionare una cosa che nessuno vuole menzionare perché potrebbe essere complicata, significa avere rispetto per le cose più piccole o sconosciute. Di queste cose parlane, parlane con i tuoi vicini, trova soluzioni, unisciti agli altri. Questo è «See the unseen», non è qualcosa di nascosto, è qualcosa che devo scoprire. Tu ignori qualcosa? Allora fai in modo che la tua mente si metta in moto. Tu pensi che le cose siano uguali e non ci siano differenze? Scopriamo le differenze e capiamo come possiamo superarle.

Perché la commissione ha selezionato il vostro progetto? Avete raggiunto i vostri obiettivi?

La nostra idea non era quella di invitare artisti di qualità da tutto il mondo, ma di investire il denaro in progetti della società civile. Questa è la capitale della cultura della gente. Nel programma ci sono ben 229 progetti proposti da associazioni, organizzazioni, gruppi di persone. Sono loro che devono gestirli, sono loro che devono creare, sono loro che devono far sentire la loro voce. Ora abbiamo seminato, abbiamo rivoltato la terra. Forse alla fine dell’anno avremo un po’ di raccolto. Abbiamo pubblicato un volume di 500 pagine con tutti i progetti che vogliamo realizzare.

Tra i progetti pilota, ci sono il Laboratorio Europeo per la Cultura e la Democrazia, Purple Path e 3000 garages…

Qui tutti dicono «devi andare contro il nazismo, devi essere contro questo e devi essere contro quest’altro». Ma noi dobbiamo unire le persone perché quando sentono di essere unite, non possono più dire che siamo contro. Il 29% dei votanti elegge partiti di destra radicale. Il nostro compito non è quello di dire alle persone che siete stupidi a fare questo ma di fare in modo che la gente possa venire da noi e dire: «Non voglio più stare con questi idioti». Qui abbiamo un Ministro della Cultura verde, un Primo Ministro nero e un Sindaco rosso che lavorano insieme. È assolutamente straordinario. La loro diversità è un esempio di come politici diversi possano lavorare su obiettivi comuni. Ciò mi rende personalmente molto felice. Attraverso concerti, libri, performance, festival, dibattiti, attraverso arte e cultura ricostruiremo lo spazio europeo come campo di pratiche e sensibilità democratiche.

Dentro il Laboratorio per la Cultura e la Democrazia c’è un focus sulle diversità…

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Sì credo che abbiamo 12 progetti sul tema: da «C the queer», un festival sulla diversità gender e l’orientamento sessuale, a «QR61 in time and space», performance interattiva con la quale i partecipanti celebrano la diversità delle esistenze queer collegata a un incontro internazionale di networking queer-femminista tra artisti e attivisti. E tutto ciò succede lontano da Berlino o da Amburgo. Diversità e inclusione possono cambiare la società.

Anche 3000 garage mira a rafforzare la cittadinanza attiva.

A Chemnitz abbiamo 32.000 garage, costruiti negli anni ’50 e ’60. L’idea è quella di realizzare 167 ritratti di persone che hanno un garage. Noi raccontiamo e raccogliamo le loro storie di vita. E le persone fotografate migreranno nei negozi di Chemnitz. Da domani avrai 167 persone nei negozi, dal barbiere, dal macellaio, dal panettiere, ovunque. I proprietari dei negozi prenderanno la foto e la metteranno nel loro negozio.
Chi viene a Chemnitz potrà vedere la gente di Chemnitz e con un QR code potrà ascoltare le loro storie.

Con Purple Path indagate il rapporto tra arte, ambiente e spazi pubblici?

Il curatore Alexander Ochs ha installato in spazi all’aperto, lungo corridoi verdi, centri e periferie urbane, 36 opere d’arte di 60 grandi star dell’arte internazionale, da James Turrell a Tony Craig, da Rebecca Horn a Richard Long, da Sean Scully a Friedrich Kunath, da Jay Gard a Stijn Ank, da Jana Gunstheimer a Olaf Holzapfel, in un percorso (anche ciclabile) di circa 400 chilometri che tocca 38 città della Sassonia partner di Chemnitz 2025. Ogni opera d’arte si associa a qualcosa che è accaduto in questo luogo con un intreccio forte fra paesaggio, storia e arte che sicuramente interesserà anche i turisti.

La tua biografia personale racconta del lavoro artistico fatto a Mosca e San Pietroburgo. Hai tradotto i testi di Ivan Vyrypayev. Perché ti interessa il suo teatro?

Ivan Vyrypayev è andato via dalla Russia, da sei anni è in Polonia e scrive solo in polacco. Credo che sia diventato cittadino polacco. Lui è un esistenzialista, si pone delle domande molto esistenziali, con i suoi testi crea il tempo sul palco, lo spettatore ha la sensazione di cosa e come sia il tempo, fuori da qualsiasi significato.

Con Putin il teatro russo è morto. Ora c’è un underground per la poesia e un underground per il teatro. Sono tutti sparpagliati, isolati. Non c’è una visione pubblica nella quale i russi possono riconoscersi. Rimane il balletto tradizionale, la pittura tradizionale, tutto è artificiale. Tutti i miei amici se ne sono andati, ora sono a Vilnius, ad Amburgo, a Monaco, in Polonia. Al momento non puoi vivere in Russia e fare arte. Ed è molto triste. La Russia è sempre così. O dormono o si uccidono a vicenda.

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