Ospitalità, cultura e innovazione. Questo è il metodo Berlucchi

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Che riguardi paradigmi di comunicazione e nuove agorà “la Franciacorta non è solo vino ma anche cultura” oppure il suo ruolo di orgogliosa donna del vino “il mio obiettivo per quest’anno? La certificazione gender equality” o ancora il futuro del territorio  “serve puntare sempre di più sull’ospitalità enoturistica”  la parola che meglio identifica Cristina Ziliani è “cambiamento”.

Insieme ai fratelli Arturo e Paolo, conduce con un mix di determinatezza e sensibilità la Guido Berlucchi, l’azienda di Borgonato (Brescia) che ha fatto la storia della Franciacorta (fu il padre Franco Ziliani a produrre nel 1961 le prime 3mila bottiglie di Pinot di Franciacorta, alla maniera dei francesi) e che ha insegnato agli italiani a bere Metodo Classico: “Prima o dopo, chiunque ha stappato Berlucchi”. Oggi la cantina – con 135 ettari di proprietà certificati bio (oltre a 400 ettari di vigneti di conferitori condotti con un protocollo di viticoltura sostenibile), 4 milioni di bottiglie prodotte e un fatturato che ha superato i 54 milioni di euro nel 2023 – è sempre più focalizzata sulla qualità della produzione, l’innovazione e la responsabilità sociale.

A differenza dei vini rossi, che stanno vivendo un calo di consumi, le bollicine dominano il mercato. Quali sono i motivi di questo successo?

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Preferisco parlare di Metodo Classico e non di bolla: direi la versatilità, la leggerezza e la facilità di approccio. La gente ha voglia di socialità e condivisione e i vini spumanti evocano situazioni di festa. La qualità dei Franciacorta, in particolare, è cresciuta tanto, sono vini gastronomici, che si prestano anche ad abbinamenti importanti.

Quanto è strategico l’enoturismo per Berlucchi?

Lo scorso anno abbiamo accolto 21mila persone in cantina. Vogliamo continuare a crescere, ci interessa trasmettere una cultura del bere bene e far conoscere cosa c’è dietro una nostra bottiglia. I ragazzi che conducono le visite sono tutti sommelier, preparati a rispondere a qualsiasi domanda. C’è grande interesse del pubblico e il target è sempre più giovane.

Avete in programma di allargarvi alla ricettività?

Mi piacerebbe aprire cinque camere a Palazzo Lana (nobile dimora del Cinquecento, già residenza del Conte Guido Berlucchi, dove è nata l’idea di creare il Metodo Franciacorta, ndr), in linea con lo stile e la storia del luogo. Più in generale, ho in mente un progetto strategico di ospitalità che coinvolga tutte le altre nostre aziende: Antica Fratta a Monticelli Brusati, Caccia al Piano 1868 a Castagneto Carducci e Vigne Olcru in Oltrepò Pavese. Noi abbiamo già avuto un’esperienza alberghiera con il Relais Franciacorta, che poi abbiamo dato in gestione. È un’attività molto complessa, bisogna essere preparati professionalmente, non vogliamo improvvisarci.

Quale deve essere la direzione futura della Franciacorta?

È un piccolo territorio, deve tutelare la sua terra ed essere molto rigoroso nelle scelte che fa. Il nostro è un disciplinare sempre più rigido, non possiamo e non vogliamo competere nei volumi con altri territori, dobbiamo invece puntare sulla qualità e tutelare il consumatore. È importante che i produttori si facciano domande sul cambiamento climatico e trovino delle soluzioni. L’Erbamat (antico vitigno autoctono, tardivo e di spiccata acidità, resistente ai fenomeni atmosferici, dal 2017 inserito nel Disciplinare di produzione, ndr) può essere una buona risposta. Noi disponiamo di 4 ettari e abbiamo avviato delle sperimentazioni ma non l’abbiamo ancora inserito nella nostra cuvée.

Quanto incide l’export sulla vostra produzione?

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Il totale del nostro export si ferma al 6% ma se consideriamo solo la linea Berlucchi ’61, distribuita nel canale Horeca, saliamo al 18%. L’Europa rappresenta il 75%, con Svizzera, Germania e Belgio in testa.

Ci parla del progetto Academia Berlucchi?

Academia Berlucchi è nata nel 2019 ed è una sorta di moderna agorà dove personalità provenienti da ambiti diversi si confrontano per stimolare e condividere pensieri e proposte su tematiche legate alla sostenibilità, alla cura del territorio e all’innovazione. Vogliamo dimostrare che la Franciacorta non è solo vino ma anche cultura. Il prossimo 10 maggio, per la prima volta, Academia Berlucchi si aprirà al pubblico e si sposterà in città, al Teatro Grande di Brescia, con un’edizione ricca di contenuti per avvicinare i giovani. La serata si concluderà con un concerto perché vino e musica sono sempre un bellissimo connubio.

Quali sono i ricordi e gli insegnamenti di suo padre Franco Ziliani?

Ricordo soprattutto le litigate all’inizio della mia carriera in azienda perché io appartenevo alla generazione del cambiamento ma mio papà faceva parte di un altro mondo, era un self-made man, molto tosto, audace e oculato. Era un appassionato di meccanica, amava l’innovazione tecnologica e passava tantissimo tempo a sistemare in un magazzino i macchinari per la cantina che scovava in giro per l’Europa. L’insegnamento più importante che ci ha trasmesso è che l’azienda non è nostra ma di chi ci lavora. Ci ha spinti a essere noi stessi e a non inseguire il successo facile.

Come vive il suo ruolo di donna del vino?

Io mi considero femminista nel profondo e per me è fondamentale che le donne possano affermare le proprie competenze nelle aziende. C’è ancora un maschilismo radicato nel mondo del vino ma oggi, per fortuna, ci sono sempre più donne enologhe o alla guida di cantine. Nell’area marketing di Berlucchi ci chiamiamo “la repubblica delle donne” perché c’è un unico uomo nel team. Il mio obiettivo per quest’anno è ottenere la certificazione di gender equality.

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Oltre al Franciacorta cosa beve?

Champagne di piccoli produttori, sennò acqua.

Un ristorante che ama?

Casa Maria Luigia, a Modena, un luogo che mi emoziona sempre. Ho grande stima per la famiglia Bottura.



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