Lettera del governo contro i giudici UE, ipotesti esposto contro Lo Voi

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Da Roma a Perugia fino all’Aja: il trait d’union è l’ossessione del governo per le toghe deflagrata con il caso Almasri. Le fasi alterne con cui Giorgia Meloni sta provando a ritmare abbassamento e innalzamento dei toni, ieri sono impazzite.

Prima trapelano le veline indignate nei confronti del procuratore Francesco Lo Voi, reo di essersi rifugiato alle Mauritius dopo aver notificato l’indagine sul caso del generale libico a Palazzo Chigi. Poi si discute con insistenza, secondo quanto risulta a La Stampa, l’idea di un esposto dell’esecutivo alla Corte di Perugia, proprio nei confronti del procuratore capo di Roma ma per la vicenda che coinvolge Gaetano Caputi, il capo di gabinetto di Meloni. Infine, mentre si palesa un repentino cambio della strategia comunicativa del centrodestra, anche il conflitto con la Corte Penale Internazionale (Cpi) fa un salto di qualità.

A minare il day after delle informative parlamentari sul caso Almasri di Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, è la nuova denuncia presentata contro la premier e i ministri da un rifugiato sudanese.

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L’esposto, anticipato da Avvenire, crea diverse ore di scompiglio e imbarazzo. Almeno fino a quando gli uffici del governo non stabiliscono che «non c’è un procedimento aperto contro l’Italia». Indicazione vera, come conferma la stessa Cpi, ma orientata soprattutto a far riportare in bolla il barometro mandato fuori giri dalle reazioni rabbiose di Nordio e del vicepremier Tajani.

Due interventi scomposti che dietro al «tutti indagano su tutto» scandito dal Guardasigilli, nascondono l’intenzione articolata dal vicepremier di «indagare sull’Aja». E infatti, a sera, trapela come la prossima settimana verrà inoltrata alla Cpi una richiesta di spiegazioni sulle incongruenze nelle procedure attivate per il mandato di arresto del generale libico Almasri.

Una lettera è la controffensiva che il governo valuta di mettere in campo da giorni e che il nuovo tassello dello scontro collocato ieri ha reso necessaria. L’idea è contrapporre mediaticamente questa iniziativa alle prossime mosse dell’Aja. Dal Tribunale internazionale, spiegano fonti vicine alla premier che preferiscono restare anonime, è in arrivo una nota di reprimenda nei confronti dell’Italia per la mancata consegna del carceriere nordafricano. Un atto ufficiale che darebbe nuovamente adito all’opposizione per chiedere a Meloni di andare a riferire in Parlamento.

Il muro contro muro è solo all’inizio e ha contorni ancora da definire. Una confusione che né il silenzio della premier né le dichiarazioni dei ministri svelano bene quanto i costanti cambi di strategia adottati dal governo. Per sminare una faccenda delicata e sotto il pressing delle opposizioni, il centrodestra ha prima difeso per giorni la teoria del cavillo giudiziario che avrebbe costretto l’Italia a rimpatriare il libico, poi è passato dall’evidenziare come il carceriere fosse un pericolo pubblico alla colpa addossata alla Cpi mercoledì da Nordio, in Parlamento.

Ora invece Palazzo Chigi e il governo, dopo aver scelto di non apporre il segreto di Stato, provano a frenare le opposizioni sposando la tesi che la Libia è una questione di sicurezza nazionale. Esattamente il principio sottolineato dall’ex ministro del Pd Marco Minniti in prima serata da Bruno Vespa.

Il caso Almasri, dunque, fa divampare lo scontro tra governo e toghe. E il procuratore capo di Roma finisce sotto attacco. Quello indiretto, fatto di indiscrezioni e insinuazioni, e quello diretto, di relazioni presentate dai consiglieri del centrodestra del Csm e di iniziative legali annunciate.

Come quella che riguarda l’affaire Caputi e l’atto d’accusa che Palazzo Chigi sembra intenzionato a inviare contro il procuratore. L’esposto ancora non c’è, ma già fa discutere. E il documento di cui si vocifera da giorni sarebbe ancora al vaglio dell’esecutivo. Pare che non ci sia accordo sul contenuto. Se non addirittura sull’opportunità di presentarlo. A ragionare con i crismi giudiziari c’è chi dice anche che non sia necessario ricorrere a un atto formale per dare il via a un’inchiesta. Certo è che la solleciterebbe.

Al momento resta quanto detto dal sottosegretario Alfredo Mantovano, ascoltato dal Copasir. Che suona più o meno così: quello commesso dal procuratore Lo Voi «è un reato grave», una «rivelazione di segreto» che potrebbe anche contemplare un illecito disciplinare.

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La questione, nata a margine di un’inchiesta per diffamazione a carico di alcuni giornalisti del Domani, ruota intorno a un’informativa dei servizi segreti finita negli atti a disposizioni delle parti.

Palazzo Chigi si interroga se rivolgersi alla procura di Perugia. E i consiglieri di centrodestra del Csm che stanno valutando se inviare o meno una segnalazione al Comitato di presidenza. Si valuta, insomma, l’opportunità di alzare ulteriormente il livello dello scontro.



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