C. cost. 7/2025 confisca reati societari | Sistema Penale

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Corte cost., 4 febbraio 2025, n. 7 (Pres. Amoroso, rel. ViganĂ²)

Diamo notizia ai lettori del comunicato stampa con il quale la Corte costituzionale informa della decisione presa con la sentenza n. 7/2025, depositata il 4 febbraio 2025, con riguardo a una questione di legittimità costituzionale dell’art. 2641, primo e secondo comma, cod. civ. «nella parte in cui assoggetta a confisca per equivalente anche i beni utilizzati per commettere il reato»; questione sollevata dalla Corte di cassazione, sezione Quinta penale, in riferimento agli artt. 3, 27, primo e terzo comma, 42 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. add. CEDU, nonché in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 17 e 49, paragrafo 3, CDFUE.

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In attesa di ospitare sulla nostra Rivista contributi di commento dell’importante sentenza della Consulta, ne segnaliamo l’interesse sotto diversi profili e, in particolare quelli: a) del principio di proporzionalitĂ  della pena patrimoniale; b) dei rapporti tra diritto penale e diritto UE e, in particolare sull’alternativa per il giudice penale tra la disapplicazione della norma penale ritenuta contraria al principio di proporzionalitĂ  della pena ex art. 49 CDFUE (soluzione adottata nel procedimento a quo dalla Corte d’Appello) e rimessione della questione alla Corte costituzionale, con efficacia erga omnes in caso di accoglimento (soluzione scelta in quello stesso procedimento dalla Corte di cassazione, quale giudice a quo).

Di seguito il testo del comunicato stampa:

***

L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, puĂ² condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza numero 7, depositata oggi, con la quale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 2641, primo e secondo comma, del codice civile, che prevedeva questo obbligo. La questione è stata sottoposta alla Corte costituzionale dalla Corte di cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza.  In primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca dell’importo di 963 milioni di euro, ritenuto corrispondente alle somme di denaro utilizzate per la commissione dei reati di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea, dei quali gli imputati erano stati ritenuti responsabili. In particolare, il Tribunale aveva calcolato l’importo da confiscare sommando tutti i finanziamenti concessi a terzi dalla Banca popolare affinchĂ© acquistassero azioni della stessa Banca, senza poi dichiarare tali finanziamenti secondo le modalitĂ  previste dalla legge.    In secondo grado, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilitĂ  penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalitĂ  delle pene sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.  Il Procuratore generale aveva quindi proposto ricorso alla Corte di cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avesse erroneamente disapplicato l’articolo 2641 del codice civile, che impone al giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere, tra gli altri, i reati di aggiotaggio e di ostacolo alle funzioni di vigilanza, o comunque beni o somme di valore equivalente. La Corte di cassazione, condividendo i dubbi della Corte d’appello circa la possibile sproporzione di una confisca di quasi un miliardo di euro a carico di quattro persone fisiche, ha sollevato questione di legittimitĂ  costituzionale sull’articolo 2641 del codice civile, ritenendo necessario l’intervento della Corte costituzionale per statuire definitivamente sulla compatibilitĂ  o incompatibilitĂ  della norma con i principi costituzionali e, al tempo stesso, con i diritti stabiliti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.  La Corte costituzionale ha, anzitutto, osservato che la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato ha natura di vera e propria pena di carattere patrimoniale, che – in quanto tale – deve rispettare il principio di proporzionalitĂ . Questo principio vieta, in particolare, che le pene patrimoniali risultino sproporzionate rispetto alle condizioni economiche dell’interessato, e in ogni caso alla sua capacitĂ  di far fronte al pagamento richiesto. Una legge che, come l’articolo 2641 del codice civile, impone in ogni caso di confiscare agli autori del reato l’intero importo corrispondente ai beni utilizzati per commettere un reato, anche quando i beni appartenevano ad una societĂ , è strutturalmente suscettibile di produrre risultati sanzionatori sproporzionati, perchĂ© non consente al giudice di adeguare l’importo alle reali capacitĂ  economiche e patrimoniali delle singole persone fisiche colpite dalla confisca.   La norma è stata così dichiarata parzialmente incostituzionale. SpetterĂ  al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali e delle somme di valore equivalente, nei limiti consentiti dal principio di proporzionalitĂ , così come previsto in altri sistemi giuridici e nella stessa legislazione dell’Unione europea. Resta invece in vigore l’obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilitĂ  derivanti dal reato.  Resta ferma, inoltre, la facoltĂ  per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell’articolo 240 del codice penale, nel rispetto del principio di proporzionalitĂ . 



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