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Si accelera verso la “nuova” Tim. La compagnia guidata da Pietro Labriola, al termine di un percorso di trasformazione che lo scorso 1° luglio ha visto il perfezionamento della cessione di NetCo e per un ulteriore rafforzamento di Tim Enterprise, ha varato una nuova organizzazione di Gruppo.
Le nuove disposizioni organizzative
Con l’obiettivo di massimizzare lo sviluppo del business dei servizi Ict per il mercato presidiato da Tim Enterprise e al fine di rafforzare il governo e il coordinamento integrato a livello di Gruppo dell’Information Technology, vengono costituite e affidate a Roberto Mazzilli le funzioni di Chief IT Group Office, a riporto dell’Amministratore Delegato, e Information Technology, a riporto di Elio Schiavo, Chief Enterprise and Innovative Solutions Officer.
Le attività della funzione Chief Regulatory Affairs Office in ambito Legal & Tax confluiscono nella funzione Legal, Regulatory & Tax, affidata ad Agostino Nuzzolo.
In ambito Chief Public Affairs & Security Office viene creata la nuova funzione International Affairs and Business Initiatives, affidata ad interim a Eugenio Santagata. Conseguentemente la funzione viene rinominata in Chief National and International Public Affairs & Security Office.
In relazione al nuovo ruolo attribuitogli, Roberto Mazzilli, titolare di 219.605 azioni ordinarie Tim, si qualifica come ‘key manager’ del Gruppo.
Le mosse di Vivendi
Intanto Vivendi stringe sul nuovo piano di finanziamento. La media company francese, primo azionista di Tim, mette a pegno le azioni della compagnia italian e di Mde a garanzia del programma.
Sono stati siglati accordi bilaterali di finanziamento strutturato con cinque istitut bancari per un ammontare complessivo di 2 miliardi. Gli accordi scadono a settembre 2026 e sono prorogabili di un anno.
L’operazione è finalizzata a reperire la liquidità necessaria per il rimborso anticipato delle obbligazioni in essere, requisito preliminare per avviare il piano di scissione del gruppo in quattro nuove entità societarie. I finanziamenti sono garantiti da derivati cash-settled su una porzione delle azioni Universal Music Group (Umg) e da pegni su partecipazioni strategiche in Umg (stake 9.94%, c.Eu4.3bn ai prezzi correnti) , Telefonica (stake del 1.04%, c.Eu260mn ai prezzi correnti), Tim (stake del 23.75% nel capitale ordinario, c. Eu0.9bn ai prezzi correnti) e Media-For-Europe (stake complessivo del 19.79%, c.Eu0.4bn ai prezzi correnti), potenzialmente soggette a “margin call” in caso di flessione dei prezzi.
Nonostante le garanzie, Vivendi ha fatto sapere che manterrà il pieno controllo e i diritti di voto su tali partecipazioni, assicurando che gli accordi non precluderanno eventuali dismissioni future. L’azienda ha ribadito che non sussistono rischi di insolvenza, dal momento che l’operazione non comporta rischi di insolvenza e l’azienda avrà la liquidità necessaria per onorare i pagamenti obbligazionari. La proposta di break up del Gruppo Vivendi sarà esaminata a ottobre e, in caso di esito favorevole, verrà sottoposta all’assemblea straordinaria degli azionisti a dicembre.
Il commento di Intermonte
Nonostante le rassicurazioni di Vivendi, “non disponiamo di dettagli sufficienti sul numero di azioni Tim poste a garanzia né sulle condizioni relative all’esercizio della margin call”, si legge in una nota di Intermomte.
Tuttavia, secondo gli analisti, è improbabile che questi accordi standard di finanziamento possano generare rischi di “overhang” sulle partecipazioni date in garanzia, considerando il solido standing creditizio di Vivendi. Il rischio maggiore per Vivendi è l’obbligo di integrare le garanzie in caso di una significativa riduzione del prezzo dei titoli. “Per questo motivo, è nell’interesse stesso di Vivendi che il titolo Tim non subisca significativi deprezzamenti – spiega la società di analisi – Questa situazione dovrebbe scoraggiare i francesi dall’adottare strategie destabilizzanti o di contrasto con l’attuale management (ricordiamo il ricorso ordinario contro la cessione di NetCo, la cui prossima udienza è fissata per gli inizi di novembre), evitando tensioni nella governance che potrebbero deprimere ulteriormente il valore del titolo”.
In questo scenario, un eventuale disimpegno completo di Vivendi dalle future decisioni assembleari di Tim “consentirebbe all’azienda una maggiore autonomia nell’attuare operazioni di ottimizzazione della struttura del capitale, come la conversione delle azioni di risparmio, senza il rischio di veti da parte del socio francese come accaduto in passato”, conclude Intermonte.
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