Il Futuro Dell’Astrofisica Solare Con L’European Solar Telescope EST

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Il Sole è un fenomenale laboratorio di fisica fondamentale ancora non del tutto compreso. Quali sono gli obiettivi
di un progetto così ambizioso come EST? Quali sono i rischi e le incognite che un comportamento anomalo
della nostra stella come quello prodotto dall’evento Carrington del 1859 potrebbe portare ad una civiltà ad un
tempo dipendente dalla tecnologia ed estremamente fragile come la nostra? Ne parliamo con uno dei maggiori
esperti europei di fisica solare.

Il cielo delle Isole Canarie, sospeso nel cuore dell’Oceano Atlantico, è un vero santuario per gli appassionati di astronomia: un firmamento terso, quasi immune da inquinamento luminoso, la cui vetta di purezza è raggiunta sull’isola di La Palma, riserva naturale e insignita della certificazione Starlight per l’eccellente qualità del suo cielo notturno. Eppure, l’osservazione del cosmo non si esaurisce con le stelle che brillano nella notte: una branca fondamentale della scienza moderna è infatti dedicata a comprendere, anticipare e monitorare l’attività dell’astro da cui dipende la nostra stessa esistenza come specie e come pianeta abitabile — il Sole. Nonostante il legame atavico che l’umanità nutre verso la propria stella, restano ancora numerosi enigmi sui suoi meccanismi fisici e dinamici, interrogativi che attendono di essere illuminati da uno sguardo più penetrante. In questa prospettiva, l’Europa sta elaborando un progetto dal valore strategico inestimabile: l’European Solar Telescope (EST). L’iniziativa nasce per integrare e affiancare l’opera di monitoraggio che, fin dal 2017, vede protagonista il Daniel K. Inouye Solar Telescope (4,2 metri di apertura) sulle alture di Haleakala, nell’arcipelago delle Hawaii — un osservatorio situato agli antipodi rispetto al futuro EST, creando così una sinergia ideale per lo studio continuo del Sole. La portata di questo nuovo telescopio è ambiziosa: grazie a tecnologie all’avanguardia, si mira a sondare fenomeni ancora poco noti, come la riconnessione magnetica rapida, all’origine dei spettacolari flare solari. Nel pieno di un nuovo massimo dell’attività solare, molti appassionati e curiosi iniziano a porsi interrogativi su questa formidabile “forgia” cosmica, la più abbagliante fonte di luce che rischiari il nostro cielo. Ne parliamo con il Direttore della Fondazione EST, l’astrofisico solare spagnolo Héctor Socas Navarro dell’Instituto de Astrofísica de Canarias, scienziato di fama internazionale — autore di decine di pubblicazioni su riviste scientifiche di primo piano — e divulgatore poliedrico, noto anche per il suo podcast di successo “Coffee Break: Señal y Ruido”.

Thomas: Buongiorno, Hector. Nella tua carriera hai potuto affrontare diversi aspetti dell’osservazione e della fisica solare, sia in osservatori terrestri come DKIST, sia con osservatori in orbita, come ad esempio SDO (Solar Dynamics Observatory), oltre a tante altre tipologie di ricerca solare. Vorrei che commentassimo un po’ perché, pur potendo avere osservatori nello spazio, abbiamo comunque bisogno di un progetto come l’EST proprio adesso. Perché si tratta di un progetto così importante?

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Il nuovo telescopio solare europeo, con uno specchio da 4 metri con ottica adattiva, sarà costruito sul sedime del Dutch Open Telescope, non più operativo.

Héctor: Sì, perché dallo spazio e da Terra riusciamo a effettuare tipologie diverse di osservazioni solari. Dallo spazio possiamo soprattutto liberarci dall’ostacolo dell’atmosfera, ma dobbiamo portare con noi telescopi di piccole dimensioni. Ciò limita in particolare la risoluzione spaziale, cioè quanto in dettaglio possiamo vedere le strutture più piccole sul Sole. D’altra parte, dallo spazio è possibile anche fare osservazioni continue per 24 ore — come accade, ad esempio, con SDO — o comunque osservazioni molto più prolungate di quelle che si possono realizzare da Terra. Al contrario, da Terra abbiamo il vantaggio di poter costruire telescopi più grandi, il che ci consente di vedere strutture di dimensioni minori e di acquisire una sensibilità maggiore alla polarizzazione (che poi, se vorrai, spiegherò più avanti, perché è così importante). Inoltre, c’è un altro aspetto: da Terra possiamo disporre di strumenti di grandi dimensioni che permettono soprattutto di analizzare diverse regioni spettrali. Nello spazio, invece, tutto dev’essere molto compatto e “impacchettato” e bisogna definire in anticipo quali bande si vorranno osservare. Questo è fondamentale perché in fisica solare, spesso, i progressi si verificano quando si osservano diverse regioni dello spettro elettromagnetico. I telescopi terrestri sono progettati per consentire flessibilità nel passare da una banda all’altra. Faccio sempre l’esempio (che a me personalmente piace molto) che in astrofisica disponiamo di milioni di stelle da osservare: basta costruire un telescopio, puntarlo su diverse stelle o galassie, e pubblicare un articolo scientifico per ciascuna di esse. Ma il Sole, invece, è uno solo. L’unico modo per ricavarne molti lavori di ricerca è studiarlo da molti punti di vista, per esempio utilizzando diverse bande spettrali. In sostanza, questo è il vantaggio principale di un osservatorio a Terra: hai flessibilità nell’osservazione, puoi cambiare modalità di acquisizione e, grazie a telescopi e strumentazione di grandi dimensioni, puoi vedere dettagli più fini e avere una maggiore sensibilità — soprattutto per la polarizzazione, elemento chiave per le misure dei campi magnetici, che sono in fondo ciò che ci interessa maggiormente.

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Hector Socas Navarro, Presidente della Fundacion EST e astrofisico solare di grande esperienza, ha lavorato anche negli Stati Uniti al National Solar Observatory di Boulders, in Colorado.

Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC): un faro di eccellenza sull’Atlantico

L’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC) nasce nel 1975 dall’intuizione di unire la tradizione scientifica spagnola con le straordinarie condizioni osservative delle Canarie. È frutto di un accordo fra il Governo spagnolo, il Governo delle Isole Canarie e l’Università di La Laguna, in un sodalizio che fin dalle origini ha puntato all’innovazione e all’eccellenza. Oggi l’IAC si fregia del prestigioso titolo di Centro di Eccellenza “Severo Ochoa”, conseguito nel 2012 per la qualità delle sue ricerche, la forte vocazione internazionale e la capacità di generare nuove tecnologie. Il cuore pulsante dell’istituto è formato da una comunità di circa 400 specialisti — tra ricercatori, tecnologi e personale di supporto — in rappresentanza di oltre 40 nazionalità diverse, accomunati dall’obiettivo di decifrare i segreti del Cosmo. Oltre alla fisica solare, l’IAC si occupa dello studio di galassie, della cosmologia, della struttura e dell’evoluzione stellare e sin dal 2020 ha anche a disposizione una sede distaccata che si occupa del lato più ingegneristico e tecnologico dell’esplorazione del cosmo: IACTech, una struttura dove si stanno elaborando alcuni dei progetti più innovativi nel campo dell’astrofisica europea. Il fiore all’occhiello dell’IAC è sicuramente l’osservatorio del Roque de los Muchachos, sulla vicina isola di La Palma, dove svetta il maestoso Gran Telescopio Canarias, con uno specchio da 10,4 metri di apertura. Il Telescopio Nazionale Galileo, eccellenza italiana con uno specchio da 3,5 e uno dei primi esempi di ottica adattiva, è sito a breve distanza dal GranTeCan. E’ presente anche l’osservatorio di Izaña, sul vulcano Teide, a Tenerife, che si occupa di osservazione solare. Sempre ad Izañaè in costruzione l’osservatorio italiano ASTRI Gamma, dedicato allo studio della radiazione Cherenkov di alta energia dovuto ai raggi cosmici e ai Gamma Ray Burst. In questi paesaggi unici, grazie ad un cielo limpido e protetto da rigorose normative contro l’inquinamento luminoso (La Palma ha ottenuto il certificato “Starlight” per la difesa del diritto alla fruizione del cielo notturno), l’IAC ha costruito la propria reputazione come centro propulsore di scoperte, in collaborazione con le più prestigiose agenzie spaziali (ESA, NASA, ESO) e università internazionali. Le centinaia di articoli pubblicati ogni anno su riviste di alto impatto testimoniano un fermento scientifico e tecnologico che attrae giovani talenti e menti creative da tutto il pianeta. Attualmente il direttore è Valentín Martínez Pillet, ex direttore del National Solar Observatory di Boulder, in Colorado, USA. Per maggiori informazioni e spunti per la didattica si rimanda al sito ufficiale del progetto www.est-east.eu/

L’articolo è pubblicato in COELUM 272 VERSIONE CARTACEA





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