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In seguito ad una scissione parziale, il Fisco chiede il pagamento di imposte non versate (ICI per alcune annualità) alla società beneficiaria relativamente ad obbligazioni sorte anteriormente alla scissione. Ricordiamo che, con la scissione parziale, una società (società scissa) assegna parte del proprio patrimonio ad un’altra società (o ad altre società) preesistente o di nuova costituzione (società scissionaria o beneficiaria). Il Codice civile prevede che, in caso di debiti preesistenti alla scissione, ciascuna società sia solidalmente obbligata nei limiti del patrimonio netto assegnato o rimasto (art. 2506-quater c. 3 c.c.). In questo caso, però, il Fisco chiede il pagamento integrale alla società scissionaria, la quale si oppone.

In caso di scissione parziale, la società beneficiaria può essere chiamata a rispondere integralmente per i debiti erariali anteriori all’operazione?

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La Corte di Cassazione, Sezione tributaria, con la sentenza 20 agosto 2024, n. 22951 (testo in calce), risponde affermativamente. Innanzitutto, giova precisare le obbligazioni tributarie hanno una natura peculiare e presentano una disciplina diversa rispetto alle obbligazioni civili, infatti, il Fisco gode di maggiori tutele rispetto al creditore “ordinario”. Pertanto, in ipotesi di debiti tributari antecedenti alla scissione, non opera il limite del patrimonio netto assegnato o rimasto, previsto per le obbligazioni civili, ma la società beneficiaria risponde integralmente, fatto salvo il suo diritto di regresso verso la società scissa.

La decisione è interessante anche perché ribadisce l’applicabilità in ambito tributario della scissione soggettiva degli effetti della notifica. La tempestività della notifica (o la sua tardività) devono essere valutate in relazione alla data di consegna dell’atto al messo notificatore e non rileva la data di ricezione da parte del destinatario, che può essere successiva alla scadenza del termine decadenziale.

Fisco 2024, di Autori AA. VV., Ed. Ipsoa, 2024. Imposte su redditi, imposte indirette, tasse e imposte locali, accertamento, riscossione, contenzioso, sanzioni, operazioni straordinarie.
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La vicenda

Una società che si occupa di distribuzione di energia elettrica riceve alcuni avvisi di accertamento per omesso parziale versamento dell’ICI con riferimento ad alcune annualità (dal 2002 al 2006) in relazione ad opere idrauliche compiute a servizio di due centrali idroelettriche. La società originaria (Alfa), destinataria degli avvisi, opera una scissione parziale da cui nasce una nuova società (Beta). La società scissa (Alfa) e la società beneficiaria (Beta) impugnano, con separati ricorsi, gli avvisi di accertamento, relativi a debiti erariali sorti anteriormente alla scissione. Il giudice tributario conferma la validità degli atti, esclude che l’ente impositore sia decaduto dall’esercizio del potere di accertamento e ritiene che la nuova società (Beta) sia succeduta nelle obbligazioni antecedenti della società scissa (Alfa).

Si giunge così in Cassazione.

Scissione soggettiva degli effetti della notifica a mezzo messo notificatore

Le società ricorrenti sostengono che l’ente impositore non possa esercitare ex tunc il proprio potere di accertamento senza tener conto del termine decadenziale. Infatti, l’art. 1 comma 161 legge 296/2006 prevede che:

  • […] Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie […].

Inoltre, ritengono che la sentenza gravata abbia errato nel ritenere la notifica correttamente avvenuta per il notificante con la consegna del plico all’agente postale in data 27 dicembre 2012; il giudice, infatti, ha applicato il principio di scissione soggettiva della notifica.

Giova ricordare che la scissione soggettiva degli effetti della notifica sotto il profilo processuale è stato affermato dalla Corte Costituzionale (sent. 447/2002 e sent. 28/2004). Inoltre, è previsto dall’art. 149 c. 3 c.p.c. per gli atti processuali e dall’art. 60 DPR 600/1973 per gli atti tributari. All’applicazione di tale principio non osta la natura recettizia degli atti né la qualità del soggetto notificante. Pertanto, ai fini dell’osservanza del termine di decadenza a cui è assoggettato il potere impositivo, viene in rilievo la data nella quale «l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente» (Cass. SS. UU. 40543/2021; Cass. 25842/2023; Cass. 9729/2024). In conclusione, la tempestività della notifica (o la sua tardività) devono essere valutate in relazione alla data di consegna dell’atto al messo notificatore e non rileva la data di ricezione da parte del destinatario, che può essere successiva alla scadenza del termine decadenziale.

Premessa: la scissione parziale, le obbligazioni civili e tributarie

La disciplina sulla scissione delle società è contenuta negli art. 2506 c.c. e seguenti (come modificati dal d.lgs. 117/2017). Con la scissione parziale:

  • una società (società scissa) assegna parte del proprio patrimonio ad una o più società, preesistenti o di nuova costituzione (società scissionarie o beneficiarie),
  • contro l’assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, divenendo i soci della società scissa – anche o solo – soci della o delle società beneficiarie (Cass. 2153/2021).

In buona sostanza, si tratta di una fattispecie traslativa, in virtù della quale la nuova società acquisisce valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio senza che ciò comporti l’estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima, in quanto si configura come successione a titolo particolare nel diritto controverso (Cass. 30246/2011; Cass. SS. UU. 23225/2016; Cass. 31313/2018; Cass. 13192/2019; Cass. 28169/2022; Cass. 16853/2023).

Il regime di responsabilità patrimoniale muta a seconda che si tratti di obbligazioni civili o tributarie. In linea generale, nella scissione parziale, per le obbligazioni civili, la società beneficiaria risponde nei limiti del patrimonio assegnato, mentre in ambito tributario, risponde solidalmente e illimitatamente. Analizziamo i riferimenti normativi.

In relazione alle obbligazioni civili, l’art. 2506-quater c. 3 c.c. prevede che ciascuna società sia solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico.

In ambito tributario, il Testo Unico delle Imposte sui redditi, all’art. 173 comma 13, prevede, in caso di scissione parziale, la responsabilità solidale e illimitata della società beneficiaria per i debiti tributari riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto. Lo stesso principio è ribadito dall’art. 15 c. 2 d.lgs. 472/1997 secondo cui nei casi di scissione, anche parziale, ciascuna società è obbligata in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla data in cui la scissione acquista efficacia. Come vedremo, sono state ritenute manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento ad entrambe le disposizioni (C. Cost. 90/2018).

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Debiti civili: coobbligazione solidale limitata

Per quanto riguarda i debiti della società scissa (ossia la società originaria) e ricompresi nel patrimonio assegnato alla società beneficiaria (ossia la società di nuova costituzione), come abbiamo visto, “ciascuna società è solidalmente responsabile nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico” (art. 2506-quater c. 3 c.c.). Pertanto, la società scissa risponde in via solidale con la società beneficiaria del debito trasferito a quest’ultima. Le società debitrici (scissa e beneficiaria) sono tenute al pagamento del debito con modalità diverse:

Si tratta di una coobbligazione solidale limitata (Cass. 2153/2021; Cass. 1198/2022) che pare mutuata dalla disciplina sulla cessione d’azienda (art. 2560 c.c.) che mira a tutelare i creditori del cedente, interessati a non vedere compromessa la garanzia patrimoniale esistente al momento della cessione e segue il paradigma tipico della disciplina generale delle obbligazioni, ossia rimette in via esclusiva al consenso del creditore la facoltà di liberare l’originario debitore, accettando la sostituzione con un altro debitore. In altre parole, l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi abbiano consentito. Infatti, tale schema è previsto in materia di delegazione ex art. 1268 c. 1 c.c., espromissione ex art. 1272 c. 1 c.c., accollo ex art. 1274 commi 2 e 3 c.c. Tornando alla cessione d’azienda, nel caso in cui il creditore non presti il consenso, il cedente permane nella posizione di debitore principale mentre il cessionario, quale accollante ex lege, diviene coobbligato in via sussidiaria (Cass. 23780/2018). Secondo i giudici di legittimità, «la vicenda del cumulo ex lege delle società beneficiarie coobbligate verso il creditore della società scissa parzialmente, non diverge, pertanto, dalle ipotesi sopra indicate».

Passiamo ora ai debiti tributari.

Debiti fiscali anteriori alla scissione: responsabilità solidale integrale e paritetica

Per gli obblighi della società in ambito tributario, relativi a periodi di imposta anteriori alla scissione, risponde non solo la società madre ma anche la società beneficiaria. La responsabilità solidale vale “per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito” e non è previsto alcun limite quantitativo riconducibile al patrimonio assegnato con l’operazione straordinaria (art. 173 commi 12 e 13 TUIR). La norma di cui sopra, contenuta nel testo unico delle imposte sui redditi, è ribadita nell’art. 15 c. 2 d.lgs. 472/1997 secondo cui “nei casi di scissione anche parziale di società o enti, ciascuna società od ente è obbligato in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto”. Quindi, in ambito tributario, la responsabilità solidale è integrale e paritetica, come previsto dal regime generale in materia di obbligazioni (art. 1292 c.c. e 2740 c.c.). Pertanto, in ipotesi di scissione, per i debiti fiscali della società originaria (società scissa) relativi a periodi d’ imposta anteriori alla scissione, rispondono solidalmente ed illimitatamente tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato. Le disposizioni previste nel TUIR (art. 173 commi 12 e 13 TUIR) sono norme di diritto tributario generale benché dettate in relazione alle imposte sui redditi1. Tali disposizioni derogano e prevalgono su quelle codicistiche (art. 2506-quater c.c.) in quanto si tratta di norme speciali, ma questo non comporta alcuna violazione di carattere costituzionale. Infatti, la maggior tutela offerta al creditore fiscale rispetto agli altri creditori “civili” della società scissa è giustificata dalla diversità di fattispecie e dalla peculiarità dell’obbligazione tributaria. La Consulta ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 173 c. 13 TUIR e dell’art. 15 c. 2 d.lgs. 472/1997 (C. Cost. sent. 90/2018). Secondo i giudici costituzionali, non è possibile una piena equiparazione di trattamento, atteso che le obbligazioni tributarie godono di una disciplina diversa. Il creditore tributario, infatti, vanta maggiori garanzie, ad esempio:

  • il privilegio generale mobiliare ex art. 2752 c.c.;
  • le condizioni di iscrivibilità dell’ipoteca e del sequestro conservativo ex artt. 22 d.lgs. 472/1997;
  • il differimento quinquennale degli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese ex art. 28 c. 4 d.lgs. 175/2014
  • l’inopponibilità delle operazioni abusive,
  • la rilevanza penale di determinate forme e soglie di inadempimento e di sottrazione dei beni alla garanzia dell’amministrazione finanziaria.

La maggiore tutela di cui gode l’erario trova rispondenzanel fatto che la scissione abbia natura meramente organizzativa e sia neutrale sotto il profilo fiscale (art. 173 c. 1 TUIR) nonché nel diritto della società beneficiaria, escussa per intero dal Fisco, di agire in regresso verso le altre società coobbligate per la porzione pagata in eccedenza rispetto al limite di cui all’art. 2506-quater c.c.

Conclusioni: la società beneficiaria risponde del debito tributario

In definitiva, non sussiste un limite quantitativo alla responsabilità patrimoniale tributaria della società beneficiaria della scissione.

La giurisprudenza ha chiarito che, nella scissione parziale, la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti diverge da quella riguardante le obbligazioni civili, soggetta ai limiti di cui agli artt. 2506-bis c. 2, e 2506-quater c. 3 c.c.

Infatti, la responsabilità per i debiti tributari, «fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo, siccome rispondente all’esigenza di un’agevole riscossione dei tributi nel rispetto del principio costituzionale di pareggio del bilancio e a criteri di adeguatezza e di proporzionalità, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 2018» (Cass. 739/2024).

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NOTE

[1] Cass., Sez. 5, 24 giugno 2015, n. 13059; Cass., Sez. 5, 11 maggio 2016, n. 9594; Cass., Sez. 6-5, 1° febbraio 2017, nn. 2653 e 2654; Cass., Sez. 5, 6 dicembre 2018, n. 31591; Cass., Sez. 5, 21 giugno 2019, n. 16710; Cass., Sez. 5, 25 febbraio 2020, n. 4987; Cass., Sez. 5, 10 febbraio 2021, n. 3233; Cass., Sez. 5, 3 novembre 2022, n. 32469; Cass., Sez. 5, 23 marzo 2023, n. 8422; Cass., Sez. 5, 9 gennaio 2024, n. 739.

[2] Gli ermellini precisano quanto segue: «una diversa conclusione non trova giustificazione in ragione del limite di responsabilità solidale prevista, in caso di scissione societaria, dall’art. 30 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilità amministrativa degli enti in dipendenza di reato commesso nell’ interesse o a vantaggio dei medesimi, posto che “la derivazione da un reato connota di particolare specialità la responsabilità della società originaria in termini maggiormente individualizzati, quanto alla riferibilità dell’illecito a quest’ultima, secondo il generale principio di legalità ex art. 2 del D.Lgs. n. 231 del 2001, sicché la solidarietà per il pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dalla società scissa, di cui sono gravate le società beneficiarie della scissione, ma che sono estranee all’ illecito, è non già piena, ma limitata al valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito».




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