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I dati più recenti dicono che in Sardegna la mancanza di medici di famiglia è particolarmente accentuata con una penuria che colpisce anche Cagliari e Sassari. L’isolamento di alcuni Comuni aggrava i problemi già diffusi altrove, come la mancanza di infrastrutture adeguate, la necessità di personale infermieristico e amministrativo per poter adempiere al meglio alle funzioni cliniche. La situazione è aggravata dalla totale assenza di medici di famiglia in alcuni piccoli Comuni, poco popolosi e mal collegati. Il fenomeno fa parte di una realtà sociale più ampia: in queste realtà con meno di mille abitanti chiudono le scuole, i negozi, gli uffici, così diventano meno attrattivi anche per i medici.
“La realtà sarda è quella di una popolazione over 14 di un milione 400mila abitanti circa per la cui presa in carico mancano più di 500 medici di medicina generale, soprattutto nei piccoli Comuni dell’Oristanese, dell’Ogliastra, della Barbagia, del Sulcis-Iglesiente – sottolinea Carlo Piredda, segretario regionale dalla Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), a congresso fino a oggi a Cagliari –. La novità di questi ultimi mesi è che i medici di famiglia iniziano a mancare anche nelle grandi città come Cagliari e Sassari, cosa mai verificatasi in passato. Un quadro destinato a peggiorare da qui a due anni: entro il 2026, infatti, è previsto il pensionamento di altri 333 medici: una percentuale significativa, che potrebbe aggravarsi qualora alcuni di questi anticipassero la pensione rispetto ai 70 anni”.
“L’età media dei medici sardi, infatti, è tra le più alte in Italia – aggiunge -, che a sua volta presenta la classe medica più anziana d’Europa. Ogni medico dunque deve coprire più aree contemporaneamente, aumentando un carico di lavoro già gravato da aspetti burocratici che esulano dalle sue competenze. In breve, la medicina del territorio rischia l’estinzione. In città come Isili, San Gavino, Iglesias, Lanusei, il depotenziamento degli ospedali con la cronica carenza di personale ha privato il medico anche del supporto ospedaliero – aggiunge Piredda –. Lo slancio che il Pnrr vuole dare alla medicina del territorio in Sardegna rischia di rimanere disatteso: delle 50 case di comunità previste, infatti, al momento neanche una è operativa. Inoltre, la chiusura delle guardie mediche ha privato la Regione anche di un piano per la cura della popolazione turistica, che nei mesi estivi moltiplica notevolmente il bacino di utenza della sanità regionale. I medici rimasti in Sardegna, pertanto, sono sempre più oberati di lavoro e in difficoltà nella gestione delle proprie mansioni. In assenza di adeguati supporti e senza un necessario personale di studio rischia di diventare complicato anche espletare funzioni essenziali come le vaccinazioni o la diagnostica di primo livello”.
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