Almasri, i ministri verso l’informativa in aula. La “serrata” di Pd e M5S

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Bloccano l’Aula in un lunedì di calma apparente. Le opposizioni giocano d’anticipo e tornano sulle barricate, non attendono che le capigruppo di Camera e Senato tornino a riunirsi, oggi, per decidere il timing dei lavori terremotati mercoledì scorso dal caso Almasri, il torturatore libico arrestato il 19 gennaio scorso a Torino su mandato della Corte penale internazionale, liberato e rispedito in Libia a bordo di un volo di Stato. Il rilascio del famigerato capo del “carcere dell’orrore” di Mitiga ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici del governo, premier compresa, dando fuoco alle polveri di un nuovo scontro con la magistratura e a una battaglia senza esclusione di colpi con le opposizioni.

Almasri, vittima di torture presenta denuncia contro Nordio, Piantedosi e la premier Giorgia Meloni

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La giornata

A guidare l’offensiva a sorpresa è il M5S. L’orologio segna le 15 in punto, l’Aula di Montecitorio è semideserta come accade il più delle volte il lunedì. Transatlantico vuoto, fuori cielo plumbeo, all’ordine del giorno la discussione generale del decreto cultura. Sugli scranni del governo siede, ignaro, il sottosegretario Gianmarco Mazzi. Insolitamente presenti in un emiciclo annoiato tutti i deputati M5S, nonostante siano ormai passati da un pezzo i tempi in cui Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo minacciavano cartellini rossi contro chi “marinava” i lavori. Lunedì e venerdì compresi. In Aula si fa spazio e prende la parola Giuseppe Conte. E affonda. Mentre continuano a rimbalzare rumors su un’informativa del ministro Ciriani sul caso del torturatore libico tornato in patria, il leader del M5S chiede che in Aula ci metta la faccia la premier in persona, «deve spiegare perché lei donna, madre e cristiana ha imbarcato con tutti gli onori del volo di Stato per sottrarre alla giustizia un boia, solo lei può chiarire quali sono le motivazioni che espongono il nostro Paese alla vergogna nazionale e internazionale». L’opposizione tenta una manovra a tenaglia per non far calare il sipario sulla vicenda Almasri. Lo dice forte e chiaro la capogruppo dem Chiara Braga: «Se non ci sarà una risposta adeguata, il Pd non sarà disponibile a riprendere i lavori d’Aula», avverte, prima di passare la parola a Fratoianni, Della Vedova, Giachetti. Il M5S batte la strada opposta ai dem, sembra lanciare il guanto di sfida su chi darà più filo da torcere al governo: «Faremo ostruzionismo duro e puro, in Aula e nelle Commissioni. Quello di oggi è solo l’antipasto di quel che aspetta Meloni e compari…». E in effetti in tarda serata, quando la discussione in Aula della Camera doveva terminare attorno alle 16 del pomeriggio, i lavori sono ancora in corso. A tenere in ostaggio il decreto cultura è la “maratona” inscenata dai deputati 5S: trentasei gli interventi, mentre sui social parte il bombing grillino all’insegna dell’hashtag #MaQualeComplotto. E anche Matteo Renzi punge sui social: «Le opposizioni unite chiedono che il governo riferisca sulla vicenda Almasri. Meloni non c’è, Nordio non c’è, Piantedosi non c’è. Saranno tutti a Roccaraso».

Intanto a Palazzo Chigi il sottosegretario Alfredo Mantovano – oggi atteso al Copasir – fa il punto con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e Giulia Bongiorno, la senatrice della Lega che si è intestata l’onore e l’onere della difesa unitaria di Meloni, Mantovano e i due ministri coinvolti. Non sarà la premier a riferire al Parlamento sul caso Almasri, ma ad affrontare la rabbia delle opposizioni saranno il Guardasigilli Carlo Nordio e il responsabile del Viminale. O almeno questa sarà la proposta che verrà messa sul tavolo quando, nelle prossime ore, si riuniranno i capigruppo di Camera e Senato per definire il calendario dei lavori. Basterà a placare le proteste di chi da giorni punta il dito contro un esecutivo accusato di “scappare”? Dal M5S già filtra un no deciso, nella convinzione che la faccenda sia «troppo grossa» e debba essere Meloni a spiegare come sono andate le cose. «Il governo decide chi va a riferire in nome è per conto dell’esecutivo, non è che decide l’opposizione chi deve andare», mette in chiaro il vicepremier Antonio Tajani.

Almasri, la prudenza del Colle: «Meloni ci ha avvisato dell’indagine»

La premier

Volata a Bruxelles per il vertice informale europeo, alle prese con il dossier difesa e il grattacapo dei dazi voluti da Donald Trump, Giorgia Meloni viene informata dal suo staff su quanto accade a Roma, un dispaccio di agenzia dopo l’altro. Ma se il rumoreggiare delle opposizioni non sembra toccarla, la doccia fredda arriva con la notizia della denuncia di Lam Magok Biel Ruei, una delle vittime delle torture dell’uomo accusato dalla Cpi di crimini di guerra e contro l’umanità. «Il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta», dice il giovane del Sud Sudan, che muove l’accusa di favoreggiamento alla presidente del Consiglio ma anche ai ministri Nordio e Piantedosi, rei – punta il dito l’uomo – di aver sottratto Almasri alla giustizia.

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