Non ci fu alcun consenso o, meglio, gli imputati neppure si posero il problema e se ne disinteressarono, considerando la ragazza con cui erano entrati nel cantiere abbandonato del Foro Italico alla stregua di “un oggetto” o di una “marionetta”. E, per i giudici della seconda sezione del tribunale che lo scorso 28 ottobre hanno condannato a pene tra i 4 e i 7 anni Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Cristian Barone, Samuele La Grassa ed Elio Arnao per lo stupro di gruppo avvenuto il 7 luglio del 2023, basta guardare gli stessi video girati dagli imputati quella notte, “crudi e disturbanti filmati” che “ad uno sguardo superficiale e cinico possono apparire squallide immagini pornografiche”, ma “sono invece sequenze che hanno immortalato lo stupro della vittima, in quei frangenti totalmente inerme”. Vittima che “appare alla stregua di un oggetto inanimato, una cosa senza vita che si muove meccanicamente ed emette gemiti lamentosi e inconsapevoli”, “di affaticamento, lamentazione e affanno” e in una “escalation di brutalità” si “deve reputare per spirito di sopravvivenza” che sia poi riuscita “ad implorare i propri stupratori di fermarsi”.
Stupro di gruppo al Foro Italico, condannati i 6 imputati
Emerge dalle 110 pagine che compongono le motivazioni della sentenza emessa con il rito abbreviato, in cui il collegio presieduto da Roberto Murgia e composto anche dai giudici Claudia Camilleri e Davide Pavesi, ritiene totalmente veritiero il racconto della giovane, che allora aveva 19 anni, e che trova peraltro pieno riscontro nelle stesse affermazioni degli imputati intercettati pochi giorni dopo i fatti. E lo sottolineano i giudici, gli imputati “hanno agito non semplicemente presumendo il consenso della vittima, ma disinteressandosi totalmente della questione, nonostante l’evidente inferiorità fisica e psichica, non potendo i suoi costumi sessuali costituire argomento di prova per l’esistenza, reale o putativa, del consenso”.
Non esitano a parlare di “una mattanza” e a sottolineare come “non vi è modo per ritenere che quella notte si sia consumato un rapporto sessuale di gruppo con il consenso della vittima, tanto che non lo hanno ritenuto nell’immediatezza neppure gli stessi imputati, che non avrebbero avuto motivo, altrimenti, consumato il rapporto, di lasciare la presunta compiacente compagna di siffatta avventura, da sola per strada, in piena notte, stremata e dolorante, dandosi praticamente alla fuga, così rivelando appieno tutto il peso della loro cattiva coscienza”.
La denuncia della vittima: “Gridavo basta, ma loro ridevano e continuavano…”
Il tribunale non ha creduto alla versione fornita dai 6 giovani (un settimo, minorenne all’epoca dei fatti, è stato condannato in appello a 8 anni e 8 mesi), che avrebbero offerto “fantasiose ricostruzioni”, con “crepe logiche” finalizzate a dimostrare invece che la giovane (parte civile con l’assistenza dell’avvocato Carla Garofalo) fosse lucida e appunto consenziente. Perché in nessun caso, per il tribunale, la ragazza avrebbe “potuto dichiarare di essere intenzionata a intrattenere, come poi è avvenuto, rapporti sessuali brutali in uno squallido cantiere edile, venendo girata e rigirata da chiunque di loro intendesse in quel momento farlo nel disinteresse più totale di quali potessero essere i suoi desideri”.
Le madri degli imputati: “Hanno sbagliato, ma non sono dei mostri…”
Nelle motivazioni vengono anche giudicate utilizzabili le dichiarazioni dell’amica che quella sera era con la vittima alla Vucciria e del datore di lavoro del suo ex fidanzato che era andato a soccorrerla al Foro Italico, raccolte dai difensori degli imputati, ma ritenute alla fine non dirimenti per ricostruire i fatti. I giudici ripercorrono le terribili fasi di quella serata e rimarcano “le modalità quasi casuali e invero rocambolesche di acquisizione” della denuncia perché la vittima “inizialmente aveva mostrato di non avere alcuna intenzione di denunciare l’accaduto”. E “l’iniziale riserbo e la gradualità con cui la vittima ha affrontato con terzi estranei la questione, dimostra ancora una volta che non era sua intenzione accusare gli imputati allo scopo di proteggersi da giudizi di valore sulla propria persona” e “perché il primo impulso era stato quello di accettare l’accaduto con rassegnata passività”.
Lo stupro e il giallo dei video, la difesa: “Ecco come è andata veramente quella sera”
Le sue dichiarazioni sono rimaste le stesse dal primo all’ultimo momento, “senza esagerazioni di sorta, non preconfezionate” e “non ha tentato di occultare alcuna informazione” per questo “nonostante lo strenuo tentativo delle difese di ribaltare i termini della questione, facendo leva sulla spregiudicatezza della vittima, questo collegio ha reputato, invece, attendibile la sua versione e credibile il suo racconto”. Perché “ha raccontato una dinamica dei fatti nell’ambito della quale, con dolore, delusione e senso di colpa, ella si era attribuita un ruolo nell’attivazione di quel meccanismo che aveva poi, però, condotto alla verificazione di una talmente brutale aggressione alla sua persone”, si era “sentita usata, umiliata e maltrattata oltre ogni limite di sopportazione e senza il suo consenso” e riportato “il fatto nella sua chiarezza cristallina, inequivocabile, talmente neutro, sincero, vivido, verosimile e contenuto che non può che essere reputato, già in sé per sé, intrinsecamente attendibile”.
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Il tribunale sottolinea che quella sera, come lei stessa aveva raccontato, avrebbe voluto restare da sola con Flores di cui “si era infatuata” e “al punto di accettare, la sua richiesta (‘siamo in sette, andiamo’), sempre per compiacerlo, sperando in un finale diverso”, ma era stata condotta come “una marionetta” in un “luogo squallido e isolato” per essere stuprata. Tutto poi trova riscontro, secondo giudici, sia nelle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza, che nelle intercettazioni, nel video girato da Flores durante la violenza e nelle chat scambiate anche prima e dopo. “Le immagini testimoniano in maniera inequivocabile, come durante il tragitto lungo corso Vittorio Emanuele, la vittima avesse perso il controllo del proprio corpo, apparendo in ultimo, visibilmente assente, molle, senza forze”. E infatti, come si legge nelle motivazioni della sentenza, è risultata positiva alla droga e all’alcol.
Le chat segrete sullo stupro e i video inviati a diverse persone
“Sono stati gli stessi imputati a raccontare che, quella notte, dopo che Flores li aveva sostanzialmente preparati e aveva proposto il rapporto di gruppo e dopo che la vittima si era stordita consumando alcol e droga, una volta giunti, guidati sempre da Flores, nel cantiere isolato teatro dei fatti, la vittima non appariva in grado di partecipare consapevolmente a quanto le stava accadendo, era stata maltrattata e abusata con modalità violente anche quando aveva detto ‘basta’ e nessuno, a parte ricostruzioni effettuate ex post a proprio favore – dicono giudici – era effettivamente intervenuto per porre fine alla mattanza, rimanendo tutti sul posto a riprenderla e deriderla, per poi lasciarla, infine, dolorante e in stato confusionale, sola per strada”. E aggiungono che dal disprezzo con cui Flores parlava dell’accaduto “risulta drammaticamente evidente la dinamica di oggettificazione sessuale, principiata dalla svalutazione della persona della vittima in ragione dei suoi costumi sessuali e culminata nella inflizione nei suoi confronti di una sorta di punizione”.
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