Roma non è una città per donne… ma faremo in modo che lo diventi!

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Per chi la abita, Roma è una città invivibile. È una città dove spostarsi con i trasporti pubblici è un’avventura quotidiana e dove se puoi permetterti di spostarti in auto sei destinato a passare ore nel traffico fra cantieri e strade dissestate.

Roma è la città dove si parla di salute e prevenzione ma poi è impossibile accedere al SSN e sopravvive solo chi ha i mezzi per curarsi con la sanità privata.

Ed è la città dove si chiudono e depotenziano i consultori e dove le donne devono affrontare obiettori e associazioni ProVita, perché non vengono garantiti la libera scelta sulla maternità e il diritto all’aborto gratuito, libero e sicuro.

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Nonostante la sentenza dell’AIFA, non è facile accedere neanche alla contraccezione gratuita. Roma è la città dei lavori precari dove, se sei di periferia e per di più donna, devi lottare quotidianamente per raggiungere autonomia e indipendenza economica e per avere un salario dignitoso e una casa.

Roma è la città delle periferie abbandonate e dei quartieri popolari dormitorio, dove sono assenti spazi di cultura e socialità, spazi per bambini, palestre, verde pubblico curato.

Roma è la città dove veniamo represse dalla polizia per le nostre battaglie sociali, dove siamo abbandonate dalle istituzioni e non credute dai tribunali.

Roma è la città dove si parla tanto di violenza sulle donne ma poi il numero di CAV o sportelli antiviolenza pubblici è assolutamente insufficiente (soprattutto nei quartieri periferici) e, ironia della sorte, ne apre uno all’interno del Policlinico Gemelli – con stretti legami con la Chiesa – e finanziato da WindTre.

Roma è la città dove veniamo private del diritto alla casa, dove donne anziane o madri con figli a carico vengono buttate in mezzo a una strada e dove se sei vittima di violenza e hai bisogno di una casa sono problemi tuoi.

Roma è la città dove temi come il “decoro” e la “sicurezza delle donne” e l’aumento dei casi di violenze e femminicidi diventano la scusa delle istituzioni per giustificare la criminalizzazione dei quartieri popolari e dei loro abitanti.

E Roma è soprattutto l’ipocrisia di chi per anni ha governato questa città lasciandola all’abbandono e adesso parla di grande “rilancio” in occasione del Giubileo.

Evidentemente, Roma non è una città pensata per i suoi abitanti, e soprattutto – parafrasando il famoso film “Non è un paese per vecchi” – ROMA NON È UNA CITTÀ PER DONNE.

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Al contrario, gli interessi su cui si muove la politica sono come sempre quelli della “Roma bene”, dei gruppi economici, degli speculatori e dei piccoli e grandi proprietari. E su questo il governo, la Regione e il Comune sono anche capaci di superare i tradizionali antagonismi, tanto che stanno andando d’amore e d’accordo nella gestione e nella costruzione del Giubileo 2025.

È il caso delle cosiddette “zone rosse”, con le quali il Sindaco Gualtieri sembra aver ben accolto la torsione autoritaria e repressiva del Governo Meloni e del DDL 1660.

Con queste “zone rosse” è previsto il divieto di stazionamento in aree da Termini alla Tuscolana, divieto che provoca che tantissime persone senza tetto, chi è costretto a dormire per strada, uomini e donne che non riescono a pagare affitti esorbitanti o non possono stipulare contratti perché migranti e privi di documenti, vengono ulteriormente marginalizzati, trattati come reietti della società.

Ma si sa, come ci dimostrano le notizie degli scorsi giorni, Roma è anche la città dove è normale morire in fila per i documenti, di notte, al freddo, fuori dagli uffici della questura. E dove sono anni che il Comune non offre reali soluzioni abitative alternative, limitandosi a sfrattare o sgomberare le tendopoli o chi, senza alternativa, legittimamente occupa una casa.

Ed è sulla casa che forse si palesa la contraddizione maggiore. Perché il grande “rilancio” del Giubileo finora sembra aver aumentato solo le entrate dei palazzinari e del mercato degli affitti brevi.

L’esplosione di B&B e case vacanze (delle quali adesso il Comune è corso a togliere i locker delle chiavi dalle strade, come se questo riducesse la turistificazione) ha rialzato alle stelle il costo degli affitti, rendendoli inavvicinabili. E questo ha un effetto specifico sulla vita delle donne e delle libere soggettività.

Sentiamo parlare, o viviamo sulla nostra pelle, di continui casi di donne delle borgate che subiscono o hanno subito abusi, soprattutto nelle mura domestiche, a cui non vengono date soluzioni abitative, né temporanee in caso di emergenza, né definitive per costruirsi l’autonomia necessaria a distaccarsi realmente da una situazione di abuso e subalternità verso figure violente.

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Queste donne sono le stesse che spesso, dopo aver perso il lavoro, poi vengono sfrattate. Ciò vuol dire che le donne vittime di violenza si ritrovano a dover scegliere fra rimanere in casa e continuare a subire violenze e, se riescono ad abitare da sole, a finire spesso sotto sfratto, senza nessun altro tipo di sostegno o soluzione.

E per non farsi mancare niente, sono emerse anche testimonianze di donne che vengono adescate con annunci di affitto e poi, durante la visita della casa, violentate o molestate dai proprietari, che sfruttano senza vergogna il problema dell’emergenza abitativa.

Ovviamente, di rilancio del numero di case popolari o di affitti calmierati, manco a parlarne. Il Comune, infatti, preferisce svendere immobili, come quello dell’ex Rialto alla comunità ebraica, piuttosto che utilizzare alcuni degli edifici e spazi abbandonati di Roma per rispondere al bisogno di casa di molte donne.

Secondo una ricerca del 2019, a Roma si contano 161 edifici abbandonati. Di questi, il 36% appartiene al Comune, il 33% a privati e un altro 13% fa riferimento ad altri enti pubblici, come il Demanio o la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

E al di là delle belle parole e delle panchine rosse installate, di investimenti seri contro la violenza sulle donne non se ne parla.

Per quanto riguarda le strutture residenziali antiviolenza, a Roma ci sono 3 Case Rifugio, 6 Case per la Semiautonomia e 5 Appartamenti di Seconda Autonomia: poco più della metà di quante dovrebbero essercene secondo le linee europee.

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Più dell’80% delle donne che hanno fatto richiesta di ospitalità a queste strutture nel 2023 sono state respinte, la maggior parte per mancanza di posti letto.

D’altro canto, il Contributo del Governo per l’autonomia delle vittime di violenza, previsto dal Reddito di Libertà e destinato alle donne seguite dai centri antiviolenza, che ammonta fino a 400€ al mese, per un massimo di 12 mesi, non è assolutamente sufficiente per rispondere a queste situazioni.

Evidentemente, la nostra sicurezza non deriva da “zone rosse” e quartieri militarizzati, ma dal diritto a una casa, da investimenti nel sociale e dalla possibilità di raggiungere un’indipendenza economica. E certamente non deriva nemmeno dagli interventi che vedremo con l’esportazione del “modello Caivano” in sei periferie d’Italia, tra cui Quarticciolo di Roma.

La nostra sicurezza – quella sociale – non la avremo dal Governo Meloni, dalla Regione, dal sindaco Gualtieri e nemmeno da quel centrosinistra che dichiara di stare dalla parte delle periferie, delle donne e di opporsi a questo governo ma che cammina su una strada già tracciata dai governi precedenti e non è in grado di prospettare un’alternativa concreta.

Perché di questo si tratta. Di immaginare e praticare un’alternativa concreta per far sì che Roma sia una città per le donne, le libere soggettività e gli uomini che la abitano.

Per questo abbiamo partecipato al corteo del 7 dicembre, che è arrivato fin sotto il Campidoglio al grido di “Nessuna indulgenza per Gualtieri”.

E per lo stesso motivo il 1° marzo saremo alla manifestazione che busserà alle porte della Regione di Rocca, con le tante realtà e i comitati che hanno animato questo percorso contro il “Modello Giubileo”.

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Ci troverete quindi in piazza e per le strade come donne e libere soggettività, giovani, disoccupate, precarie, donne migranti, realtà sociali, politiche e sindacali in lotta per la casa, per gridare che “Roma non è una città per donne” ma che faremo in modo che lo diventi, con lo stesso coraggio e determinazione delle donne che in passato, dai comitati territoriali alle lotte per la casa, hanno lottato nelle nostre borgate.

– © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO


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