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«Meloni dove sei?». Alla ripresa della settimana parlamentare, l’opposizione si compatta per attaccare il governo Meloni che, a quasi due settimane dal rilascio del libico Osama Elmasry, non ha ancora dato spiegazioni alle Camere del rimpatrio con volo di Stato. L’uomo era accusato dalla Corte penale internazionale di violenze e torture ai migranti, anche bambini. Certo, in questi giorni si sono susseguite dichiarazioni, accuse alla magistratura, reazioni e ricostruzioni (spesso diverse e inconciliabili tra loro) da parte della premier, dei suoi ministri e della maggioranza ma nessuna informativa ufficiale al Parlamento. Quella prevista la scorsa settimana, con Nordio e Piantedosi, è stata rinviata dopo la notizia, data dalla stessa Meloni (con tono battagliero e termini inesatti), della sua iscrizione al registro delle notizie di reato. Come lei il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri alla Giustizia e degli Interni, appunto.
I LAVORI DELLE CAMERE, interrotti dopo le proteste dell’opposizione per l’appuntamento mancato, sono ripresi ieri, anticipatamente, per la discussione sul dl Cultura. Formalmente, però. Il decreto voluto dal neo ministro Giuli (non presente per motivi di salute) è rimasto sullo sfondo, mentre l’opposizione teneva il punto sul silenzio del governo sul caso Elmasry e sulla necessità che la presidente del Consiglio riferisse con urgenza al Parlamento.
Domenica, su iniziativa del M5S, i capigruppo delle opposizioni si sarebbero sentiti per concordare una strategia. Così ieri, alla riapertura dei lavori di Montecitorio, il leader pentastellato Giuseppe Conte ha preso la parola e dato il via all’operazione del centro sinistra: «Meloni deve venire in Parlamento a spiegare agli italiani la versione vera, reale, effettiva su Elmasry». «Siamo di fronte alla strategia della distrazione – ha attaccato Conte nel suo intervento -. La sorella Arianna ha detto che Giorgia Meloni è come Frodo ma qui si sta realizzando una frode a danno degli italiani».
A TURNO, Pd, Avs, Azioni, Iv e PiùEuropa dai banchi incalzano la premier. «Il caso Elamsry svela il vero volto della destra – tuona la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga – non possiamo accettare il silenzio in quest’aula e la mortificazione del Parlamento, ci aspettiamo che questa reticenza non duri un minuto di più». «Siamo di fronte a un “mondo al contrario” – insiste la dem – dove i torturati finiscono in carcere e i torturatori vengono assolti». E Nicola Fratoianni, di Avs: «Gli italiani vogliono sapere perché il governo ha scarcerato un ricercato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, la presidente del Consiglio deve rispondere di questo gigantesco pasticcio e spiegare se la ragione di Stato per l’Italia è la tortura, gli stupri e gli assassini».
TRENTASEI DEPUTATI del M5S si iscrivono per intervenire sul dl Cultura. Non è un ostruzionismo, spiegano dal Movimento, ma una staffetta (chiamata filibustering) per rallentare i lavori: «Mercoledì sono stati sospesi per questo e non possono riprendere come se nulla fosse, su un altro tema». Sui social parte, intanto, un hashtag apposito, #Maqualecomplotto.
Il dibattito, in un emiciclo semi vuoto, è surreale. Gli interventi dei partiti di minoranza vertono tutti su Elmarsy e sulla fuga del governo dal Parlamento, quelli della maggioranza (praticamente assente), giusto un paio, cercano di tenere la discussione sui finanziamenti alle sagre e alle fiere. L’opposizione usa il decreto di Giuli per arrivare al dunque. Gli interventi sono tutti sulla falsariga di questo concetto: «Vi richiamate a figure internazionali come Olivetti e Mattei e poi violate i trattati come quello di adesione alla Corte Penale internazionale». Il deputato di FdI e questore della Camera, Paolo Trancassini perde le staffe: «L’Aula non può diventare lo sfogatoio contro Meloni».
COME E PER QUANTO tempo durerà la battaglia unitaria delle opposizioni lo si capirà oggi, dopo la riunione dei capigruppo di Montecitorio e Palazzo Madama. Il pressing ha funzionato fino a un certo punto: da Palazzo Chigi trapela che saranno Nordio e Piantadosi a riferire alle Camere, forse la prossima settimana. «Deve esserci Meloni e nessun altro», è la linea invece del centro sinistra.
Ma su come raggiungerla c’è qualche diversità di vedute: il Pd propende per l’ostruzionismo; il M5S ha fretta di chiudere la parentesi perché ha calendarizzato alcune mozioni «come quella su Santanchè e sulle bollette» che intendono votare il prima possibile e perché «in ogni caso, con la fiducia al dl Cultura, mercoledì bisognerà essere in Aula». «Non siamo disponibili a riprendere i lavori domani se non ci sarà una risposta adeguata dal governo», dice invece Braga che ieri sera ha diffuso un messaggio ai parlamentari per serrare le fila, «tutti compatti».
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