Il presidente emerito della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri ricorda gli anni trascorsi insieme a Sergio Mattarella.
Presidente Gaetano Silvestri, lei ha una lunga frequentazione con il Presidente Sergio Mattarella. Quali sono i ricordi personali?
«Sono senz’altro gradevoli, è una persona di piacevolissima conversazione, un uomo colto con il quale fa piacere stare insieme, scambiare opinioni, comunicare sui più vari argomenti. Basti dire che per circa tre anni, quando entrambi eravamo giudici costituzionali, poi io diventai presidente, abbiamo pranzato insieme nella bouvette della Corte, ed era un momento di pausa dal lavoro per me molto piacevole, appunto perché la compagnia di Sergio Mattarella, con il quale quasi sempre sedevamo allo stesso tavolo, era interessante e soprattutto fruttuosa. Nel senso che la comunicazione, il confronto delle idee, se vogliamo anche le frasi scherzose, erano interessanti. Quindi dal punto di vista umano è una persona molto dotata di stile, di innata signorilità, ma anche priva di qualsiasi superbia o altezzosità, insomma una persona con cui fa piacere starci insieme e parlare. Per il resto le nostre vite hanno avuto vie differenti, percorsi differenti, quindi le occasioni d’incontro sono state molto rare, ma questi tre anni invece sono stati abbastanza intensi».
E sul piano istituzionale?
«Devo dire che serbo una gratitudine imperitura per la venuta dell’allora vicepresidente del Consiglio Sergio Mattarella nel 1998, quando poco dopo essere stato eletto rettore di Messina venne all’inaugurazione dell’anno accademico. Scegliere di venire all’Università con quello che era circolato in Italia su questo ateneo, su questa città, definita come lei ricorderà “verminaio” da parte dell’on. Vendola, una città che era sotto la lente della Commissione parlamentare antimafia, ecco, ci sentivamo, devo dire la verità, abbastanza imbarazzati. E non solo per l’omicidio Bottari, un episodio gravissimo, ma perché c’erano anche queste bande di delinquenti che giravano per l’università, che intimidivano i professori, che rendevano il nome dell’ateneo di Messina non come avremmo voluto, non all’altezza delle sue nobili e alte tradizioni culturali e civili. Ecco, e allora la scelta da parte del vicepresidente Mattarella di venire all’inaugurazione del nostro anno accademico fu un atto di coraggio, indipendenza, grande solidarietà nei confronti dell’università e della città, che non dimenticherò mai».
C’è una foto drammatica nella storia della nostra Repubblica, che è quella di Sergio Mattarella che stringe tra le braccia suo fratello Piersanti, ucciso da Cosa nostra. Avete mai affrontato nelle vostre conversazioni questo argomento?
«No, mai. Il presidente Mattarella ha sempre avuto una capacità di controllo delle sue incontinenze, come le possiamo chiamare, che non è mai venuta meno. Ha attraversato anche un altro lutto terribile, quello della propria moglie, ma non abbiamo mai parlato di questo».
Quali sono secondo lei i tratti distintivi della ormai “doppia” presidenza?
«La concentro in una sola parola: equilibrio. Mattarella è un uomo che ha come cifra della sua esistenza politica, dei suoi interventi, l’equilibrio, vale a dire la consapevolezza della necessità di mantenere la pluralità e l’unità nello stesso tempo. L’equilibrio è tipico delle forme di governo parlamentare democratiche e pluraliste. Ci sono più poteri, c’è la separazione dei poteri, ma anche l’equilibrio dei poteri. Ci sono più partiti diversi, con diverse e spesso opposte visioni del mondo e della società, ma ci deve essere anche un equilibrio, nel senso che nessuno deve prevaricare l’altro. Ci vuole un equilibrio tra autorità e libertà. Non ci può essere troppa autorità e non ci può essere libertà che degenera in anomia, in mancanza di regole. Ebbene, Sergio Mattarella è un uomo che ha sempre perseguito l’obiettivo di mantenere l’equilibrio, sia prima, quando ha svolto tante funzioni, sempre con questa grande capacità di mediazione, sia a maggior ragione da Presidente della Repubblica, che in quanto rappresentante dell’unità nazionale deve adoperarsi perché l’equilibrio necessario tra gli organi costituzionali, tra le forze politiche, si mantenga. E quella che è la naturale conflittualità di una società democratica, perché le società troppo tranquille sono quelle dittatoriali, non degeneri in risse continue, in squilibri che portino a prepotenze e prevaricazione da una parte o dall’altra. Anche l’equilibrio tra maggioranza e opposizione è fondamentale, la maggioranza deve poter governare e non essere impedita nell’indirizzo politico di maggioranza e di governo, ma l’opposizione deve essere capace e deve essere messa in condizione di poter prospettare al popolo soluzioni diverse da quelle adottate dalla maggioranza. E questo è l’equilibrio che ci deve essere fra maggioranza e opposizione, non nel senso che debbano governare entrambe, ma nel senso che l’una non deve impedire all’altra di governare. E questo è compito del presidente della Repubblica, cioè quando ci siano, come dire, sconfinamenti, quando ci siano esorbitanze da una parte o dall’altra, il presidente deve intervenire, e lui lo fa con grande pacatezza, discrezione. Se lei ripercorre gli interventi di Mattarella vedrà che non è mai stato invasivo nei confronti delle forze politiche, non ha mai tentato di introdurre un proprio indirizzo politico accanto a quello della maggioranza o dell’opposizione, ma ha sempre richiamato all’osservanza dei principi costituzionali, perché o sono di destra, o sono di sinistra o sono di centro, la Costituzione hanno da osservarla lo stesso. È questo che non vogliono capire in tanti: i principi costituzionali non sono dettati per la sinistra o per la destra o per il centro, sono dettati per tutti».
Tra il primo e il secondo settennato c’è un elemento forte ed è quello dei suoi “silenzi” che gridano, che sono più autorevoli di tanti altri moniti…
«Vede, c’è un’espressione inglese che esprime questo atteggiamento, si chiama “Wait and see”, attendi e osserva. E il presidente Mattarella, come altri presidenti prima di lui, faccio un nome, Ciampi, anche se in silenzio continua ad osservare attentamente tutto ciò che avviene. Dice “ma tu come lo sai questo?”, certamente non lo viene a dire a me, ma lo si può dedurre dagli interventi successivi, quando finalmente esterna qualcosa, si capisce che lui, nel periodo precedente, era stato ad osservare attentamente, non gli era sfuggito nulla, nonostante non avesse parlato. Un presidente troppo ciarliero, troppo grillo parlante, innanzitutto inflaziona i suoi interventi che perdono di efficacia, la quantità è a scapito della qualità, e in secondo luogo finisce per interferire. Mentre invece, se lei vede, i suoi interventi sono sempre un richiamo al collegamento necessario che ci deve essere tra i principi costituzionali e la realtà quotidiana. Cioè i principi costituzionali non possono restare proclamazioni astratte e la realtà quotidiana non può essere cieca, cioè non può essere mera gestione di potere spicciolo. Perché anche se io sono il sindaco di Roccacannuccia devo sempre avere davanti i principi costituzionali. Nessuno è troppo grande e nessuno è troppo piccolo per i principi della Costituzione, che è immanente nella società. E allora si vede come nei più vari campi dell’attività umana, sociale, Mattarella richiama sempre i principi costituzionali, sia che parli con gli sportivi, con gli uomini d’affari, con i cavalieri del lavoro, con gli studenti, con gli operai, con chiunque, con qualunque categoria di persone parli, riconduce gli eventi che di volta in volta vengono celebrati ai principi costituzionali».
Bene, grazie presidente, vuole aggiungere altro…
«Un’ultima cosa, poi non voglio santificare nessuno. Dico che la cifra è questa, poi ciascuno è libero di condividere o non condividere anche l’operato del presidente. Intendiamoci, il presidente della Repubblica si può criticare. Cioè, il fatto che venga considerata la lesa maestà non deve esistere più, a meno che non si trascenda nell’insulto, nella volgarità, nel vilipendio. La critica argomentata, ragionata, anche dura, sugli interventi del presidente è assolutamente ammissibile. Io vorrei che questo si evidenziasse, cioè che non apparisse che io sono convinto che bisogna stare in ginocchio di fronte al presidente. In una repubblica democratica nessuno sta in ginocchio di fronte a nessuno. Ognuno può stare in ginocchio in chiesa se è credente, ma nella Repubblica nessuno deve stare in ginocchio, neanche davanti al presidente. E quindi se io, politico o non politico, non condivido un intervento presidenziale, ho tutto il diritto di dirlo, così se invece lo apprezzo non posso essere accusato di piaggeria».
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