CITTÀ DEL VATICANO. Francesco arriva nel Palazzo apostolico vaticano per aprire il Summit sui Diritti dei Bambini «Amiamoli e proteggiamoli». Prima dell’inizio dei lavori – a cui partecipa tra gli altri Liliana Segre – il Papa incontrando un gruppo di bimbi di diverse nazionalità, tra cui Eritrea e Afghanistan. Alcuni donano al Pontefice dei disegni, lui dà loro delle caramelle. Poi si intrattiene in una breve conversazione con loro. Emozionati, un poco impacciati, fiduciosi, anche i bambini incontrati dal Vescovo di Roma rilasciano qualche dichiarazione all’uscita. A Bergoglio «abbiamo detto che è stato un piacere incontrarlo», dice una «portavoce» improvvisata del gruppo che fa parte delle Scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio. La rappresentanza di piccoli ha letto una lettera. «Ci ha detto che è un bel messaggio, il nostro sogno è far portare la pace in tutto il mondo». Il Papa nel suo discorso lancia i suoi messaggi: i bimbi indocumentados al confine con gli Usa sono vittime. «L’aborto è un omicidio, recide la fonte di speranza». Uccidere i «piccoli significa negare il futuro»; tra guerre e povertà l’infanzia è negata, è inaccettabile. «È un grido silenzioso che denuncia le ingiustizie».
Scandisce che «nulla vale la vita di un bambino. Non è accettabile ciò che purtroppo negli ultimi tempi abbiamo visto quasi ogni giorno, cioè bambini che muoiono sotto le bombe, sacrificati agli idoli del potere, dell’ideologia, degli interessi nazionalistici. In realtà, nulla vale la vita di un bambino. Uccidere i piccoli significa negare il futuro. In alcuni casi i minori stessi sono costretti a combattere sotto l’effetto di droghe. Anche nei Paesi dove non c’è la guerra, la violenza tra bande criminali diventa altrettanto micidiale per i ragazzi e spesso li lascia orfani ed emarginati. Oggi più di quaranta milioni di bambini sono sfollati a causa dei conflitti e circa cento milioni sono senza fissa dimora». C’è il «dramma della schiavitù infantile: circa centosessanta milioni di bambini sono vittime del lavoro forzato, della tratta, di abusi e sfruttamenti di ogni tipo, inclusi i matrimoni obbligati. Ci sono milioni di bambini migranti, talvolta con le famiglie ma spesso soli: il fenomeno dei minori non accompagnati è sempre più frequente e grave».
Francesco chiede alle personalità presenti di «aprire nuove vie per soccorrere e proteggere i bambini i cui diritti ogni giorno vengono calpestati e ignorati. Ancora oggi, la vita di milioni di bambini è segnata dalla povertà, dalla guerra, dalla privazione della scuola, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento. I bambini e gli adolescenti dei Paesi più poveri, o lacerati da tragici conflitti, sono costretti ad affrontare prove terribili». E anche «il mondo più ricco non è immune da ingiustizie. Là dove, grazie a Dio, non si soffre per la guerra o la fame, esistono tuttavia le periferie difficili, nelle quali i piccoli sono spesso vittime di fragilità e problemi che non possiamo sottovalutare. Infatti, in misura assai più rilevante che in passato, le scuole e i servizi sanitari devono fare i conti con bambini già provati da tante difficoltà, con giovani ansiosi o depressi, con adolescenti che imboccano le strade dell’aggressività o dell’autolesionismo. Inoltre, secondo la cultura efficientista, l’infanzia stessa, come la vecchiaia, è una “periferia” dell’esistenza». Questo crea sfiducia nei più piccoli: «Sempre più frequentemente chi ha la vita davanti non riesce a guardarla con atteggiamento fiducioso e positivo. Proprio i giovani, che nella società sono segni di speranza, faticano a riconoscere la speranza in sé stessi».
Guerre, povertà, migrazioni vedono come vittime i ragazzini. «Come è possibile che la vita di un bambino debba finire così? No. Non è accettabile e dobbiamo resistere all’assuefazione», è il monito del Pontefice. L’infanzia «negata è un grido silenzioso che denuncia l’iniquità del sistema economico, la criminalità delle guerre, la mancanza di cure mediche e di educazione scolastica. La somma di queste ingiustizie pesa soprattutto sui più piccoli e più deboli. Oggi siamo qui per dire che non vogliamo che tutto questo diventi una nuova normalità. Non possiamo accettare di abituarci».
E poi, «l’individualismo esasperato dei Paesi sviluppati è deleterio per i più piccoli. A volte essi vengono maltrattati o addirittura soppressi da chi li dovrebbe proteggere e nutrire; sono vittime di liti, del disagio sociale o mentale e delle dipendenze dei genitori. Molti bambini muoiono da migranti nel mare, nel deserto o nelle tante rotte dei viaggi di disperata speranza. Molti altri soccombono per mancanza di cure o per diversi tipi di sfruttamento».
Papa Francesco cita i piccoli al confine con gli Stati Uniti e anche la minoranza dei Rohinghya: «Ricordiamo i piccoli Rohinghya, che spesso fanno fatica a farsi registrare, i bambini indocumentados al confine con gli Stati Uniti, prime vittime di quell’esodo della disperazione e della speranza di migliaia che salgono dal Sud verso gli Stati Uniti, e tanti altri. Molti altri minori vivono in un limbo per non essere stati registrati alla nascita. Si stima che circa centocinquanta milioni di bambini “invisibili” non abbiano esistenza legale. Questo è un ostacolo per accedere all’istruzione o all’assistenza sanitaria, ma soprattutto per loro non c’è protezione della legge e possono essere facilmente maltrattati o venduti come schiavi. E questo succede».
Tra i fattori sottolineati dal Pontefice che calpestano i diritti c’è anche la pratica dell’aborto: «In nome di questa logica dello scarto, in cui l’essere umano si fa onnipotente, la vita nascente è sacrificata mediante la pratica omicida dell’aborto. L’aborto sopprime la vita dei bambini e recide la fonte della speranza di tutta la società». L’intensa giornata di lavori, organizzata dal Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale di Bambini, presieduto da padre Enzo Fortunato, prevede gli interventi dei cinquanta invitati. Parla la Regina Rania Al Abdullah di Giordania; il Premio Nobel per la Pace 2014 Satyarthi Kaylash; la senatrice a vita Liliana Segre; Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea (Bce); Al Gore, politico e ambientalista, ex vicepresidente degli Stati Uniti; Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale; la scrittrice Edith Bruck; Ahmed Naser Al-Raisi, presidente dell’Interpol; Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio dei Ministri; Máximo Torero, capo economista Fai; Megawati Sukarnoputri, quinta presidente dell’Indonesia; Arif Husain, capo economista World Food Programme; Miguel Benasayag, filosofo e psicanalista; Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli Affari economici e monetari. A questi si aggiungono il presidente della Fifa, Gianni Infantino, e il ministro dello Sviluppo sociale del Sudafrica, Nokuzola Gladys Tolashe, inviato speciale del presidente Kirill Ramaphosa, presidente del vertice del G20 del 2025.
«Il governo italiano è fortemente impegnato per contrastare la denatalità favorendo il lavoro delle donne madri che non devono essere penalizzate nel mondo del lavoro. È Inaccettabile che qualcuno dica: non puoi lavorare perché poi magari rimani incinta». Lo afferma Tajani. «Questo è un impegno forte anche a difesa della famiglia per riscoprire i valori della nostra società occidentale». Il Ministro degli Esteri evidenzia l’impegno dell’Italia per i bimbi del Medio Oriente provati dalla guerra: «Presto porteremo in Italia una trentina di bambini malati di tumore segnalatici dal cardinale Pierbattista Pizzaballa e dal Centro Giovanni XXIII, così come abbiamo fatto in passato con la nave Vulcano. Lunedì – annuncia – sarò al porto di Ashdod con due navi italiane che realizzano il progetto Food per Gaza».
Osserva Liliana Segre: «Tutti i bambini sono sacri e non vanno toccati. Disinteressarsi con indifferenza è molto colpevole. Tutti i bambini sono una cosa sacra e non vanno toccati per nessun motivo. Ho testimoniato la rinuncia e la vendetta al rancore. Non ho dimenticato e continuo a parlare di quanta violenza è capace l’umanità. Quando si lascia spazio all’odio si inquina la convivenza umana». Segre rammenta quanto odio ci sia attorno a lei: «Sono la donna più vecchia ad avere la scorta e la più insultata». Poi avverte: «Se parteggiassimo solo per alcuni bimbi dimenticando gli altri li tradiremmo; dalla Shoah nasce il riconoscimento per ogni violenza ingiusta». In tutta «la mia vita ho testimoniato la rinuncia all’odio e alla vendetta perché quando si lascia spazio all’odio si inquina la convivenza umana. Sono la donna più vecchia d’Europa ad avere una scorta e non ho fatto nulla». Nel 1938 «conducevo una vita tranquilla – racconta Segre ripercorrendo la sua vicenda – quando una sera di fine estate mi sentii dire che non avrei potuto più andare a scuola. Eravamo circondati da un’indifferenza che è peggio della violenza. Chiedo agli studenti di non voltarsi dall’altra parte, di fare una scelta».
Draghi invita a «proteggere i bambini. Sport, condivisione e amicizia sono i migliori antidoti contro l’indifferenza. L’educazione è il primo strumento per proteggerli. Investire nella scuola in modo intelligente è il primo atto di responsabilità per proteggere i propri figli. Amare e proteggere i bambini vuol dire proteggere il nostro futuro. I bambini sono speranza. I bambini sono le prime vittime delle guerre lo vediamo in Ucraina e a Gaza. Serve una pace che sia giusta». Draghi rimarca la necessità di «difendere il diritto dei bambini a essere ascoltati». È necessario «tutelare la protezione dei bambini, da Ucraina a Gaza a tutti gli altri conflitti armati. Dobbiamo cercare una pace stabile» perché «non possiamo lasciare ia nostri figli un mondo meno libero e democratico di quello ricevuto dai nostri padri». L’ex Premier riflette: «Proteggere i bambini significa essere pronti a cambiare i nostri atteggiamenti, come genitori e come nonni. E vuol dire essere pronti a cambiare i criteri delle scelte collettive, delle politiche pubbliche. Dobbiamo chiederci che impatto queste scelte avranno sui più piccoli, e se hanno il loro bene come obiettivo». Investire nella scuola, «in modo intelligente e lungimirante, è il primo atto di responsabilità per una società che intenda davvero amare e proteggere i propri figli. La scuola è lo strumento che ha lo Stato per assicurare a tutti una stessa base di partenza, soprattutto in età in cui i bambini sono particolarmente ricettivi agli stimoli a cui sono esposti. È per questo che, durante la pandemia, il Governo che ho avuto l’onore di presiedere ha dato la massima priorità alla riapertura in sicurezza delle scuole. E, ricordo, contro i pareri di molti scienziati. Ed è per questo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza investe negli asili nido e nel tempo pieno. Occorre continuare su questa strada, per dare ai giovani le competenze necessarie per affrontare le grandi transizioni che stiamo vivendo e che influiranno in modo decisivo sul loro futuro».
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