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Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6237 del 12 luglio 2024, ha respinto l’appello proposto da un Comune contro la sentenza del Tar che aveva accolto il ricorso contro la sua decisione di negare una proroga del permesso di costruire un fabbricato a destinazione residenziale, per difetto della firma del direttore dei lavori in calce alla richiesta e dell’attestazione di conformità degli interventi da realizzare agli atti di pianificazione comunale vigenti, con conseguente sospensione dei lavori per incompletezza documentale della comunicazione di inizio lavori.
Proroga del permesso di costruire negata: il caso
Il Tar aveva rilevato che sussistevano i presupposti per la concessione della proroga richiesta, incombendo sul Comune, e non sul richiedente, l’obbligo di verificare la conformità urbanistica di quanto in corso di realizzazione, procedendo, in caso negativo, alla comunicazione del preavviso di diniego.
Il Consiglio di Stato ha condiviso le argomentazioni del Tar e ritenuto infondati tutti i motivi dell’appello del Comune, richiamando l’art. 30, comma 3, del decreto-legge n. 69/2013, laddove dispone che “salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all’entrata in vigore del presente decreto purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell’interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati“.
I presupposti per il rilascio della proroga
La norma prevede chiaramente che l’istanza di proroga deve provenire dal “soggetto interessato”, ovvero il titolare del permesso di costruire, senza ulteriori specificazioni. L’eventuale difetto dei presupposti per il rilascio della proroga doveva determinare l’adozione della preventiva comunicazione delle ragioni ostative ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, acquisendo e valutando le controdeduzioni dell’interessato.
Invece, l’amministrazione si era limitata a negare l’operatività della proroga per la mancata sottoscrizione del direttore dei lavori, senza peraltro comunicare all’interessato l’esistenza delle ragioni ostative riscontrate e senza nemmeno richiedere – in un’ottica di leale collaborazione – l’eventuale integrazione della comunicazione trasmessa.
L’illegittimità dell’agire amministrativo sta nell’omessa attivazione in via autonoma del procedimento di controllo volto ad accertare che il titolo edilizio oggetto di proroga fosse rispondente alle disposizioni urbanistiche vigenti. Occorreva procedere ad un contraddittorio procedimentale per vagliare l’istanza di proroga del permesso di costruire.
Le caratteristiche essenziali di una proroga del permesso di costruire
Quanto alla contestata non conformità della realizzazione alla disciplina urbanistica sopravvenuta, l’istanza di proroga di 11 mesi conteneva una puntuale indicazione delle ragioni oggettive che hanno determinato un ritardo nella realizzazione dell’intervento autorizzato, cioè la necessità di realizzare un fabbricato conforme agli standard più evoluti dell’edilizia sostenibile, con conseguente maggiore complessità delle fasi di progettazione, con riferimenti specifici alle caratteristiche tecnico-costruttive dell’opera. Pertanto possedeva tutte le caratteristiche essenziali e sostanziali di una ordinaria domanda di proroga ex all’art. 15 del dpr n. 380/2001 che, a differenza dell’art. 30, comma 3, del decreto-legge n. 69/2013 non prevede l’ulteriore verifica della conformità anche alla disciplina sopravvenuta.
Infatti, l’art. 15 del dpr n. 380/2001 prevede la decadenza del titolo edilizio non tempestivamente eseguito facendo, tuttavia, salva la possibilità di proroga che l’amministrazione può concedere in presenza di “fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori“. L’art. 30, comma 3, disciplina invece una ipotesi di proroga automatica a semplice richiesta e per un periodo di 2 anni. L’esistenza di eventuali cause ostative alla concessione della proroga doveva essere rappresentata in via preventiva al richiedente ricorrendo allo strumento del preavviso di diniego.
Irrilevante per il Consiglio di Stato è, infine, il richiamo alla disposizione di cui al comma 4 dell’art. 15, laddove dispone che “il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio“. Nel caso di specie, i lavori erano stati iniziati e la verifica della tempestività del loro completamento presuppone la definizione del procedimento di proroga cui l’amministrazione è tenuta, nel rispetto degli adempimenti precedentemente omessi.
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