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A luglio è stata pubblicata la direttiva sulla Due diligence, che regola appunto il dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. Proviamo a fare chiarezza: di cosa si tratta e quali sono i soggetti interessati?
Volendo analizzare la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, è importante fare chiarezza, innanzitutto, sulla finalità di tale normativa anche alla luce del fatto che negli ultimi anni sono state emesse in Unione Europea diverse norme che pongono l’attenzione sullo sviluppo sostenibile e sulla sostenibilità delle organizzazioni. Si pensi, innanzitutto, alla direttiva di dicembre 2022 che modifica in misura rilevante il tema della rendicontazione societaria di sostenibilità e al correlato regolamento del 2023 che disciplina i principi europei di rendicontazione di sostenibilità.
Va sottolineato che, a differenza della normativa europea, che ha come obiettivo la promozione della sostenibilità attraverso la comunicazione di dati e informazioni, questa direttiva impone alle imprese obblighi in termini di misure e azioni da attuare per garantire il rispetto dei diritti umani e ambientali.
Le norme stabilite dalla direttiva Due Diligence
Vediamo meglio di cosa si tratta: la direttiva Due Diligence stabilisce norme che riguardano:
- obblighi rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle proprie attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività svolte dai loro partner commerciali nelle catene di attività di tali società;
- responsabilità delle violazioni di tali obblighi;
- obblighi che incombono sulle società di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Ecco allora che diventa fondamentale fare chiarezza:
Cosa si intende con le espressioni “impatti negativi sui diritti umani”? “Impatti ambientali negativi”? Ma anche “catene di attività”?
Partiamo proprio da quest’ultimo aspetto: va detto che leggendo solo l’ambito di applicazione della direttiva (ad esempio società con più di 1000 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 450 milioni di euro), potremmo non cogliere il fatto che la platea di soggetti coinvolti è molto più ampia proprio in relazione al concetto di “catene di attività” che, in estrema sintesi, riguarda partner commerciali a monte di una società che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, e che svolge attività inerenti produzione di beni o prestazione di servizi da parte di tale società (ad esempio fornitura materie prime) e anche partner commerciali a valle di una società che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva (ad esempio soggetti che svolgono attività di trasporto dei prodotti della società).
La condotta d’impresa responsabile si attua in sei fasi
Il processo di attuazione del dovere di diligenza previsto dalla direttiva dovrebbe comprendere le sei fasi definite dalle linee guida per la condotta d’impresa responsabile, e cioè:
1) l’integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione;
2) l’individuazione e valutazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi;
3) prevenzione, arresto o minimizzazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente;
4) monitoraggio e valutazione dell’efficacia delle misure;
5) comunicazione;
6) riparazione.
Quali obblighi derivano dalla Due diligence alle imprese?
Nel prossimo episodio avremo l’occasione per entrare nel merito dei principali obblighi che derivano da questa direttiva e che riguardano proprio le sei fasi citate.
Da ultimo, un cenno ai tempi di recepimento della direttiva: gli Stati membri sono chiamati a dare attuazione a questa direttiva attraverso opportune disposizioni legislative entro il 26 luglio 2026.
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