Nel villaggio ai limiti del deserto. Storia di un incontro fantastico

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C’era una volta un villaggio sperduto ai limiti del deserto, dove ogni giorno si teneva un grande mercato che attirava migliaia di persone, anche da molto lontano. Si vendeva e si comprava di tutto, dai tessuti ai cordami, dai coltelli alle spezie, dai pesci alle galline. Per non parlare degli ortaggi e della frutta, dei formaggi, del pane, del miele e delle noci. I mercanti erano quasi sempre gli stessi. A volte apparivano dei visi nuovi, che il più delle volte vendevano elisir di lunga vita o sciroppi della felicità a cui nessuno credeva. O magari poteva capitare un nuovo venditore di candele o di babbucce, come se non ce ne fossero già molti. Oppure accadeva di trovare all’angolo della piazza un cantastorie, che strimpellando uno strumento fatto a mano con due pezzi di legno e qualche budello di animale, raccontava di leggende antiche… Il principe Rajad-Haim, che perse tutti i suoi averi per amore di una donna… Il mago Barumani, capace di trovarsi in tre posti diversi nello stesso momento, che si sposò con tre sorelle, una sorda, una cieca e una muta… La bellissima e infelice regina di Kahlimala, che sul momento di suicidarsi scoprì di essere innamorata dell’ultimo dei suoi servi… Storie che struggevano il cuore, anche se in certi momenti facevano sorridere e in altri indignare. In questo grande mercato ai limiti del deserto, apparve un giorno all’angolo della piazza un individuo davvero singolare. Era un vecchio magro magro, con una lunga barba bianca e due occhi così buoni che mettevano quasi in imbarazzo chi incontrava il suo sguardo. Non vendeva babbucce o tessuti, e nemmeno galline. Non aveva un banco, all’apparenza non aveva nulla da vendere.

Stava seduto per terra con dignità, accanto a una bisaccia sporca e mezza vuota, e si offriva di ascoltare le storie degli altri, chiunque fosse e qualsiasi cosa avesse da raccontare. Nessuno prima di lui aveva mai fatto una cosa del genere, e per qualche tempo fu guardato con una certa diffidenza. Poi un giorno una ragazza infelice decise di confidarsi con il vecchio, e lui la ascoltò per ore ed ore, con gli occhi chiusi, tenendo la piccola mano di lei nelle sue mani grandi e rugose come un passerotto nel nido. Quando la ragazza finì il suo racconto, il vecchio frugò nella sua bisaccia e le mostrò una minuscola scatolina di argento.

“L’infelicità è una condizione innaturale, è il buio che non sappiamo illuminare. Dio ci ha creati felici, ma possono capitare delle temporanee sconfitte. Qua dentro è contenuto ciò che serve a sconfiggere l’oscurità” disse il vecchio. La ragazza era incerta. “È una magia?” chiese, leggermente inquieta. “Nessuna magia. Ogni scelta e ogni decisione sono già dentro di te, ma a volte restano celate nel buio, per questo non riesci ad afferrarle e sprofondi nello sconforto. Basta un po’ di luce… Ecco, prendila… Nessun altro può usarla. Solo alcune persone, come te, possono trarne beneficio.” “Non ho soldi per pagarvi, sono povera” disse la ragazza con tristezza. “Pagami con una ciocca dei tuoi bei capelli, la terrò per ricordo di te” disse il vecchio. La ragazza si tagliò una ciocca di capelli e la diede al vecchio, che la ripose nella sua bisaccia. Poi la ragazza prese la scatolina e la nascose nelle pieghe delle vesti. “Anche voi rimarrete sempre nei miei pensieri. Siete la prima persona che mi abbia veramente ascoltata” disse. “Devi promettermi di usare ciò che ti ho dato nel migliore dei modi, seguendo la bontà e la bellezza.” “Ve lo prometto. Vorrei almeno ringraziarvi nelle mie preghiere, ma non conosco il vostro nome.” “Mi chiamo Batharuf. E il tuo nome qual è?” “Amani.” “Addio, bella Amani. Che l’infelicità fugga da te per sempre.” “Addio Batharuf, che Dio sia sempre con voi.” Si sfiorarono le mani come ultimo saluto, poi si separarono. La ragazza tornò a casa, un tugurio ai margini del villaggio dove viveva con sua mamma e sette fratelli più piccoli. Suo padre se n’era andato da tempo e li aveva lasciati in miseria. Ma l’infelicità di Amani non aveva a che fare con la miseria o con il padre che aveva abbandonato la famiglia, cose alle quali ormai si era rassegnata. Come spesso accade, era colpa dell’amore. Ciò che poteva rendere felici, era capace di far sprofondare nell’infelicità. Amani aveva raccontato al vecchio la sua storia: era innamorata di un giovane principe di nome Fatruk, e il giovane principe era innamorato di lei, ma per la distanza che li separava non potevano unirsi in matrimonio.

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Saldo e stralcio

 

1-continua



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