Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita:«Ho 79 anni e anche io sono anziano. Dobbiamo capire che il nostro tempo è prezioso, mentre spesso siamo noi a farci da parte». Lunedì, nella parrocchia di San Pietro in Sala, presenta il suo libro«Destinati alla vita»
Di vecchiaia spesso si parla solo dal punto di vista medico o demografico. Il nuovo libro di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sfida a ripensarla e progettarla come età tempo di crescita interiore e che va riempita di tante attività. Se ne parlerà lunedì 20 gennaio alle 20.45 a Milano, alla Parrocchia di San Pietro in Sala, alla presentazione del suo nuovo libro «Destinati alla vita» (Ed. San Paolo). L’autore dialogherà con il saggista e psicoanalista Massimo Recalcati, con la moderazione di Elisabetta Soglio, responsabile di Corriere Buone Notizie. E sarà anche l’occasione per presentare le origini della legge sul tema approvata dal governo Meloni nel 2023, alla cui progettazione e stesura monsignor Paglia ha partecipato.
Monsignor Paglia, da anni lei si batte perché alla vecchiaia non si pensi più come «un’età di scarto, un tristissimo tramonto», ma come un tempo preziosissimo, per se stessi e per gli altri. Cosa intende?
«La vecchiaia, l’età anziana, è tempo da spendere per se stessi e per gli altri, per trasmettere l’esperienza di una vita vissuta e ancora lontana dal venire conclusa. In Italia abbiamo 14 milioni di persone over 65. Tantissimi sono in ottima salute e possiamo vivere, grazie ai progressi della medicina, molti ma molti anni. È un tempo prezioso. Per noi stessi – anche io sono anziano! – e per metterci a disposizione delle famiglie, dei nipoti, o anche della società. Non è un’età di scarto. Forse noi stessi anziani lo pensiamo, qualche volta, ma è un’idea da contrastare. È un’età nuova e va riempita di attività e di riflessione. È il tempo degli anziani!»
Cambiare prospettiva di pensiero, però, non è semplice. Nel libro lei spiega che «gli uomini e le donne di questo tempo non sentono più il tema grave della destinazione: né di quella personale, né di quella dei popoli, né di quella dell’intera umanità. E quindi non “aspettiamo” più nulla, schiacciati come siamo in un presente, in un oggi, senza più domani». Ci si rassegna al morire quindi?
«Morire fa parte della vita. Come diceva l’antica sapienza greca: una persona quando nasce è già abbastanza vecchia per morire. Ma la destinazione finale per noi cristiani non è la morte. In realtà le religioni in genere sono concordi nel ritenere che la morte non è la fine ma un passaggio. La fede cristiana – è il dono della rivelazione – ci dice che la morte è certo una realtà penultima e che le “destinazione” è la “risurrezione della carne e la vita del mondo che verrà”. Insomma la risurrezione della “carne”: è a dire che dopo la morte saremo “risorti” ma ancora umani”. Quella è la realtà ultima cui guardare. È la nostra società del consumo, del benessere, del tutto-e-subito, dell’idolatria dell’ego e dell’egoismo, che vuole farci pensare ad un benessere immediato. Non ci riempiamo di oggetti, di “cose”, ma piuttosto riempiamo l’esistenza di affetti, di relazioni, di rapporti interpersonali, di pensieri. È il grande insegnamento della sapienza cristiana e della sapienza umana: la vita va vissuta in ogni epoca, in ogni età. Perché questa vita sarà risorta».
Guardiamo alla nostra città: a Milano negli ultimi 47 anni, indipendentemente dai flussi migratori, i neonati sono stati, ogni anno, in media 3.606 in meno rispetto ai deceduti. Oggi gli over 70 sono circa 241 mila (quasi un abitante su 6). Come potrebbero essere protagonisti attivi della società cittadina?
«Papa Francesco nel 2022 ha dedicato una serie straordinaria di catechesi del mercoledì all’età anziana. Ha usato dei personaggi e delle figure bibliche, a partire dai Patriarchi, per illustrare come in ogni età ci sia la possibilità di un protagonismo attivo. Le ripeto: siamo noi anziani che dobbiamo contrastare l’idea di sentirci scartati e fuori gioco. C’è tanto da fare. E se la società nel suo insieme non sa trovare uno spazio per le persone anziane, siamo noi a dovercelo inventare! Sa cosa mi ha detto una volta una signora a Roma, nel popolare quartiere di Trastevere, oggi regno dei turisti? Mi ha detto: “Don Vincenzo, ho capito perché il Signore mi fa vivere di più anche senza un lavoro fisso. Vivo di più per pregare per la pace. Ogni giorno prego per un paese del mondo”. Usava la carta geografica, la dispiegava davanti a sé e pregava, ogni giorno per una nazione diversa. Ecco un piccolo e meraviglioso esempio di mettersi a disposizione!».
La politica locale come dovrebbe rispondere a questo popolo sempre più numeroso? La scienza ci fa vivere 20-30 anni di più, scrive lei, ma la società esclude gli anziani
«Certo, lo “scarto” delle persone anziane è sempre in agguato. La politica in senso ampio deve rispondere. La legge 33/2023 lo fa, disegnando un nuovo sistema di assistenza, basato sull’idea che le persone anziane vanno accudite a casa propria, attivando una capillare ed efficace rete di assistenza. La sperimentazione sta partendo a Roma e tra poco anche a Milano. Si tratta di attuare l’assistenza domiciliare socio-sanitaria integrata e continuativa. Perché nessun anziano sia lasciato solo. Iniziamo con della sperimentazioni che via via si estenderanno fino a coprire l’intero territorio. L’intera società deve essere coinvolta: le strutture amministrative sanitarie, quelle sociali, il terzo settore, il volontariato, con l’aiuto della telemedicina, di centri diurni polivalenti, di nuovo personale, e così oltre. E non dobbiamo dimenticare che molti volontari debbono essere gli stessi anziani che sono in buona salute. E c’è una frontiera che deve essere percorsa, quella del co-housing, ossia piccoli gruppi di convivenza e non solo di anziani».
Gli over 65 sono la fetta della popolazione con più risorse e patrimonio. Si va sempre più tardi in pensione e i trentenni accusano i predecessori di vivere alle loro spalle con condizioni lavorative più precarie. C’è un pericolo di conflitto tra generazioni?
«Tutt’altro che conflitto! C’è oggi un bisogno di dialogo forte tra le generazioni. Siamo un Paese nuovo dove per la prima volta la vecchiaia di massa fa convivere giovanissimi, giovani, adulti e anziani. È sorto come un palazzo di 4 piani, e dobbiamo avere a cuore che ci siano scale ed ascensori per un vero dialogo. La Chiesa ha da due anni la Giornata dei Nonni e degli Anziani perché ci dice che il patrimonio di vita e di esperienza non deve andare perduto».
Tre anni fa in una conferenza a Milano, lei sottolineava come lo Stato spenda miliardi per mantenere anziani nelle residenze per anziani e destini molte meno risorse alle famiglie che assistono gli anziani non autosufficienti a casa. Un’ingiustizia che permane o si sta facendo qualcosa?
«Come dicevo, la Legge 33 ridisegna completamente il modello di assistenza che abbiamo avuto finora. Le residenze resteranno, ma debbono essere temporanee e visitabili. E sono invitate dalla legge a trasformarsi anche in centri diurni avendo altresì l’assistenza domiciliare. I calcoli che abbiamo fatto ci dicono che questa assistenza domiciliare socio-sanitaria, fa stare meglio e fa risparmiare tanto denaro, anche perché, perché, ad esempio, evita i “Pronto soccorsi” che sono dispendiosi e dannosi.
Anche l’età media dei consacrati cresce: nella Diocesi di Milano un terzo dei sacerdoti ha più di 75 anni. Come cambieranno le nostre parrocchie?
«Le parrocchie sono già cambiate. Da poco abbiamo pubblicato un’indagine a cura della Fondazione Età Grande dedicata agli anziani. Ebbene abbiamo verificato un dato che già conoscevamo, a grandi linee. L’indagine lo ha messo nero su bianco: in ogni diocesi italiana, abbiamo un sacerdote o un operatore dedicato alla pastorale dei giovani. Non c’è una figura pastorale dedicata alla pastorale per gli anziani. Dobbiamo inventarla. Ecco, direi, basterebbe partire da qui».
Papa Francesco ha 88 anni ed è una figura molto amata in tutto il mondo, non solo dai cristiani. Non è semplice alla sua età esercitare il suo mandato. Pensa che potrebbe decidere di farsi da parte come Papa Benedetto XVI?
«I nostri Papi di questo secolo – sono già tre! – danno una straordinaria testimonianza, corale e coerente, di come si possa vivere da anziani al servizio della Chiesa e del mondo. Da parte mia non finisco di ammirarli e quanto al futuro del Pontificato, lasciamo che sia Papa Francesco a sorprenderci ancora e sempre! Non credo comunque all’ipotesi del ritiro».
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