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Posta Elettronica Certificata per il Presidente della Regione Siciliana

Egregio Presidente Schifani,

le scrivo – tramite Posta Elettronica Certificata – nella speranza che lei, o chi per lei, legga questa mia lettera e prenda tutti i provvedimenti del caso.

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Manderò questo mio scritto anche ai giornali, nella speranza che i loro lettori riflettano su quanto sto denunciando pubblicamente, pur senza svelare chissà quale arcano mistero o profondo segreto.

Già, perché non sto scrivendo proprio niente di nuovo. Anzi. Voglio solo porre l’attenzione sullo stato di abbandono e di degrado nei quali versano le strade siciliane. Le ho definite strade, ma sarebbe più corretto chiamarle con il loro nome: trazzere.

Io sono Palermitana, come lei. Almeno di nascita. Cinque anni fa mi sono trasferita nel paese delle mie origini, però. Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. Chissà se lei ne abbia mai sentito parlare. E non per episodi di cronaca che qui, come a Palermo del resto, si sprecano… ma per le meraviglie e le potenzialità di un luogo che potrebbe davvero – come si dice spesso di tutta la Sicilia – vivere di turismo. Eppure, non lo fa.

Sono una giornalista professionista e una scrittrice ma, da quando vivo qui, ho fatto di tutto pur di mantenermi: commessa, banconista, operaia, postina, panificatrice, operatrice di call center. Adesso lavoro come copywriter per un’azienda di Scicli, in provincia di Ragusa, ed è per questo motivo che le scrivo.

Non per parlarle del mio lavoro, no. Ma per raccontarle cosa significa percorrere 40 km nell’arco di un’ora. Cosa significa partire da casa un’ora e mezza prima dell’inizio della giornata di lavoro e tornare quando è buio pesto. Il tutto a mio rischio e pericolo. E devo ringraziare i miei attuali datori di lavoro perché, pur di avermi nella loro azienda e venire incontro alle mie esigenze, mi consentono di lavorare in smartworking con un computer portatile aziendale.

Ciò nonostante, due giorni a settimana devo recarmi in sede e, come le scrivevo prima, lo faccio davvero a mio rischio e pericolo. Non c’è alcun collegamento autostradale, o quasi, tra la provincia di Siracusa e la provincia di Ragusa. E le strade che percorro io sono delle provinciali e delle statali che sembrano state bombardate durante la Seconda Guerra Mondiale e dimenticate lì. Dimenticate “da Dio e dai Santi”, si dice. Dimenticate dall’amministrazione e dalla politica, dico io.

Avrei potuto cercare chi, almeno sulla carta, è responsabile di pseudo collegamenti viari come la Strada Provinciale 90 o la Strada Statale 115… tanto per citarne un paio. Avrei potuto scrivere all’Anas per denunciare la discutibile gestione della E45. Avrei potuto inondare di PEC tutta la Regione Siciliana, come ho già fatto in passato. Ma la verità, Presidente, è che sono stanca.

Sono stanca di parlare al vento, sono stanca di passare sempre per la rompiscatole di turno (ché, poi, i miei “turni” rappresentano tutto il mio passato e anche il mio presente), sono stanca di mettere nero su bianco ciò che sanno già tutti ma che non hanno il coraggio di denunciare pubblicamente.

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Allora lo faccio io, Presidente, per l’ennesima volta. Ma sono stanca. E ho anche paura, sa? Sì, ho paura perché sabato 8 febbraio dovrò recarmi a Castelvetrano, in provincia di Trapani, per una presentazione del mio secondo libro e so che, da Palazzolo Acreide, dovrò mettermi in viaggio almeno quattro ore prima per arrivare a destinazione in tempo. Pensi che persino gli organizzatori del Palmosa Fest di Castelvetrano hanno paura, tanto da avermi offerto alloggio per la notte tra l’8 e il 9 febbraio. Non vogliono che percorra la strada di ritorno al buio, perché rischierei davvero la vita. E per che cosa, poi?

Ancora, nel 2025, sento parlare di Ponte sullo Stretto di Messina. Opera alla quale sono contraria. Per svariate ragioni. Ma, se proprio devo dirgliene una, eccola. Anzi, eccole: gliene dico tre. A cosa mi servirebbe raggiungere la Calabria, dalla Sicilia, in un quarto d’ora se, poi, impiego un’ora per percorrere i 40 km di distanza che ci sono tra il Comune in cui sono domiciliata e quello in cui lavoro? A cosa mi servirebbero questi famigerati 15 minuti se, poi, per andare a una presentazione del mio secondo libro, devo trascorrere una notte fuori casa prima di fare rientro? A cosa mi servirebbe un’infrastruttura tanto avveniristica quanto inutile – almeno dal mio punto di vista – se, poi, mi occorrono almeno tre ore per tornare a Palermo, ogni tanto, partendo da Palazzolo Acreide?

Non sono domande retoriche le mie, Presidente. Vorrei tanto che lei, o chi per lei, mi rispondesse. Ma, soprattutto, vorrei tanto non dovermi più vergognare della mia terra. Nella quale io ho deciso di rimanere a vivere e lavorare dopo l’Università. Nonostante tutto. Nonostante tutti. Ma sono stanca e ho paura. E non so per quanto tempo, ancora, potrò resistere in queste condizioni…

 Barbara Giangravè



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