«Perplessi sullo scudo penale. Separazione delle carriere? Il governo si sta vendicando»

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Il leader delle toghe conservatrici: «La riforma della giustizia è ipocrita e punitiva». Il ddl Sicurezza introduce nuovi reati, ma «non è un metodo per risolvere i problemi»

«Fortemente discutibili dal punto di vista tecnico» è la valutazione di Claudio Galoppi, segretario nazionale del gruppo conservatore di Magistratura indipendente e giudice della corte d’appello di Milano. I toni sono pacati, ma la posizione è netta su tutte le riforme in discussione in questo momento, dall’ipotesi di scudo penale fino alla separazione delle carriere, che giovedì 16 gennaio è stata approvata dalla Camera in prima lettura e che il governo punta ad approvare entro il 2026.

Il ministro Nordio sta elaborando una modifica al Codice di procedura penale che prevede uno scudo per le forze dell’ordine, che dovrebbe ritardarne o escluderne l’iscrizione nel registro degli indagati. Da tecnico, è una via percorribile?

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Per cultura sono liberale e garantista, dunque ho sempre molte perplessità quando si parla di deroghe ai principi generali dell’ordinamento, come in questo caso l’uguaglianza davanti alla legge. Dico chiaramente che bisogna essere molto cauti, perché toccare questi pilastri può determinare conseguenze imprevedibili.

L’origine dell’iniziativa di riforma è la tesi secondo cui le forze dell’ordine si sentirebbero limitate negli interventi a causa di eventuali procedimenti penali.

Sicuramente le forze dell’ordine devono essere messe in condizione di svolgere il lavoro con serenità, ma dentro le regole stabilite dalla legge. Sono molto chiaro: eventuali indagini per abusi devono essere svolte senza pregiudizi e con obiettività, ma dentro il perimetro attuale dell’ordinamento. Ecco, mi piacerebbe che questo dibattito venisse ricondotto a principi liberali e democratici.

L’altro dossier che interessa la giustizia è il ddl Sicurezza, che contiene l’introduzione di una ventina di nuovi reati. Necessari?

Io non credo che la soluzione ai problemi della sicurezza sia quella di ricorrere al panpenalismo, ovvero all’introduzione di nuovi reati. Sono rispettoso della volontà del parlamento che è sovrano e delle scelte del governo e non mi compete giudicare, ma l’esperienza ci ha insegnato che la repressione penale non è il metodo più efficace per risolvere le emergenze.

Infine la riforma costituzionale della separazione delle carriere, che stravolge la magistratura e ha già ottenuto il primo via libera. Voi, come del resto tutti i gruppi associativi, siete fortemente critici. Perché?

Perché la separazione prevista da questa riforma è ipocrita e discutibile dal punto di vista delle soluzioni scelte. Ipocrita perché a oggi i magistrati che cambiano funzione sono l’1 per cento del totale e la riforma Cartabia ha ridotto la possibilità di farlo a una volta in carriera. Discutibile perché crea un corpo di pm totalmente separato dalla funzione giudicante e governato da un Csm distinto che rischia di accentuarne il carattere di corporazione, rendendoli autoreferenziali. L’effetto è quello di un’eterogenesi dei fini: così si accrescerà il potere dei pm.

L’altro tassello è quello del sorteggio per scegliere i consiglieri togati. Secondo il governo, solo così si ridurrà lo strapotere delle correnti.

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L’eliminazione dell’elettorato attivo con il sorteggio è totalmente incompatibile con qualsiasi logica meritocratica e di rappresentatività. Ha una sola spiegazione razionale: una sfiducia costituzionalmente manifestata nei confronti della magistratura. Ecco perché, nella sua globalità, questa è una riforma discutibile dal punto di vista tecnico ed espressione di una volontà di vendetta punitiva del governo nei confronti della magistratura.

Cosa non sta facendo il governo?

Sta perdendo l’occasione di affrontare i veri problemi che impattano sui cittadini: l’efficienza e la qualità. Questo doveva essere al centro dell’attenzione del legislatore, e noi come gruppo abbiamo avanzato molte proposte per far funzionare meglio gli uffici, come la stabilizzazione dell’ufficio del processo. Con il Pnrr sono stati introdotti strumenti che si stanno rivelando molto utili, ma il governo, invece di lavorare per stabilizzarli, sta sconquassando il sistema. Di qui la nostra forte perplessità.

L’Anm sta valutando di manifestare il dissenso durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Condivide?

No, Magistratura indipendente è contraria. L’apertura dell’anno giudiziario è un momento di solennità istituzionale che non va trasformato in una manifestazione di piazza in cui fare sceneggiate. A fine mese si insedierà il nuovo comitato direttivo centrale, e il nostro contributo sarà quello di favorire una riflessione unitaria per manifestare pubblicamente il nostro dissenso motivato, ma nelle forme corrette.

Voi e il gruppo progressista di Area avete trovato inedite convergenze dentro il Csm. Sarà così anche in vista della nuova Anm?

Noi non siamo ideologici e siamo convinti che i punti di incontro si costruiscono sui contenuti. Ci confronteremo sulle priorità della giustizia e delle riforme, e, se i saranno le condizioni per una gestione unitaria della prossima giunta, noi siamo assolutamente disponibili. Ci confrontiamo con lealtà con il governo, a maggior ragione lo facciamo dentro la nostra categoria.

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