Campagna per le presidenziali in Polonia, Tusk censura gli avversari

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Le elezioni presidenziali in Polonia si terranno il 18 maggio e la lunga campagna elettorale è iniziata ufficialmente due giorni fa, il 15 gennaio. Se i polacchi non eleggeranno il presidente al primo turno, il secondo turno si terrà l’1 giugno. Una singolare coincidenza temporale con la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, durante la quale il premier polacco Donald Tusk farà di tutto per uscire vincitore in patria. Già adesso Tusk, nel silenzio-assenso delle istituzioni europee, tenta di imbavagliare mass media vicini ai candidati delle opposizioni e vuole addirittura l’arresto dell’ex premier e attuale leader dei Conservatori e riformisti europei, Mateusz Morawiecki. A Bruxelles conoscono la differenza tra Caracas e Varsavia?


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La vittoria sarebbe importantissima per la Coalizione Civica al governo, poiché consentirebbe a molte delle proposte legislative di non essere più bloccate dal veto di un presidente dello schieramento opposto, come l’attuale cattolico Andrzej Duda. Secondo un recente sondaggio, il candidato di Tusk, l’attuale sindaco di Varsavia, Rafał Trzaskowski, abortista e promotore dell’ideologia Lgbt, sarebbe in vantaggio nelle preferenze degli elettori. Al secondo posto si trova Karol Nawrocki, sostenuto dal partito conservatore e d’ispirazione cattolica, Diritto e Giustizia (PiS); poco più indietro il giovane Slawomir Mentzen, cattolico praticante e patriottico, del partito di destra Konfederacja.


Al primo turno si sfideranno un totale di 11 candidati. Oltre a Rafał Trzaskowski (Coalizione Civica), Karol Nawrocki (sostenuto da Diritto e Giustizia) e Sławomir Mentzen (Konfederacja), sono candidati anche l’attuale presidente della Camera dei deputati, Szymon Holownia (Terza Via), Magdalena Biejat (Nuova Sinistra), Marek Jakubiak (Wolni Republikanie), Marek Woch (Bezpartyjni Samorządowcy), Romuald Starosielec (Ruch Naprawy Polski), Piotr Szumlewicz (Związekkowa Alternatywa), Adrian Zandberg (Razem) e Katarzyna Cichos (Platforma Rozwoju Polski).


Karol Nawrocki e Slawomir Mentzen sono entrambi sostenitori dei principi non negoziabili, dalla difesa della vita alla libertà religiosa e di educazione e si opporrebbero, così come ha fatto sinora Duda, a qualunque tentativo promosso dalla maggioranza di centrosinistra di vandalizzare la civiltà, identità, cultura e società polacca. In particolare Duda ha posto il veto su un disegno di legge che mirava a liberalizzare l’accesso alla pillola del giorno dopo e ha anche giurato di porre il veto a qualsiasi tentativo di ammorbidire la legge polacca sull’aborto: una mossa che alla fine non ha dovuto compiere perché il parlamento stesso ha votato contro l’emendamento previsto. Duda ha difeso il sistema giudiziario polacco dai tentativi illiberali di Tusk di occuparlo e ha graziato diversi politici ed ex ministri dei governi precedenti dalle vendette sommarie promosse dall’attuale esecutivo.


Molto probabilmente, nel caso uno dei due candidati cattolici e conservatori si trovasse al ballottaggio, l’altro lo sosterrà anche se i due partiti, duole ammetterlo, avrebbero dovuto trovare l’intesa su un unico candidato comune, così da confermare sin dal primo turno un cattolico sincero e capace alla presidenza del Paese. La candidata della sinistra di governo, Magdalena Biejat, che potrebbe sostenere al secondo turno Trzaskowski, condivide con lui non solo le idee Lgbt e abortiste ma si è fatta anche promotrice di una richiesta formale all’esecutivo perché la Polonia prenda in considerazione una chiusura temporanea del social network X, dopo averne già discusso nei giorni scorsi con il vicepremier e ministro dello Sviluppo digitale, Krzysztof Gawkowski, suo collega di partito.


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Una vera e propria censura preventiva nel periodo elettorale per poter manipolare e condizionare meglio il voto dai canali pubblici televisivi e radiofonici del Paese. Lo stesso Gawkowski – a dimostrazione di come la tentazione di vincere facile, imbavagliando l’opposizione, faccia parte del bagaglio comunista ancora ben presente nell’indole della sinistra europea – ha proposto di revocare la licenza a una stazione televisiva conservatrice, dopo che uno dei suoi spettatori aveva minacciato di morte il direttore di un ente di beneficenza. Il canale in questione, Telewizja Republika, fortemente critico nei confronti del governo e sostenitore del partito di opposizione Diritto e Giustizia (PiS), sarebbe la prima emittente di un Paese democratico a dover ‘rispondere’ delle opinioni dei suoi ascoltatori.


La compiacenza della Commissione europea verso la coalizione di governo guidata da Tusk è vergognosa. Ancor più da quando ieri, 16 gennaio, al parlamento polacco è stata recapitata la richiesta di incriminazione da parte del procuratore generale Adam Bodnar (il Saint-Just di Tusk) verso Mateusz Morawiecki, eletto presidente dei Conservatori europei il 14 gennaio: Morawiecki è stato raggiunto dalla richiesta di incriminazione, previo voto contrario all’immunità, a seguito di indagini, ancora in corso, relative al voto postale delle elezioni del 2020. Dopo le scandalose affermazioni di Thierry Breton e l’evolversi degli avvenimenti in Romania, ciò che sta accadendo a Varsavia per mano di Tusk nei confronti delle opposizioni e nel tentativo di manipolare il risultato elettorale del prossimo maggio, anche con l’interferenza elettorale del prezzolato presidente ucraino Zelensky, a favore di Trzaskowski, è semplicemente inammissibile.




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