“Basta panchine servono servizi, non troviamo case”

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


Un lavoro impegnativo, fatto con competenza e sensibilità, costante e che pure rischia di fare notizia solo nei “giorni comandati”, il 25 novembre o l’8 marzo, oppure in concomitanza di tragici fatti di cronaca. Ma il lavoro delle donne del centro antiviolenza Telefono rosa, come degli altri attivi sul territori, del resto, non si ferma mai: 370 le donne che hanno chiesto aiuto per uscire da una situazione di violenza solo a Treviso, nel 2024. Non tutte, però, hanno, poi, proseguito nel loro percorso di allontanamento dalla violenza, e sono state circa 255 le persone prese in carico, “soprattutto italiane – sottolinea la presidente del Telefono rosa di Treviso, Maria Stella Di Bartolo -, perché vorrei che passasse il messaggio che si tratta di un fenomeno complesso e trasversale”.

I contatti arrivano in ogni modo possibile, al telefono, tramite whatsapp, oppure attraverso gli accessi al Pronto soccorso, le segnalazioni di servizi sociali, delle forze dell’ordine o dei medici di medicina generale: “Si tratta di un lavoro continuo – chiarisce Di Bartolo -, in caso di urgenza, ci muoviamo subito per mettere in sicurezza la persona, se non c’è l’urgenza dell’incolumità fisica, iniziamo con i colloqui del nostro personale formato: avvocate, psicologhe, professioniste che possono dare sostegno in tanti frangenti diversi”.

Necessità di formare e informare, il lavoro con le scuole. La comunicazione e l’attività di informazione avvengono soprattutto nelle scuole.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

“La risposta dei ragazzi è spesso positiva, sono attenti ai temi, noi cerchiamo di insegnare loro a riconoscere i segni della violenza, a gestire le emozioni e a rispettare gli altri. C’è molto bisogno di spazi in cui i giovani possano parlare ed esprimersi liberamente, e così impariamo anche noi a riconoscere i nostri errori: per esempio in un nostro volantino avevamo messo l’immagine di un telefono con la cornetta e un bambino ci ha chiesto perché avevamo disegnato una conchiglia, evidentemente abbiamo dato per scontato qualcosa che non per tutti lo era”.

Sulla comunicazione, Di Bartolo aggiunge un appello per gli addetti del settore: “Non spegnete i riflettori, non indugiate nella narrazione di superflui dettagli morbosi e attenzione quando si riassumono le sentenze”.

Cambiamenti difficili. Non passa giorno in cui le cronache non ci riportino qualche storia di violenza, di abusi, di femminicidio. Eppure di tante vittime non ricordiamo né il nome, né il volto. Alcuni casi, invece, per tanti motivi diversi, ci rimangono addosso, come quello del femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha commosso e turbato l’intero Paese, ma è cambiato davvero qualcosa, dopo? “C’è stata più che altro tanta retorica, dopo, perché le donne hanno continuato a morire. Ogni femminicidio ha la sua storia e la sua drammaticità, dietro c’è il dolore di una famiglia e di una comunità, sicuramente le parole della famiglia Cecchettin hanno messo il dito nella piaga del fenomeno. Le donne continuano a morire per mano di uomini violenti, ma se c’è una cosa che è cambiata con Gino Cecchettin è che oggi c’è un uomo che sta portando avanti la battaglia contro la violenza sulle donne, e lo sta facendo con gentilezza e pacatezza. Si tratta di un cambiamento culturale importante, di un patto di solidarietà tra generi per affrontare un problema sociale che coinvolge uomini e donne e che, quindi, va affrontato insieme”.

I nodi: servono fondi e abitazioni. Il centro antiviolenza vive dei fondi della Regione e di qualche donazione, ma provvedere a tutto è sempre difficile, non dimentichiamo che molte vittime di violenza sono succubi anche dal punto di vista economico: “Per questo – conclude Di Bartolo – oltre alle iniziative simboliche, come le panchine, abbiamo bisogno di servizi, di case. Ci sono quelle di pronta accoglienza, e sono sempre molto usate, noi, poi, abbiamo la fortuna, grazie al sostegno di fondazione Maurocordato e Rotary, di gestire due case sicure in cui le donne hanno sei mesi per ricostruire la propria vita, ma poi devono uscire, e trovare una casa in affitto, oggi, a Treviso, come altrove è complesso, alle volte troviamo proprietari disponibili, ai quali basta la nostra presenza come garanzia, alle volte paghiamo qualche mensilità, altre, soprattutto in presenza di figli minori, c’è diffidenza. Ogni proprietario ha la sua storia e le sue esigenze, ma per ricominciare serve una casa”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Prestito personale

Delibera veloce

 

Source link