Erdogan all’offensiva in Siria. «I curdi depongano le armi o li schiacceremo»

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«Il secondo incontro tra la delegazione del Partito per l’uguaglianza e la democrazia dei popoli (Dem) e Imrali deve concludersi con una dichiarazione che l’esistenza organizzativa del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) è terminata, che nessun risultato può essere raggiunto attraverso il terrore e che questo sanguinoso capitolo è stato chiuso, senza alcuna precondizione», ha affermato martedì il leader del Partito del movimento nazionalista (Mhp) turco Devlet Bahçeli.

DOPO L’INCONTRO del dicembre scorso tra la delegazione Dem e Öcalan, i rappresentanti del partito hanno proseguito il loro tour incontrando quasi tutte le forze politiche turche, mentre aspettano un secondo incontro con il leader curdo recluso. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, commentando i recenti sviluppi, ha dichiarato che gli incontri sono stati positivi. «Noto con soddisfazione che anche altri attori hanno agito con un forte senso di responsabilità», ha affermato, aggiungendo che se l’appello al Pkk sarà ascoltato e l’organizzazione e le sue strutture prenderanno le misure necessarie, «il vincitore sarà l’intera Turchia, con i suoi membri turchi e curdi». Tuttavia, se l’appello dovesse essere ignorato, Erdogan ha avvertito che la Turchia «perseguirà l’obiettivo di un paese libero dal terrorismo con altri metodi».

Nello stesso discorso, Erdogan ha rinnovato le sue minacce nei confronti dell’Amministrazione autonoma democratica della Siria del Nord-Est (Daanes). «Se le Ypg non depongono le armi, non potranno evitare l’amaro destino che li aspetta», ha affermato, promettendo di «schiacciare le teste delle organizzazioni terroristiche in Siria in breve tempo».

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LA POSIZIONE DELLA TURCHIA verso l’amministrazione a guida curda resta ferma, nonostante gli sviluppi in Turchia abbiano acceso la speranza di nuovi negoziati di pace, a cui si sommano gli incontri sporadici tra le Forze siriane democratiche (Sdf) e Damasco.

Le Sdf hanno denunciato un intensificarsi delle offensive da parte dell’Esercito nazionale siriano (Sna), coperti da attacchi aerei e droni, nelle vicinanze della diga di Tishreen, zona che era stata teatro di intensi combattimenti. Dopo una controffensiva delle Sdf, la diga si trova ora alcuni chilometri dietro la linea del fronte.

Nel tentativo di alleviale le tensioni, Ilham Ehmed, rappresentante del Consiglio democratico siriano (Sdc) legato alla Daanes, ha proposto il dispiegamento di forze statunitensi e francesi lungo il confine turco-siriano per rispondere alle preoccupazioni della Turchia in tema di sicurezza. Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha respinto la proposta, affermando che «non prenderemo in considerazione i piccoli stati europei», aggiungendo che l’unico interlocutore nel nord della Siria è il governo degli Stati uniti.

PARALLELAMENTE agli sforzi militari e diplomatici, a partire dall’8 gennaio, migliaia di civili si sono radunati presso la diga di Tishreen per chiedere la fine degli attacchi, che minacciano di causare il crollo della struttura. Durante i bombardamenti di mercoledì contro i convogli diretti verso il presidio e sul presidio stesso, sono stati uccisi almeno nove civili e una ventina sono rimasti gravemente feriti.

Nel frattempo, il presidente Erdogan ha incontrato una delegazione del governo siriano ad interim, composta dal ministro degli Esteri Asaad Al-Shaibani, accompagnato dal ministro della Difesa e dal capo dell’intelligence. Questo incontro rappresenta la prima visita ufficiale all’estero per il nuovo governo guidato da Hayat Tahrir al-Sham.
Gli attacchi con droni non si limitano al nord: il 12 gennaio, secondo fonti locali, un sospetto attacco di droni statunitensi nella città di Sarmada, a Idlib, ha ucciso Mohammed Al-Dhaiban, un ex leader locale dell’Isis passato a Jund Al-Aqsa, formazione ormai sciolta.

A SUD, nella città di Ghadir Al-Bustan, un attacco di droni israeliano ha causato la morte di almeno tre civili e il ferimento di altre persone. Erdogan ha dichiarato di seguire da vicino le discussioni in corso sulla tregua a Gaza e contestualmente minacciato di «gravi conseguenze» Israele se dovesse rimanere in Siria, mentre l’Idf dichiara che il suo dispiegamento nel paese è una misura temporanea.



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