«Il governo odia i poveri»

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La denuncia di un’attivista mentre vengono estratte persone rimaste per mesi intrappolate in una miniera nell’ambito di una controversa operazione di polizia

Sudafrica. La crisi dei minatori informali: «Il governo odia i poveri»

Il «disprezzo delle comunità più povere» da parte delle autorità del Sudafrica è il motivo principale di una crisi che ha già causato la morte di oltre 100 minatori informali, alcuni delle migliaia che da mesi sono intrappolati in delle miniere d’oro dismesse nel nord del paese.

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A denunciarlo a Nigrizia è l’attivista sudafricano Magnificient Mndebele, responsabile delle comunicazioni di Mining Affected Communities United in Action (MACUA), letteralmente “Le comunità colpite dalle attività minerarie si mettono in azione». Di base a Johannesburg, questa rete di attivisti opera in tutto il nord del paese.

Nigrizia ha raggiunto Mndebele al telefono circa 24 ore dopo l’inizio di un’operazione per il salvataggio dei minatori rimasti intrappolati, che per il governo sudafricano compiono un’azione illegale: occupare siti ormai abbandonati per estrarre oro.

Le operazioni di salvataggio

Le autorità di Pretoria si sono viste costrette ad avviare le operazioni nell’ambito di un procedimento presso l’Alta corte del Gauteng.

Sebbene ancora non siano stati emessi veri e proprio ordini, il governo si è alla fine impegnato con i giudici a trovare un accordo con una società che potesse eseguire materialmente i salvataggi e poi a effettuarli.

Stando a quanto riportano media sudafricani, dall’inizio dei lavori, ieri 13 gennaio, sono stati portati in superficie almeno 26 minatori vivi e 15 corpi.

Altre fonti parlano di almeno 50 minatori salvati mentre attivisti locali riferiscono di 80 persone estratte. Secondo stime fatte da MACUA e da leader comunitari, fino a 109 morti potrebbero trovarsi ancora in fondo alle miniere, a circa due chilometri di profondità. In tutto però le persone che potrebbero aver perso la vita potrebbero essere oltre 130.

La miniera dove stanno avvenendo i fatti si trova a Stilfontein, situata nella provincia di North West a circa 140 chilometri da Johannesburg, la città più grande del Sudafrica.

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Non è chiaro quanto persone ci possano ancora essere sotto terra, ma nel corso delle settimane si è arrivate a stime fino a diverse migliaia. Le operazioni di salvataggio dovrebbero durare all’incirca dieci giorni e costare oltre 12 milioni di rand, circa 615mila euro.

La denuncia del MACUA 

«Va subito messo in chiaro che il governo non sta agendo di sua sponte, ma perché la giustizia lo ha costretto dopo mesi di campagne da parte di noi attivisti», premette Mndebele.

L’inizio della crisi può essere fatto risalire a luglio. Negli ultimi mesi il MACUA ha avviato almeno tre procedimenti legali. Alla fine, l’esecutivo è dovuto intervenire dopo la denuncia presentata dalla sorella di uno dei minatori intrappolati, Zinzi Tom, sostenuta da MACUA.

Secondo quanto sostenuto nella denuncia, la polizia ha chiuso i tunnel che permettevano di uscire ed entrare nella miniera lo scorso agosto, nell’ambito di un’operazione di polizia ribattezza Vala Umgodi, “chiudete il buco” in lingua zulu. L’iniziativa ha l’obiettivo di combattere le attività minerarie illegali.

A ottobre la polizia ha poi iniziato a bloccare il rifornimento di cibo, acqua e medicine che persone della comunità portavano ai minatori grazie a un rudimentale ma collaudato sistema di trasporto.

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Queste procedure, dall’oggettivo impatto in termini di rispetto dei diritti essenziali dei minatori, sono state in parte rivendicate dal governo sudafricano come mezzo per «stanarli». Queste le parole usate lo scorso novembre dalla ministra per la presidenza Khumbudzo Ntshavheni.

«Non mandiamo aiuti ai criminali», aveva aggiunto la dirigente del governo in quell’occasione. I minatori «verranno fuori – aveva proseguito – i criminali non vanno aiutati; i criminali vanno perseguiti. Non li abbiamo mandati noi lì».

Il governo ha sostenuto a lungo che i minatori si rifiutavano di uscire per il rischio di essere arrestati, affermando anche che alcuni erano armati.

Si stima che in Sudafrica ci siano circa 6000 siti minerari dismessi. Negli anni diversi sono stati occupati da minatori informali – e illegali per il governo – noti con il nome di zama zama, che in lingua zulu significa «prendere un rischio».

Un riferimento alle condizioni molto difficili in cui queste persone operano, spesso anche in contesti criminali gestiti dai tanti gruppi criminali organizzati presenti in Sudafrica. L’oro estratto viene poi venduto al mercato nero.

Dall’inizio delle operazioni a migliaia di questi minatori sono stati arrestati. Molti sono anche migranti, provenienti perlopiù da Lesotho, Zimbabwe e Mozambico. 

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Per Mndebele il problema non è però di sicurezza, ma sociale. «La questione dei zama zama proviene dall’alto tasso di disuguaglianza che segna il Sudafrica, non a caso il più alto al mondo, e poi dai tassi demenziali di disoccupazione. Le persone entrano nel settore perchè non sanno più cosa fare per dare da mangiare alle loro famiglie», afferma il rappresentante di MACUA.

Il Sudafrica è ritenuto il paese più diseguale al mondo secondo l’indice di Gini,  strumento che serve a misurare la differenza fra redditi percepiti in uno stesso paese; il tasso di disoccupazione si aggira attorno al 32%. 

Le origini del problema 

Ci sarebbe poi un problema che Mndebele definisce «culturale. Il Dipartimento delle risorse minerarie e dell’energia ha un approccio molto reazionario e apertamente “anti-poveri”. È così storicamente e non è cambiato sotto la gestione di Gwede Mantashe (ex sindacalista dei minatori, ndr), che lo gestisce ormai dal 2018».

Inoltre, prosegue Mndebele, «il governo rende la situazione più drammatica rifiutandosi di regolamentare il settore. Le ragioni possono essere diverse – ragiona l’attivista – l’oro estratto dagli zama zama viene inizialmente inserito in canali illegali, ma alla fine una parte sfocia anche nel mercato ufficiale e finisce magari per portare benefici economici a grandi società, mentre i minatori informali si impoveriscono».





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