Nell’ambito della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal DM 77 e finanziata dal PNRR, le COT – Centrali Operative Territoriali, sono state progettate come hub organizzativi per migliorare il coordinamento nella presa in carico dei pazienti tra ospedali, medici di famiglia, assistenza domiciliare e servizi sociali.
Lo stato di attuazione della Missione 6 Salute e il target EU
Stando ai dati pubblicati dal Ministero della Salute che monitora lo stato di attuazione della Missione 6 Salute del PNRR, è stato raggiunto l’obiettivo relativo all’entrata in funzione di almeno 480 Centrali Operative Territoriali. Piace qui ricordare che a seguito di una rimodulazione del PNRR, il target minimo di COT è stato ridotto da 600 a 480 e la scadenza posticipata dal 30 giugno al 31 dicembre 2024.
«Anche se milestone e target nazionali non condizionano l’erogazione dei Fondi – ha spiegato Nino Cartabellotta, Presidente di Fondazione GIMBE, che prosegue nella sua attività di monitoraggio indipendente circa lo stato di avanzamento delle riforme – gli stessi potrebbero compromettere il raggiungimento degli obiettivi europei».
Rimodulazione PNRR e numero di COT
Secondo l’iniziale programmazione del PNRR, era prevista una COT ogni 100mila abitanti, per un totale di 600 strutture distribuite proporzionalmente tra le Regioni. Tuttavia, per l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, la rimodulazione del PNRR approvata il 24 novembre 2023 dalla Commissione Europea, le ha ridotte del 20%, portando il target ad almeno 480 COT.
La rimodulazione però, non modifica il numero iniziale ma solo il target EU: le ulteriori 120 COT andranno quindi realizzate con altri fondi non ancora adeguatamente definiti.
«In tal senso – ha commentato il Presidente GIMBE – fino a quando non saranno pienamente operative tutte le 611 COT previste originariamente, si registrerà un aumento del carico di lavoro per quelle attive, che si troveranno a gestire un bacino di utenza più ampio, rischiando di compromettere la qualità dei servizi».
COT, distribuzione regionale e equità territoriale
«Sebbene sia stato raggiunto il target europeo di almeno 480 COT pienamente funzionanti, necessario per richiedere il versamento della settima rata, ad oggi non è disponibile pubblicamente la relativa distribuzione regionale delle COT pienamente funzionanti al 31 dicembre 2024, indispensabile per monitorare l’equità territoriale» ha sottolineato Cartabellotta.
Stando all’ultimo dato reso pubblico da Agenas lo scorso 18 settembre, al 30 giugno risultavano funzionanti 362 COT, pari al 59% di quelle previste prima della rimodulazione (611).
Il nodo cruciale del personale
«Infine – ha proseguito Cartabellotta – in un momento storico caratterizzato da grave carenza di infermieri nel SSN, l’effettiva operatività delle COT rischia di essere compromessa, rendendole di fatto delle scatole vuote».
A tale riguardo, secondo le stime di Agenas, servirebbero da 2.400 a 3.600 unità di infermieri di famiglia e comunità: un coordinatore e 3-5 infermieri per ciascuna COT, personale per il quale sono stati già stanziati 480 milioni di euro dal DL 34/2020. Un fabbisogno questo che mal si concilia con la carenza di personale, soprattutto infermieristico, che caratterizza lo scenario italiano.
Scongiurare che la riforma dell’assistenza territoriale si trasformi in un’occasione mancata
«Inevitabilmente la crisi del personale sanitario, in particolare di quello infermieristico, si ripercuote a cascata sulla riforma dell’assistenza territoriale programmata dal PNRR, che rischia di trasformarsi in una occasione mancata. È inaccettabile che, mentre si celebrano giustamente gli obiettivi raggiunti, si perda di vista che l’indebitamento del Paese rischia di non avere alcun beneficio per la salute delle persone. Ovvero, il fine ultimo del PNRR non può limitarsi al rispetto delle scadenze per incassare le rate: ma è cruciale garantire che queste riforme lascino un’eredità duratura per tutelare la salute di tutte le persone, riducendo le diseguaglianze regionali e territoriali e assicurando un’assistenza sanitaria equa e universale» ha concluso il Presidente di Fondazione GIMBE.
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