L’inviato di Donald Trump, il generale Keith Kellogg, ha dato una tempistica: il prossimo presidente degli Stati Uniti vuole raggiungere una pace tra Kiev e Mosca entro 100 giorni dal suo insediamento. Ci riuscirà? Difficile, in questo momento del conflitto, fare delle previsioni.
Quello che è certo, però, è che il tycoon ha intenzioni serie riguardo la possibilità di far sedere intorno a un tavolo i delegati russi e quelli ucraini, al punto che ha già iniziato a lavorare per vedere uno dei due protagonisti: Vladimir Putin. I preparativi sono in corso, e lo ha confermato lo stesso Trump dalla sua residenza in Florida prima di un incontro con i governatori del Partito repubblicano. “Vuole che ci incontriamo e noi ci stiamo organizzando”, ha detto Donald rispondendo a una domanda sul leader russo. E al Cremlino le porte non sono sembrate chiuse. “Il presidente Putin ha ripetutamente dichiarato la sua disponibilità ai contatti con i leader internazionali, compreso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump“, ha sentenziato il portavoce Dmitry Peskov. “Non sono richieste condizioni per questo – ha proseguito – Ciò che è necessario è il desiderio reciproco e la volontà politica di impegnarsi nel dialogo e di risolvere i problemi esistenti attraverso il dialogo”.
La partita si giocherà dopo l’insediamento del 20 gennaio, ed è stata benedetta anche dalle Nazioni Unite. “Abbiamo visto i resoconti della stampa, sia provenienti dagli Stati Uniti che dalla parte russa: ovviamente, qualsiasi dialogo tra Stati Uniti e Russia è benvenuto”, ha detto il portavoce Stéphane Dujarric. Ma anche se lo zar dice di volere discutere senza precondizioni, arrivati a questo punto del conflitto la Russia non sembra intenzionata a scendere a compromessi. Le richieste del Cremlino sono sempre le stesse: ritiro completo delle forze ucraine dalle regioni occupate dai russi, rinuncia da parte di Kiev ad aderire alla Nato, completa neutralità dell’Ucraina e fine delle sanzioni.
Richieste che trasformerebbero l’accordo con l’Ucraina in una resa da parte del paese invaso. Ed è per questo che ieri Zelensky, nel suo blitz diplomatico in Italia, ha affermato che Putin “vuole avere la totale influenza sul continente europeo” e che “se non sentirà dolore per aver avviato questa guerra, se non pagherà un prezzo alto per quanto ha fatto, andrà avanti”. ”Vogliamo la pace più di tutti quanti, stiamo perdendo più di tutti, ma prima di mettersi d’accordo su qualcosa dobbiamo definire le garanzie serie di sicurezza per l’Ucraina e per l’Europa”, ha dichiarato Zelensky a Rainews.
Il presidente sa che il negoziato si avvicina. Ed è per questo che da settimane richiama l’attenzione di Trump cercando di portarlo dalla sua parte. I soldati ucraini, pur cercando strenuamente di mantenere le posizioni, affrontano una pressione russa costante e numericamente superiore. Nel Donbass, dove sembra confermato l’arresto da parte delle forze ucraine di Gianni Cenni, un cittadino italiano arruolatosi come volontario nell’esercito russo, le truppe di Mosca continuano ad avanzare.
E dopo l’incontro del Gruppo di contatto a Ramstein, in Germania, resta il grande punto interrogativo di come e per quanto tempo l’Occidente voglia sostenere le truppe di Kiev. Finito il vertice, il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha ricordato che Washington sarà sempre un partner affidabile all’interno della Nato. Il capo del Pentagono ha discusso con Zelensky del rafforzamento della difesa aerea ucraina. L’amministrazione uscente americana ha sbloccato il suo ultimo pacchetto di aiuti da 500 milioni di dollari e ieri ha varato nuove sanzioni contro il settore energetico russo.
Ma il passaggio di consegne tra Joe Biden e Trump rischia di rivoluzionare l’apporto Usa alla causa di Kiev e, di conseguenza, anche dell’Europa. Emmanuel Macron ha già tentato di correre ai ripari incontrando il premier britannico Keir Starmer per discutere di come sostenere l’Ucraina “per tutto il tempo necessario”. Lunedì, vicino Varsavia, si riuniranno i ministri della Difesa di Polonia, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna. E nell’incontro del formato E5 prenderà parte anche il ministro della Difesa ucraino. Ma il ciclone Donald è ormai sul punto di rientrare nello Studio Ovale. Il blocco occidentale dovrà fare i conti con un presidente molto poco ortodosso, ben poco innamorato delle vecchie alleanze con gli Stati europei e critico con Zelensky. E i segnali lanciati su Canada, Canale di Panama e Groenlandia fanno capire che il tycoon non vuole rientrare sul palcoscenico mondiale in punta di piedi.
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