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Meloni: vinceremo la sfida. Pressing dell’Ue sull’Italia




Una cosa sono i fatti, altra le incombenze.

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I primi dicono inequivocabilmente che la guerra commerciale aperta da Donald Trump contro il resto del mondo sta già causando uno tsunami. Borse a picco, mercati in crisi, la Cina che impone quelle che il Washington Post definisce «tariffe di ritorsione» al 34% e l’Europa che si prepara a stare in trincea in vista di una nuova stagione di protezionismo. Che in un mondo così interconnesso – dopo oltre trent’anni di globalizzazione – è inevitabilmente destinata ad avere ripercussioni su tutte le economie del pianeta. Italia compresa, tanto che ieri Bankitalia ha rivisto al ribasso le stime sul Pil: di due punti per quest’anno, di tre per il prossimo, di due per il 2027.

Le seconde impongono al governo italiano di predicare cautela e non alimentare allarmismi. Perché il rischio è che un eventuale effetto-panico possa essere per imprese e consumatori ben più devastante che i dazi in sé. Così, dopo l’intervista al Tg1 di giovedì sera, Giorgia Meloni torna ad abbassare i toni. E in Consiglio dei ministri dice che la sfida dei dazi decisi da Trump è sì certamente «complessa», ma è difficile stimarne ora l’impatto preciso. Comunque, aggiunge, l’Italia «ha tutte le carte in regola per superarla». «Di certo», dice, «il panico e l’allarmismo possono causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi». L’obiettivo, insomma, è provare a stoppare la spirale di paura che aleggia sui mercati in queste ore. Per evitare che la situazione possa perfino aggravarsi, ma con la consapevolezza che lo scenario all’orizzonte è allarmante.

Un approccio, quello di Meloni, che in Europa non trova molti partner. La Francia, per dire, è sul piede di guerra, con Emmanuel Macron che guida il fronte dei falchi che invocano il bazooka commerciale contro gli Stati Uniti. E sulla linea di Parigi – seppure con posizioni più smussate – ci sono anche la Germania di Friedrich Merz e la Spagna di Pedro Sanchez. Insomma, il cuore dell’Europa. Convinto che la risposta a Trump debba essere determinata e netta. Una linea che Meloni non sposa completamente, convinta che ci sia ancora spazio per un dialogo con Washington e scettica su contro-dazi a prescindere, che potrebbero essere più dannosi per l’economia europea che per quella statunitense. Non è un caso che da Bruxelles rimbalzi un certo fastidio soprattutto di Parigi verso l’approccio di Roma che – come l’Ungheria di Viktor Orbán e la Romania – è invece per una risposta più soft. In che direzione andrà davvero l’Ue lo si capirà a breve. Il 7 aprile a Lussemburgo si riuniranno i ministri del Commercio dei Ventisette, due giorni dopo è invece previsto il primo voto formale sui contro-dazi europei.

Meloni – ieri mattina prima a Ortona e poi a L’Aquila – condivide i suoi dubbi con il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer. E poi in Consiglio dei ministri ribadisce la sua linea. «Difficile stimare ora l’impatto delle misure», dice. Ma «la discussione va riportata alla sua reale dimensione». Adesso, spiega, bisogna aprire «una trattativa» con Washington. Mentre l’Ue, ribadisce, dovrebbe «sospendere» le norme del Green deal sull’automotive e ragionare su una deroga al Patto di stabilità.

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Lunedì pomeriggio, Meloni rivedrà la task force già incontrata giovedì nella riunione d’emergenza a Palazzo Chigi.

Un gruppo formato dai vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e dai ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Tommaso Foti (Politiche europee e Pnrr), Giancarlo Giorgetti (Economia) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy). Saranno loro, spiega, a elaborare «uno studio sull’impatto che questa situazione può avere per la nostra economia». Martedì, invece, la premier incontrerà a Palazzo Chigi i rappresentanti delle categorie produttive.



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