Benefit cancellati, i sindacati: contratto non rispettato. La replica del presidente Annunziata: no, il personale non ne aveva diritto
Benefit non dovuti, ma diritti acquisiti da tempo, che ora l’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno centrale vorrebbe cancellare per evitare le dolorose conseguenze del danno erariale. E per questo si è rivolta sia al Ministero dei Trasporti, sia all’Avvocatura generale dello Stato per ottenere chiarimenti su alcune voci di spesa particolarmente spinose.
Ma si è aperto un conflitto sindacale che rischia di appannare le lusinghiere performance registrate dalla governance attuale del Porto di Napoli. Tanto che lo sciopero proclamato dai circa cento dipendenti dell’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno centrale del 9 gennaio scorso è stato prolungato fino a lunedì. Lavoratrici e lavoratori contestano «l’erosione dei diritti» provocata dalle iniziative assunte dal presidente Andrea Annunziata, il cui incarico è in scadenza il prossimo febbraio, ma sul quale il giudizio di merito resta — secondo quanto si vocifera al Mit e in Regione — positivo.
Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti della Campania contestano «le reiterate disapplicazioni delle previsioni contenute nel Contratto collettivo nazionale Porti e, di conseguenza, della contrattazione decentrata, e una distorta e strumentale applicazione della Legge 84/94». Mentre l’autorità portuale controreplica con durezza di «rispettare norme cogenti poste a tutela delle pubbliche risorse» e ribatte che «nessuno ha messo in discussione il contratto collettivo recentemente sottoscritto» che peraltro «è stato reso pienamente esecutivo sia attraverso gli allegati già liquidati sia attraverso l’accordo di welfare sottoscritto a dicembre scorso».
I nodi
Sono vari i nodi della contesa. Oltre alla richiesta di chiarimenti al Mit, c’è la vicenda della restituzione degli importi dei buoni pasto ai rappresentanti sindacali corrisposti nei giorni di permesso sindacale («È un tema oggetto di confronto con le organizzazioni da luglio scorso — racconta il segretario generale dell’Autorità Giuseppe Grimaldi — e ci sono dipendenti che stanno già restituendo gli importi per effetto delle sentenze della Corte dei conti»). Inoltre, i lavoratori — secondo quanto viene riferito — contestano l’applicazione della legge Brunetta sulle decurtazioni da operare nei primi 10 giorni di malattia, in quanto ritengono di non essere inquadrati come «dipendenti pubblici», ma l’Inps avrebbe già inviato alle autorità portuali una circolare chiedendo l’applicazione della normativa.
La richiesta di chiarimenti al Mit
Come si accennava all’inizio, ad appiccare la protesta è stata anzitutto la vicenda della richiesta di chiarimenti inviata al Mit dall’autorità portuale. Per il segretario generale Grimaldi «si tratta di chiarimenti dovuti. Il primo riguarda l’indennità in caso di mancato rinnovo relativo al 2027 che si basa sull’adeguamento dell’indice Istat del 2026 per cui ad oggi non è quantificabile e i revisori dei conti già hanno fatto sapere che non possono pronunciarsi al buio. Non è un punto che inficia il contratto — aggiunge Grimaldi — ma quando nel 2027 avremo contezza dell’indice Istat del 2026 si procederà alla variazione del bilancio a copertura della somma, sempreché il contratto non sia stato riadeguato. Il secondo punto da chiarire, di carattere giuridico, riguarda un’appendice al contratto dei dipendenti Adsp in cui, facendo riferimento ad una voce di indennità, si dice che non deve essere assorbibile, ma questo è in contrasto con la legge delle autorità portuali».
I sindacati
Per il segretario generale Filt-Cgil Napoli e Campania, Angelo Lustro, «la richiesta dei chiarimenti non va riportata a livello locale, bensì all’associazione datoriale che ha firmato il contratto con le segreterie nazionali dei sindacati. Ma poi — si chiede — perché quella del mar Tirreno è l’unica autorità portuale a porre la questione? Avrebbe potuto comunicare la sua riserva in sede di Assoporti. Insomma, viene fuori un atteggiamento sospetto e strumentale da parte della governance locale e non di buon senso, come occorrerebbe in questi casi. Ciascuno di noi è chiamato ad assumersi la propria parte di responsabilità — conclude — invece su ogni decisione di competenza si chiede il parere dell’Avvocatura generale: siamo da luglio scorso in attesa di un responso sull’aggiornamento Istat, in questo modo non c’è più spazio per la contrattazione».
Raccontano da piazzale Pisacane che le frizioni con il vertice dell’autorità portuale sono nate già da qualche anno: «Da quando è stato imposto un orario di lavoro con margini di 2 ore per ingresso e uscita. Inoltre, azzerando le propine all’avvocatura interna con richiesta di restituzione di importi erogati e non dovuti e spostando l’asse delle consulenze verso l’Avvocatura dello Stato come previsto dalla legge». Dunque, il vero problema è capire se tutto questo era dovuto e consentito, mentre oggi non lo è più. E se l’eccessiva cautela assunta dal vertice dell’Autorità risponda ad una autentica esigenza di tutela: non soltanto della propria azione, ma — come viene sottolineato — «nell’interesse dello Stato e delle lavoratrici e dei lavoratori dell’ente».
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