Stati Uniti. L’eredità di Carter: fede e democrazia

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Le bandiere a mezz’asta che ancora sventolano su tutti gli edifici governativi, ma anche sui ponti, nelle stazioni ferroviarie e su tanti tetti delle case di Washington D.C. e di tante città americane sono il lutto collettivo con cui l’America ha accompagnato e continuerà ad accompagnare fino al 29 gennaio la morte di Jimmy Carter.

(Da Washington) Le bandiere a mezz’asta che ancora sventolano su tutti gli edifici governativi, ma anche sui ponti, nelle stazioni ferroviarie e su tanti tetti delle case di Washington D.C. e di tante città americane sono il lutto collettivo con cui l’America ha accompagnato e continuerà ad accompagnare fino al 29 gennaio la morte di Jimmy Carter. Il presidente centenario, morto lo scorso 29 dicembre, ha ricevuto giovedì nella capitale i funerali di stato, riuscendo a riunire attorno alla sua salma tutti gli ex presidenti statunitensi, anche quelli che fino a poche ore prima avevano lanciato infuocati post social contro i predecessori. Una fila di oltre 3 ore, nel gelido pomeriggio di mercoledì, ha atteso, ordinata, il turno per salutarlo nella Rotonda del Campidoglio. L’omaggio è stato reso anche da chi la sua presidenza non l’ha mai conosciuta, ma ha voluto rendere onore alla persona e all’eredità di un uomo del sud, cresciuto senza acqua ed elettricità, in un paese di poco più di 200 anime e diventato nel 1977, il 39mo presidente degli Stati Uniti. La sua città natale, Plain in Georgia, sempre giovedì di ritorno dagli onori di stato della capitale, ha accolto la sua salma nella Maranatha Baptist Church: la sua chiesa, quella dove in tante domeniche ha insegnato catechismo, da maestro e non più da commander in chief. Nel 2012, quando aveva toccato il record di 650 lezioni bibliche, rispondendo al pastore Raushenbush su come Carter volesse essere definito, l’ex presidente rispose: “Si potrebbe dire che sono stato un insegnante nella scuola di catechismo della domenica per tutta la vita”.
Il presidente americano Biden durante l’elegia funebre nella Cattedrale nazionale ha associato per tre volte alla figura di Carter la parola “carattere”. Il carattere, ha detto Biden, non riguarda l’essere perfetti, ma è legato piuttosto a “chiederci: ci stiamo sforzando di fare… le cose giuste?… Quali sono i valori che animano il nostro spirito? Agire per paura o speranza, ego o generosità? Mostriamo grazia? Manteniamo la fede quando è più messa alla prova?”. La fede è stata la cifra della sua presidenza e della post presidenza, quando dismessi i panni del commander in chief, attraverso il Carter Center è arrivato a curare malattie oscure in Etiopia e a promuovere la pari dignità in tanti paesi africani e asiatici, insistendo su processi di pace e difesa dei diritti umani; convinto che l’amare il prossimo si dovesse tradurre in azione per il prossimo. Carter ha mostrato agli americani che fede e democrazia possono camminare a fianco, distinte, ma non separate. Il 39mo presidente fece appello alla sua fede anche durante gli accordi di Camp David nel 1978, quando invitò Menachem Begin di Israele e Anwar Sadat d’Egitto al ritiro presidenziale nel Maryland per due settimane di colloqui. Si assicurò che ci fossero stanze riservate per musulmani, ebrei e cristiani per pregare durante tutto il tempo del negoziato, che stabilì poi i termini della pace tra Gerusalemme e il Cairo.
Nel 1980 gli americani gli preferirono Ronald Reagan, ma anche quella che doveva essere una sconfitta schiacciante per Carter divenne occasione per provare che,, nei due mesi e mezzo che mancavano al giuramento del suo successore si poterono confermare giudici che poi sarebbero entrati nella Corte Suprema, si sarebbero approvate leggi contro i rifiuti chimici e per raddoppiare i parchi nazionali, si sarebbe ottenuta la liberazione degli ostaggi americani catturati dall’Iran. Anche quella sconfitta umiliante non fece vacillare la fede.
Biden ha concluso il suo discorso ricordando che Carter ha vissuto “una vita bella”, fino a 100 anni, “piena del potere della fede, della speranza e dell’amore”, una vita che è rimasta semplice, come prova anche la sua sepoltura in un terreno di famiglia, vicino alla moglie Rosalynn, con cui è stato sposato per oltre 77 anni e sotto una croce di legno che lui stesso aveva realizzato nella sua falegnameria.





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