Perché su Elon Musk Giorgia Meloni non può cavarsela con “e allora Soros?!?”

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La conferenza stampa di fine anno (a gennaio) di Giorgia Meloni ha avuto un unico grande protagonista: Elon Musk. Parole, opere e omissioni del miliardario statunitense hanno occupato una rilevante parte degli slot di uno dei rarissimi appuntamenti in cui Giorgia Meloni si è concessa alle domande dei giornalisti. In effetti, se si eccettuano le poche precisazioni ulteriori date sul caso Cecilia Sala (su cui pure il governo ha operato con rapidità e grande efficacia), qualche passaggio sui centri in Albania e qualche risposta estemporanea su domande più o meno centrate, la presidente del Consiglio è stata incalzata su diversi aspetti del suo rapporto con il padrone dell’universo X. Qualcuno sui social ha espresso perplessità sulle scelte dei giornalisti, chiedendosi se non fosse più opportuno concentrarsi su problemi concreti e più impattanti per la vita degli italiani, quali sanità, scuola e pensioni (su cui gli interventi sono stati pochi e le risposte sbrigative). Una critica convincente solo in parte, perché l’eccezionalità del momento e la peculiarità del rapporto fra Musk e Meloni richiedono tutta la nostra attenzione.

A partire dalla vicenda Starlink, su cui finalmente sappiamo qual è la posizione ufficiale del nostro governo. Rispondendo a una domanda del nostro Marco Billeci, infatti, Meloni ha confermato che il governo sta valutando la possibilità di ricorrere al servizio, tanto per gli aspetti “civili” che per quelli “di difesa” (e non solo), nell’ottica di perseguire “l’interesse nazionale” e nella consapevolezza che si tratterebbe di uno strumento che, al momento, non è garantito dal pubblico (con i progetti dell’Unione Europea in grande ritardo). Allo stato attuale, però, non solo non esistono contratti firmati con l’azienda statunitense, ma il governo non ha ancora “le idee chiare” e si renderà necessario completare una fase di istruttoria con i tanti soggetti coinvolti. Sul punto, la presidente del Consiglio ha garantito di non aver mai parlato direttamente con Musk di Starlink, malgrado il loro rapporto personale.

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In fin dei conti, è la questione che ha dominato l’intera conferenza stampa: la considerazione che la leader del Paese ha di Musk, il loro legame, la comunanza di pensiero e obiettivi, in un contesto in cui sta per cominciare una nuova era trumpiana. Non siamo in presenza di un’ossessione giornalistica, come qualcuno a destra suggerisce da settimane. Siamo alla vigilia di uno snodo importante per i processi democratici e i modelli di governo dell’intero Occidente. E Musk non è solo una delle ancelle di Trump (o meglio, non lo è affatto), ma ne è un protagonista assoluto.

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Nelle sue tante risposte, Meloni ha scelto di muoversi all’interno di un unico frame narrativo. Usando gli stessi argomenti, a rotazione: Musk è un libero cittadino che esprime semplicemente le proprie opinioni; quelli di sinistra si scandalizzano perché stavolta i ricchi della Silycon Valley non sostengono le loro battaglie; la libertà di pensiero è un valore assoluto e dovrebbe valere sia quando si fanno che quando si subiscono le critiche. Uno schema piuttosto semplice, per la verità, che Meloni ha utilizzato per rispondere a ogni obiezione avanzata dai giornalisti. Un esempio per tutti. Musk tenta di riabilitare un fanatico complottista e di spingere alle dimissioni il primo ministro inglese? In realtà sta solo esprimendo le sue idee (che a volte Meloni “non condivide”, come nel caso degli insulti alla deputata Phillips) e poi, del resto, anche l’Italia ha subito ingerenze sulle sue dinamiche interne da parte di leader politici stranieri. Certo, Musk è un imprenditore multimiliardario che ha il controllo di una buona fetta dell’informazione mondiale, ma… E allora Soros?!?!

Il finanziere e filantropo, recentemente premiato da Biden, è diventato il convitato di pietra in ogni discussione sulle ingerenze nella politica europea di Elon Musk. Certo, non occorre essere dei fini analisti per capire come il paragone sia forzato (Soros non ha un ruolo politico, non possiede una piattaforma in grado di influenzare il dibattito pubblico e non è in odore di affari col nostro governo, tanto per cominciare) e, in ogni caso, ininfluente rispetto alla discussione in corso. Ma è il nemico perfetto allo scopo.

L’operazione è rodata e finora ha sempre funzionato. Si prende solo un aspetto della questione Musk, lo si assolutizza, poi lo si banalizza e lo si decontestualizza operando una comparazione fallace, dalla quale pare emergere una sorta di “doppio standard” nel giudizio dei critici.

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Meloni, però, non è una politica o una giornalista da talk show, che si può servire di argomenti strumentali, fallacie logiche e strumenti retorici pur di “vincere” una discussione o acquisire consenso. Ha responsabilità maggiori e deve (già, deve) rendere conto di scelte e orientamenti, soprattutto se collegati a investimenti e accordi che il nostro governo è intenzionato a sottoscrivere.

Le opinioni e le scelte di Elon Musk non possono essere considerate semplici boutade di un riccone con velleità nel campo della politica e della cultura. Significherebbe non aver compreso la portata della trasformazione in corso e il peso che l’uomo più ricco al mondo ha avuto, ha e avrà negli equilibri politici mondiali. Non c’entra solo il suo futuro ruolo nell’amministrazione Trump, o l’apporto che ha dato alle presidenziali USA (elementi certamente non di poco conto). Né è possibile, per chi governa uno stato come l’Italia, sottovalutare le “ingerenze” negli affari inglesi o tedeschi, perché siamo in presenza di vere e proprie campagne per destabilizzarne il quadro politico/istituzionale. Nè, infine, ha senso derubricare a sciocchezze veri e propri tentativi di riscrivere la storia e la realtà, che si tratti di definire Hitler “comunista” o riabilitare complottisti dei giorni nostri cambia relativamente poco.

La piattaforma su cui si muove è ben più ambiziosa e complessa, riflette in qualche modo lo spirito del tempo, ma soprattutto ne accentua le contraddizioni. È lo specchio di un Occidente in crisi (e del fallimento delle elite progressiste), dopo decenni di destrutturazione culturale, ma è anche una finestra su una nuova era, dominata da nuovi padroni (non sfuggirà la corsa sul carro del suo Musk – Trump) e con nuove regole d’ingaggio. Musk è un incredibile catalizzatore, in questo senso. È un uomo dalle risorse pressoché infinite, che pone al servizio di cause non sempre semplicissime da individuare, ma tutte capaci di incidere profondamente e di cambiare il mondo per come lo conosciamo. È un tecnocapitalista della sorveglianza, in grado di utilizzare la mole di informazioni in suo possesso non solo per orientare il dibattito pubblico, ma per cambiare di senso la realtà. Allo stesso tempo, è un imprenditore visionario, che ha un vantaggio competitivo in diversi settori e ha già raggiunto traguardi eccezionali, che già ora rappresentano degli avanzamenti nel campo della conoscenza e della tecnologia.

Ogni sua scelta fa la differenza. Ogni sua dichiarazione è gravida di conseguenze. Ogni suo tweet genera un dibattito. Ha dichiarato guerra ai media tradizionali, convincendo milioni di persone di aver sempre vissuto in un’infosfera dominata dalla menzogna. Ha mostrato i limiti e le contraddizioni di classi dirigenti e operatori dell’informazione. Ha accentuato le fratture nella coscienza progressista, colpendo chirurgicamente i punti deboli di convenzioni e modi di pensare. Ha operato scelte clamorose su X, cambiando i meccanismi informativi di tutto l’universo social, costringendo di fatto il suo arcinemico Zuckerberg a cambiare posizionamento ideologico e obiettivi strategici. Nel nome del free speech, ha contribuito allo sdoganamento di idee, concetti e visioni fino a qualche anno fa giudicate pericolose (in gran parte dei casi con buona ragione, perché appunto escludenti, mistificatorie e via discorrendo). Ha operato una costante e continua pressione sui decisori politici, scegliendo battaglie da cavalcare e cavalli da abbattere. E non ha alcuna intenzione di fermarsi.

Non è uno qualunque, né vuole esserlo. Non dobbiamo trattarlo come uno qualunque, né possiamo oltretutto. Abbiamo il dovere e la necessità di prenderlo tremendamente sul serio.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell’area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.

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