Musk e Trump hanno una loro verità sull’incendio di Los Angeles. E racconta il futuro dei social

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Mentre Los Angeles andava in fiamme, Elon Musk e Donald Trump sui loro social (il primo possiede X.com, l’altro Truth) diffondevano una tesi diventata subito popolare. Virale. La colpa, sostengono, è del governatore democratico della California, Gavin Newsom e del Dipartimento dei vigili del fuoco. Il motivo? Avrebbero deciso per politiche di assunzione e gestione del personale finalizzate a difendere minoranze e diversi orientamenti sessuali invece che fare il bene della popolazione. Aver deciso quindi in base a quella che chiamano ‘ideologia Dei’, il rispetto di diversità, equità e inclusione. Portando i vigili del fuoco a privarsi di personale qualificato, ma bianco e eterosessuale, per assumere persone poco e aperte. Permettendo quindi che il fuoco divampasse senza forze sufficienti a controllarlo.

Trump e l’apocalisse delle verità alternative di Internet

Una storia complicata. Ma utile per capire cosa stanno diventando i social, come ci si muove in assenza di moderazione di contenuti. Ma soprattutto per vedere in atto una forma di quello che in editoriale sul Financial Times Peter Thiel, fondatore di Paypal con Musk, chiama l’apocalisse di internet e dei social.

Per Thiel, storicamente schierato a destra, tra i primi imprenditori e investitori della Silicon Valley a dichiararsi apertamente repubblicano e trumpiano, l’apocalisse che stiamo vivendo è il momento dello svelamento (apocalisse, nell’etimo greco) di verità alternative a quelle custodite finora da organizzazioni ufficiali, governative o sostenute dai governi. E Trump e la sua amministrazione oggi incarnano questa apocalisse.

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Cosa è successo a Los Angeles? L’acqua negata e i pompieri Dei

A cosa è dovuto l’incendio di Los Angeles? Perché è così difficile da domare? Cosa sta succedendo in California? Se sappiamo le cause e la propagazione dell’incendio (l’incendio di una palazzina diventato incontrollabile a causa di venti forti e caldi), il motivo delle devastazioni è diventato tema di dibattito social, quindi politico.

Per diverse testate americane, tra cui The Verge, quelle di Trump e Musk sono fake news. E prova a replicare alle accuse di entrambi. Per Trump, gli incendi sono soprattutto causa delle politiche idriche della California, e accusa Newsom di aver lasciato a secco gli idranti dei vigili del fuoco rifiutando accordi per portare acqua dall’Arizona e dallo Utah. Newsom dice che non ha mai discusso della questione. Che non esistono carte che confermino l’accusa di Trump.

Elon Musk si è concentrato sulla tesi della cultura Dei. L’accusa è che aver assunto centinaia di vigili di diverso orientamento sessuale, a prescindere dalle loro capacità, minando l’efficienza delle squadre di emergenza. Che il Dipartimento abbia assunto persone con attenzione alla loro diversità è in effetti una politica in vigore. Ma i critici di Musk dicono che dimentica che queste squadre sono state costruite non solo perché abbiano competenza e forza fisica, ma anche altre capacità intellettuali, sociali, emotive, essenziali a loro avviso al lavoro del vigile del fuoco.

Ora, tutto questo dibattito avviene sui social. Ed è lì che l’apocalisse (nel senso greco, quindi di Thiel) prende forma in tutta la sua potenza narrativa. Superiore a quella delle voci ufficiali. Tradizionali. Che anzi, vengono puntualmente accusate di mentire alla gente per nascondere la ‘vera verità’. Una voce che acquisisce forza nella condivisione, nella sottoscrizione di una tesi che a volte piace solo perché non è quella sostenuta dai canali ritenuti ufficiali. La forza di quel disvelamento è nel fatto che sembra nato dal basso e costruito sul consenso. Come spesso dice Musk, siete ora voi i media.

Sui social vince la voce del più forte, e degli account che condividono contenuti simili

Seguire uno dei post condivisi da Musk dà in qualche modo una buona rappresentazione di come queste verità alternative a quelle ‘ufficiali’ prendono forma. Se alcuni media (non solo tradizionali, The Verge non lo è, come non lo è Politico che ha avanzato la stessa tesi), accusano Trump e Musk di diffondere falsità, la discussione sui social sembra non tenere conto della possibilità che lo siano.

La polarizzazione su questi temi è totale. Non c’è discussione. Non c’è minima apertura. Ma – senza voler entrare nel merito di verità e falsità – con una differenza. Specie nel caso di X.com, vince la legge del più forte. E lì il più forte è Musk e la rete di persone influenti che lo sostengono. Alle verità alternative a quella di Musk è dato spazio, ma non emergono. Non si vedono.

Il ruolo di Grok, l’intelligenza arficiale di Elon Musk, che ora replica e approfondisce i post

Curioso notare inoltre un nuovo strumento che sta accompagnando i post sul caso Los Angeles: una barra sotto alcuni post rimanda direttamente a Grok. E Grok, l’intelligenza artificiale di Musk, si limita a fare un riassunto delle puntate precendenti. Non entra nel merito, non spiega, dà tutto per buono. Tesi vere (come è vera l’assunzione di vigili di diverso orientamento sessuale), tesi false (come sembra essere la questione dell’acqua in California), e relative controtesi. Tutto insieme, senza distinzione. Amalgama indistinto fagocitato dalla forza della folla.

Per un pubblico non americano sembra piuttosto difficile farsi un’idea. Non si capiscono bene i termini della questione. E quindi può anche capitare di accettare la lettura della maggioranza. Senza farsi troppe domande. È la visione di Musk quindi, di Trump probabilmente, perché è quella più diffusa. Apparentemente più condivisa. E se per ora questo sembra accadere sopratutto su X, è lecito chiedersi cosa accadrà quando le stesse politiche di moderazione dei contenuti verranno adottate da Facebook, Instagram e Whatsapp, i social della galassia Meta che ha appena annunciato che cancellerà il suo programma di Fact checking e le collaborazioni con i gruppi indipendenti di Fact checker che contribuivano alla moderazione dei contenuti.

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La svolta di Facebook: diventerà simile a X.com?

Per Mark Zuckerberg, capo di Meta, il fact checking è diventato uno strumento di censura delle visioni alternative dei fatti e della loro lettura. Argomento è “falso”, ha dichiarato giovedì l’International Fact-Checking Network (IFCN). “È falso e vogliamo ristabilire la verità, sia per il contesto attuale che per la Storia”, ha reagito la rete, che riunisce 137 organizzazioni. Tra cui alcune italiane, come Pagella Politica e Facta News. Il motivo è che il programma si è sempre e solo attenuto alla segnalazione di possibili disinformazioni contenute nei post, mai alla loro eliminazione o censura. Tra l’altro il programma – ha spiegato Facta news in una nota – non prevede la possibilità di verificare post con opinioni. Quindi niente controllo su idee, conclusioni, deduzioni, seppur sbagliate.

Ma è evidente che i social stanno cambiando. Hanno cambiato le loro policy. Ora cambieranno nei contenuti, nella fruizione, nella condivisione. Molti temono un’invasione di notizie false e propaganda. Temi che possono modificare equilibri, opinioni condivise, convinzioni. Ma soprattutto muovere milioni di voti in una direzione o un’altra. L’impegno di Musk in questi giorni per l’estrema destra tedesca di Afd è forse solo il primo di una serie di eventi che potranno caratterizzare il rapporto tra social e politica nei prossimi anni. E forse portare l’apocalisse trumpiana altrove.

@arcamasilum



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