Fontana, il cuore gialloblù del presidente della Camera: «Con Presidio una nuova era. Ora un Verona più forte e che faccia sognare»

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di
Matteo Fontana

Lorenzo Fontana, tifosissimo dell’Hellas, e il passaggio in mani statunitensi del club:«Le proprietà straniere sono prevalenti nel calcio, per le imprese locali è difficile anche se sarebbe bello. Lo stadio? Va ammodernato»

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Tra l’aula di Montecitorio e i tanti impegni istituzionali, Lorenzo Fontana non si è perso una sola notizia sulla trattativa che ha portato al cambio al vertice dell’Hellas. Il Presidente della Camera, da sempre grande tifoso gialloblù, dice: «Da tempo era chiaro che fosse necessario un passaggio di proprietà per stabilizzare economicamente il club».

Presidente Fontana, come ha vissuto questo momento per il Verona?
«Si sapeva che Maurizio Setti stava cercando un compratore, era noto che avesse dato l’incarico di trovarlo a Deutsche Bank, in qualità di advisor. La cessione a Presidio Investors era un esito atteso. Adesso seguiremo le decisioni del fondo, ragionando con equilibrio sulle scelte che effettueranno».




















































Qual è il suo punto di vista in merito?
«I sentimenti che mi legano al Verona, mi portano verso una speranza: che Presidio riesca a consolidare l’Hellas, permettendogli di fare dei passi in avanti, di crescere e migliorare. Prima di tutto, restando in Serie A».

Il Verona targato Usa che riflessioni la induce a fare?
«Si tratta di una via che prevale non solo in Italia, possiamo vederla anche in Premier League. In generale, le proprietà straniere sono diventate prevalenti. Dopo, posso dire che, romanticamente, sarebbe bello vedere una maggiore vicinanza all’Hellas da parte dell’imprenditoria locale, ma non è facile».

Per quale ragione?
«Detto che il Verona è amatissimo, che per la gente che lo segue è una passione sconfinata, non per tutti è così. A un imprenditore non si può chiedere di investire in qualcosa che non sente come prossimo. Il calcio, inoltre, costa sempre di più. Faccio un esempio: anche Silvio Berlusconi, con tutto quello che ha realizzato con il Milan, a un certo punto, con la famiglia, l’ha ceduto».

Non pensa a un Hellas “veronese”, quindi?
«Ci sono diverse realtà aziendali del territorio che supportano il Verona, va detto. Certo, se ci fosse qualche sponsor di ulteriore rilievo in più sarebbe una cosa buona. Per la città, in particolare, perché avere una squadra che ottiene risultati, che si afferma, è uno strumento di valorizzazione con favorevoli ricadute ad ampio raggio».

Guardando ai dodici anni e mezzo di presidenza Setti, qual è il bilancio che fa?
«Faccio un paragone con il periodo che va dal 2002 al 2012, quello che ha preceduto l’arrivo di Setti. Cinque anni in Serie B, la retrocessione dopo quattro stagioni, la promozione e un nuovo campionato in B. Con Setti, dieci anni in Serie A, conquistata per tre volte al primo tentativo. Tutto questo, assistendo a partite magnifiche con ottimi giocatori. D’accordo, ci sono state anche annate durissime e abbiamo sofferto parecchio, ma ci siamo abituati, perché siamo dell’Hellas. I meriti di Setti sono molti e a spiegarlo sono i numeri».

A proposito di partite: quali sono, di questo lungo periodo, quelle che l’hanno emozionata di più?
«Metto in cima alla lista lo spareggio di Reggio Emilia con lo Spezia, il 3-1 con cui siamo rimasti in A nel 2023. Una salvezza epica. Ma non posso non citare il 2-1 con cui il Verona allenato da Ivan Juric vinse con la Juventus, l’8 febbraio 2020. Quella squadra era meravigliosa».

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Si parla del progetto di un nuovo Bentegodi, per un business che rientrerebbe nei piani di Presidio. La sua opinione?
«Conosco il tema anche perché è stato sul tavolo a lungo durante la mia esperienza amministrativa a Verona. Ritengo che il Bentegodi, che è la nostra storia e a cui vogliamo bene, necessiti di un ammodernamento».

Cosa, invece, Presidio non dovrà cambiare nell’Hellas?
«L’identità del Verona, il calcio è dei tifosi. Non è una frase populista ma la realtà. Sono sicuro che i nuovi proprietari ne siano consapevoli. Il cervello, i programmi, sono fondamentali. Ma è il cuore che comanda. Sempre».

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