Pensioni, dopo il nulla arriva la beffa. Le bugie del governo e i pasticci dell’Inps

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Si va verso un aumento dell’età per andare in pensione dal 2027. La conferma arriva dai dati dell’Istat sulla speranza di vita. Una nuova smentita per la propaganda della maggioranza. E ora la Lega vorrebbe cambiare i criteri di calcolo fissati per legge 

Ormai da tre anni il governo promette di impegnarsi per allargare i varchi per accedere alla pensione. Finora, però, è successo esattamente il contrario. Anche con l’ultima legge di bilancio, come nelle due precedenti, i criteri per lasciare in anticipo il lavoro sono rimasti in gran parte immutati rispetto a quelli fissati per l’anno scorso.

Viste le premesse, si può capire l’irritazione e il nervosismo con cui i partiti della maggioranza, a cominciare dalla Lega, hanno reagito all’annuncio che dal 2027 aumenteranno di 3 mesi i requisiti per approdare alla pensione di vecchiaia e alla pensione d’anzianità. Per la prima l’età pensionabile passerà quindi da 67 anni a 67 e tre mesi, mentre serviranno 43 anni e un mese di contributi (un anno in meno per le donne) anziché 42 anno e 10 mesi per aver diritto al pensionamento anticipato.

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A dare la notizia, nella serata di giovedì, è stata la Cgil, che ha scoperto che nel software dell’Inps per i calcoli previdenziali i requisiti anagrafici e contributivi erano già stati aggiornati aggiungendo un trimestre ai vecchi criteri.

Durigon contro l’Inps

«Faremo di tutto per scongiurare questa ipotesi», ha subito reagito a favor di microfoni il leghista sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che se l’è presa con l’istituto previdenziale, colpevole, secondo lui, di «aver fatto trapelare in maniera impropria e avventata» il cambio di rotta. Da parte sua anche l’Inps, presieduta dall’avvocato milanese Gabriele Fava, sponsorizzato proprio dalla Lega, ha smentito l’aggiunta dei tre fatidici mesi.

Venerdì però è successo che per l’intera mattinata è andato in blocco per “manutenzione” il portale dell’Inps “La mia pensione futura”, che permette ai contribuenti di conoscere a quanto ammonterà il proprio assegno previdenziale. Nel pomeriggio il sito è tornato accessibile, ma l’improvviso stop è stato letto da molti come una conseguenza della fuga di notizie della sera prima.

Va detto che la modifica dei requisiti non può avvenire senza un apposito decreto del ministero dell’Economia ci concerto con quello del Lavoro. Inoltre, l’età di accesso alla pensione è agganciata per legge all’andamento della speranza di vita che però dal 2019 è rimasta invariata oppure è calata di poco negli anni in cui si è fatto sentire l’effetto delle morti per Covid.

I calcoli dell’Istat

Il prossimo adeguamento sarebbe appunto previsto per il 2027 e potrebbe riguardare sia la pensione di vecchiaia, ferma a 67 anni dal 2019 (era 66 anni nel 2016, 66 anni e 7 mesi nel 2016), sia la pensione di anzianità che per effetto di una norma varata nel 2019 (governo Lega-Cinque stelle) è ancora fissata a 42 anni e 10 mesi.

Ebbene, nell’ottobre scorso il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli nel corso di un’audizione in Parlamento ha delineato un rapido incremento della speranza di vita che avrebbe come effetto anche l’adeguamento al rialzo dell’età della pensione.

Per il 2027 la previsione di Chelli era di tre mesi di attesa in più. E tre mesi è appunto l’aumento che secondo la Cgil sarebbe stato già inserito nei parametri di calcolo dell’Inps per i futuri pensionati. «Non cambierà nulla», dice adesso Durigon, ma se sono corrette le anticipazioni dell’Istat, il governo dovrà intervenire per cambiare le regole sull’adeguamento dell’età pensionabile in base alla speranza di vita.

Da quota 100 a quota 103

Certo é che finora gli slogan leghisti che da anni promette di smontare la Legge Fornero si sono persi nel vuoto cosmico della propaganda elettorale. Da quota 100 (62 anni d’età e 38 di contributi) varata nel 2019, che ha innescato la fuga dal lavoro di quasi mezzo milioni di cittadini, si è arrivati a quota 103 (62 più 41) nel 2023, a sua volta modificata e resa molto meno appetibile con una versione hard decisa con la manovra del 2024 e confermata con quella per quest’anno.

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Anche altre misure come Opzione Donna sono state confermate, ma restano molto poco convenienti. Anzi, muovendosi in direzione opposta a quanto promesso, il governo ha puntato molto sui premi (come il cosiddetto bonus Maroni) per incentivare i dipendenti pubblici e privati a restare in servizio pur avendo maturato i requisiti per la pensione.

Avrà un impatto assai ridotto anche il provvedimento che a 64 anni d’età consente di andare in pensione sommando quanto accantonato con la previdenza complementare ad almeno 25 anni di contributi della pensione obbligatoria, tutti calcolati in forma contributiva, cioè a partire dal 1996.

La previsione degli esperti, quindi, è che poche decine di persone sceglieranno la soluzione appena descritta, anche perché in Italia la previdenza complementare ha avuto finora una diffusione relativamente ristretta. Questo non ha impedito al governo di presentare questa soluzione come un «importante cambio culturale», per usare le parole di Durigon. Sarà, ma prima del 2030 gli effetti di questa presunta svolta saranno quasi nulli.

Per quell’epoca la speranza di vita quasi certamente aumenterà ancora, mentre i lavoratori attivi diminuiranno per effetto del calo delle nascite. Come dire che le strade per andare in pensione in anticipo sono destinate a diventare sempre più strette. Con buona pace dei tre mesi su cui si litiga ora.

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