Adolf Hitler era comunista. Quel che gli storici non si sono accorti di scoprire in ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla morte del Fuhrer tedesco lo ha enunciato, in perfetta serietà, Alice Weidel, leader e candidata cancelliera di Alternative fur Deutschland (Afd) in una diretta X con Elon Musk.
Hitler “comunista”, la sparata di Weidel
Mentre l’uomo più ricco al mondo intervistava la leader del partito che spesso ha definito “l’unica speranza per salvare la Germania”, Weidel ha respinto ogni possibile riferimento a continuità tra Afd e il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedesco (Nsdap) di Hitler sostenendo che il dittatore tedesco di origine austriaca non vada “etichettato come conservatore e di destra” ma come un estremista di sinistra. Per Weidel Hitler e i nazisti “hanno finanziato aziende private e poi hanno chiesto enormi tasse e nazionalizzato l’intera industria”, una tipica politica socialista, mentre “Afd è l’esatto opposto, è un partito libertario conservatore”.
Dal punto di vista storiografico, parliamo ovviamente di una grande sgrammaticatura, se non di una vera e propria castroneria. Hitler e il Nsdap sorgono politicamente in un quadro politico identitario in cui contro la democrazia liberale conversero sia propositi politici provenienti da un campo nazionalista e conservatore, dal culto dello Stato al mito dell’espansionismo nazionale e etnico, che una visione ideologica propensa a un forte interventismo del potere pubblico nel sistema economico erede delle contingenze drammatiche della Germania Anni Venti e Trenta.
La fusione tra il partito nazista e lo Stato tedesco, la corsa al riarmo, la distribuzione delle cariche di potere contribuirono a un pesante interventismo che si sviluppò in maniera diversa da quanto desiderava l’ala più genuinamente socialista e rivoluzionaria interna al Nsdap, legata ai fratelli Otto e Georg Strasser, da cui fuoriuscì da giovane Joseph Goebbels, futuro ministro della Propaganda e successore di Hitler dopo il suo suicidio.
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Una mossa politica
Weidel, dottorata in scienze economiche all’Università di Bayeruth con una lunga carriera nel settore economico-finanziario alle spalle, è chiaramente troppo scaltra per ignorare la grossolanità della sua affermazione, che può essere letta soprattutto concentrandosi sul quadro politico. La diretta con Musk era diretta principalmente a un pubblico americano, davanti a cui Weidel vuole presentarsi con volto nuovo della destra europea.
In America la “cancel culture” della destra tedesca che rinnega l’ascendenza conservatrice del nazismo si sposa bene con il clima culturale dominante nell’area repubblicana vicina alla nascente amministrazione di Donald Trump oggi focalizzata sulle presunte minacce della “sinistra radicale”, un mix tutto da definire in cui sono fatti convivere il politicamente corretto, la difesa dei diritti sociali e delle minoranze, il multiculturalismo, il sostegno alla causa palestinese e molti altri campi slegati tra loro.
Weidel vuole presentarsi come l’araldo tedesco di questa nuova destra libertaria e conservatrice globale che ha in Musk uno dei cantori e in figure come il presidente argentino Javier Milei e il Trump 2.0 i leader politici. Una destra occidentalista, tutta individualismo e libero mercato in campo economico, anti-sociale, anti-Stato e che percepisce un presunto “globalismo” come nemico da abbattere. Nell’Afd, in quest’ottica, per ragioni politiche la 45enne deputata renana vuole presentarsi come la portavoce di un’ala capace di guardare oltre il milieu di estrema destra del partito.
La cancel culture di Weidel
Nei sovranisti germanici esistono sia componenti che guardano al movimento nazionalista della Rivoluzione Conservatrice degli Anni Venti, precedente il nazismo, come punto di riferimento per rilanciare un patriottismo combattente e la difesa dell’identità tedesca sia un’ala ultra-liberale in economia e anti-europeista, ma anche frange ben più estreme. Björn Höcke, leader dell’Afd nel lander della Turingia dove il partito ha vinto le ultime elezioni locali, portavoce di Flügel (“L’Ala”), la corrente messa al bando nel 2020 dalle autorità tedesche, è ritenuto in particolare il principale teorico di una componente dell’Afd nativista, non priva di richiami a principi di purezza etnica e identitaria che passano per progetti massicci di rimpatrio degli stranieri e fautrice di una lettura più aperturista del passato nazista della Germania.
Per Weidel, etichettare Hitler come un “comunista” è un espediente retorico per far evitare al partito l’appiattimento su queste correnti radicali. Ma certamente apre profonde discussioni su quanto la radicale diversità tra Afd e Nsdap non escluda, nei fatti, che su alcune posizioni, soprattutto legate alle diversità e all’identità, i sovranisti odierni richiamino, in scala ridotta, la retorica degli Hitler e dei Goebbels di ieri. E, ironia della sorte, leggendo il passato con le chiavi del presente per giustificare un’agenda politica odierna Weidel compie, da Musk, una mossa simile a quella spesso promossa da chi, condannato dalle destre mondiali, oggi etichetta Cristoforo Colombo o Thomas Jefferson come “razzisti” e “schiavisti” proponendo di abbatterne le statue. La cancel culture della destra, come quella della sinistra, è un fenomeno americano che porta all’abuso politico della storia. E Weidel, di fronte allo statunitense Musk, non fa che riproporlo. Contribuendo a una pratica di cui sarà difficile liberarsi.
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