«È una scena che fa tenerezza e rabbia». Due emozioni contrastanti quelle di Pino Fusari – responsabile della comunità terapeutica Sentiero speranza dell’associazione Cenacolo Cristo Re di Biancavilla, nel Catanese – di fronte a quanto accaduto qualche giorno fa a Catania. Un ragazzo di 21 anni è andato al commissariato del quartiere Librino, per l’obbligo di firma a cui è sottoposto, e ha implorato i poliziotti di arrestarlo e portarlo in carcere. E non come nelle barzellette, quando il marito ai domiciliari preferisce la cella alla moglie. La supplica agli agenti da parte del giovane – che si è anche autodenunciato per il furto di un’auto – ha alle spalle una dipendenza dal crack: con la volontà e, insieme, l’impossibilità di disintossicarsi. «Molte persone dipendenti dalle droghe non hanno scelta. Mi era già successo di assistere a denunce fatte da familiari che vedevano nel carcere l’unica via d’uscita. Mai, finora, di un giovane che si autoaccusasse pur di provare a darsi una possibilità», commenta a MeridioNews Fusari che queste realtà le conosce bene.
Realtà fatte di liste d’attesa lunghissime per l’ingresso nelle comunità, di Sert (servizi per le tossicodipendenze) e Serd (servizi per le dipendenze patologiche) svuotati di personale e della totale assenza di altre forme di accoglienza. Ma anche di atteggiamenti disinteressati e giudicanti da parte delle istituzioni, di progetti che troppo spesso restano solo sulla carta lasciando senza speranza le persone che hanno una dipendenze dalle droghe. «Sostanze che, nel frattempo – sottolinea Fusari – continuano a invadere i nostri territori per arrivare sempre più alla portata di tutti». Con la possibilità di fare gli ordini online e un’organizzazione quasi impeccabile per le consegne a domicilio. In certi casi, addirittura con la comodità di consumarle direttamente dentro gli immobili dove vengono spacciate (nella drug room) a prezzi sempre più bassi per renderle accessibili anche ai più giovani. «Il fenomeno più grave, al momento – fa notare l’esperto – resta quello legato al consumo di crack». Una sostanza ricavata, tramite processi chimici, dalla cocaina e che induce dipendenza psichica e può portare alla necessità di aumentare il numero delle assunzioni anche solo dopo le prime dosi.
Un fenomeno che si è mostrato in tutta la sua crudezza negli ultimi tempi, ai bordi delle strade di alcuni quartieri di Palermo e che, invece, è rimasto meno visibile altrove. «Come a Catania – sottolinea Fusari – dove il livello di spaccio è lo stesso, ma il fenomeno resta più sommerso». Ed è più semplice, forse, in questo modo trovare giustificazioni per lasciarlo sotto il tappeto, insieme alla polvere. «La pressione sociale che si è creata attorno a questo tema a Palermo ha fatto in modo che nessuno potesse più fare finta di non vedere. Così – spiega il responsabile della comunità – si è arrivati a una maggiore presa di coscienza e, con l’intervento anche dell’Asp, si sono attivate le unità di strada, è stato aperto un centro a bassa soglia (sia diurno che notturno, ndr) e si sta lavorando per dare vita a una comunità breve». Luoghi, questi sì, in cui si può intraprendere un percorso consapevole di disintossicazione. Anche perché, è bene ricordarlo, in Sicilia di overdose si continua a morire.
«Dovremmo, però, essere ormai consapevoli del fatto che il proibizionismo ha miseramente fallito – analizza Fusari – e che l’approccio solo repressivo o il rigido atteggiamento di lotta alle droghe non portano a nulla». A qualcosa – e pure di importante – ha invece portato la collaborazione tra diverse realtà siciliane (Sos Ballarò, Ourvoice, Rete Riduzione del Danno, Casa di Giulio): ad avere un disegno di legge popolare, approvato all’unanimità dall’Assemblea regionale siciliana, per un sistema integrato e diffuso di prevenzione, trattamento, riduzione del danno e inclusione sociale in materia di dipendenze patologiche. Una piccola rivoluzione locale che ha avuto anche una mano dall’alto, visto che a consegnare il testo all’Ars era stato l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. «Adesso chiediamo con forza che si proceda con i decreti attuativi della legge – aggiunge Fusari – Nel frattempo, abbiamo chiesto un incontro sul tema al vescovo di Catania (Luigi Renna, ndr) che, però, ci ha rimandati a dopo Sant’Agata». Sperando di non restare con il cero in mano.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link