I giovani nel futuro dell’agricoltura – Economia e politica

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Diminuisce il numero di giovani in agricoltura, in linea con l’andamento demografico e il generale invecchiamento della popolazione italiana (fra il 2013 e il 2022 l’Italia ha perso oltre 2 milioni di giovani con età tra quindici e trentanove anni), ma le aziende guidate da under quaranta sono molto più performanti rispetto a quelle senior.

 

È quanto emerge dal secondo rapporto biennale “Giovani e Agricoltura” (il primo è del 2022), realizzato nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale. Anche la tanto demonizzata Pac, solitamente criticata per non definire misure efficaci per i target prefissati, ha assicurato il proprio apporto a sostegno delle imprese giovani. Resta, fra le criticità del ricambio generazionale e dell’inserimento dei giovani in agricoltura, il nodo dell’accesso al credito e al bene terra.

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Il ruolo dei giovani è fondamentale per il futuro dell’agricoltura, nel nostro Paese come nel resto d’Europa, recita in conclusione il rapporto (guarda il reel dedicato al rapporto “Giovani e Agricoltura”).

 

Demografia e invecchiamento

Le difficoltà di coinvolgimento dei giovani nel comparto agricolo sono connesse alle condizioni demografiche generali. In Italia nel 2022 i giovani con età tra quindici e trentanove anni risultavano essere 15,4 milioni, 2 milioni in meno rispetto al 2013 (-12%) e 4 milioni in meno rispetto a venti anni prima (-21%). L’incidenza di questa fascia di età sulla popolazione complessiva è diminuita complessivamente di otto punti percentuali tra il 2003 e il 2022.

 

La prospettiva è ancora più critica, specifica il report, se si osserva l’andamento demografico per le aree rurali italiane, che sono soggette a un processo di progressivo spopolamento. Solo tra il 2018 e il 2022, la popolazione in tali territori si è ridotta del 3%, mentre è rimasta stabile nelle aree prevalentemente urbane. Ancora più preoccupante è il dato sull’abbandono delle aree rurali da parte dei giovani (quindici-trentanove anni), che è pari al doppio (-6%).

 

Al di là delle difficoltà, tra gli elementi di attrazione positivi delle aree rurali si sottolinea la presenza di un diffuso patrimonio di fattori culturali, artistici, ambientali, paesaggistici e – soprattutto – enogastronomici che, se positivamente valorizzati, possono creare occupazione e attivare il coinvolgimento delle fasce più giovani della popolazione.

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La formazione

Le opportunità non mancano e, stando alla qualità formativa elevata, che vede gli istituti agrari e i poli universitari collocarsi sistematicamente ai piani alti dell’offerta culturale e di ricerca, viene da chiedersi quali siano le ragioni di uno scarso appeal. A fronte di una presenza in Italia di trentasette università a indirizzo agroforestale e veterinario e 451 istituti agrari, divisi tra istituti tecnici (179) e professionali (272), dei quali la metà si trova nel Mezzogiorno (51%), stanno diminuendo gli iscritti agli istituti agrari, così come risultano in calo le immatricolazioni alle università con indirizzo agroforestale e veterinario, mentre quelle complessive crescono.

 

Un quadro che appare preoccupante, soprattutto a fronte di una crescente diffusione delle innovazioni tecnologiche nei campi, nelle serre e nelle stalle, che suggerirebbero al contrario una competenza e una preparazione all’avanguardia.

 

Giù il numero di imprese agricole giovanili

In base ai dati contenuti nel Registro delle Imprese presso le Camere di Commercio, il numero delle imprese agricole giovanili presenti è in calo dell’8,5% rispetto al 2018 (52.717 alla fine del 2023), con una riduzione del 4,8% solo nell’ultimo anno.

 

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Una flessione che il rapporto definisce “in linea con quella osservata per tutto il settore primario, con l’incidenza delle imprese agricole giovanili sul totale delle imprese agricole che, nel quinquennio 2018-2022, rimane stabile al 7,7%, per poi scendere al 7,5% solo nel corso del 2023”.

 

Si può dunque, anche se timidamente, parlare di buona tenuta delle imprese agricole giovanili rispetto alle dinamiche del complesso dell’economia”, un risultato i cui meriti devono essere attribuiti al sostegno pubblico e, in particolare, alla possibilità di accedere alle risorse messe a disposizione dalla Pac con i suoi due pilastri (pagamenti diretti e sviluppo rurale).

 

I giovani, un booster per l’economia

Il rapporto “Giovani e Agricoltura” della Rete Rurale Nazionale mette in evidenza – analizzando i dati del Censimento 2020 – che alle aziende giovanili si deve la creazione del 15% del valore economico complessivo dall’agricoltura italiana (misurato nei dati censuari dal prodotto standard), mentre il 62% di tale valore è in mano agli agricoltori con età compresa tra quarantuno e sessantaquattro anni e il 23% agli over sessantacinque.

 

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Ancora più lampante è forse il dato relativo alla ricchezza generata mediamente da un’impresa giovanile agricola italiana, che è pari a 82.500 euro, un valore ben superiore alla ricchezza media di tutte le aziende, pari a 50mila euro). Tuttavia, pur posizionandosi sopra la media Ue e sopra la Spagna, è un valore che si conferma ben al di sotto rispetto a quella francese e tedesca.

 

La specializzazione premia

Un elemento che colpisce è dato dalla produttività media per superficie delle imprese giovanili italiane, pari a 4.500 euro per ettaro, un valore che è doppio rispetto a quello europeo e francese, ma è superiore anche a quello della Germania e, soprattutto, della Spagna. Questo avviene anche per il totale delle imprese agricole e deriva dalla maggiore specializzazione dell’Italia in coltivazioni ad elevato valore aggiunto.

 

Capitale e terra, le maggiori criticità per i giovani imprenditori

Non rappresenta affatto una novità, semmai una conferma. I maggiori elementi di difficoltà per i giovani sono rappresentati dall’accesso ai fattori produttivi capitale e terra. Ostacoli che rallentano la spinta del ricambio generazionale.

 

Nel corso del 2023 la stretta finanziaria operata dal sistema bancario – fra rialzo dei tassi e minori erogazioni di credito – ha avuto un impatto significativo sulla domanda di prestiti complessiva da parte delle imprese agricole italiane.

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In particolare, i prestiti a medio e lungo termine, che rappresentano circa un quarto di quelli complessivi al settore, si sono ridotti del 5,4% e a farne le spese sono stati i giovani, in quanto le imprese condotte da under quaranta sono quelle maggiormente dipendenti dal sistema del credito per gli investimenti di medio e lungo periodo.

 

Quanto all’elemento terra, dopo anni di sostanziale stabilità, nel 2022, grazie a un moderato dinamismo del mercato fondiario e complice l’inflazione, i prezzi dei terreni in Italia sono cresciuti dell’1,5% su base annua, seppure con differenti dinamiche territoriali. Elemento che, per converso, ha confermato la strategicità dell’elemento terra quale importante “bene rifugio”, con il volume di compravendite che, dopo la pandemia, ha ripreso la sua crescita di lungo periodo.

 

Accesso al credito e alla terra, le opportunità di Ismea

Il rapporto di Rete Rurale Nazionale sottolinea le politiche nazionali a favore dell’accesso al credito e alla terra attuate da Ismea, come gli strumenti “Più Impresa” e “Generazione Terra” destinati a favorire la creazione dell’impresa e il suo ampliamento da parte dei giovani, unitamente allo strumento “Banca delle Terre Agricole”, il quale, pur essendo fruibile da parte di tutti gli imprenditori agricoli, fino ad oggi ha visto una buona partecipazione da parte dei giovani, con più della metà dei terreni (e due terzi degli ettari) assegnati a under quarantuno.

 

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La Pac 2023-2027

Nella programmazione 2023-2027, la Pac ha definito interventi chiave come il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori, cui è destinato il 2% dei pagamenti diretti, pari a circa 352 milioni di euro per l’intero periodo di programmazione 2023-2027, e l’intervento di sviluppo rurale per l’insediamento dei giovani nelle imprese agricole, per il quale la spesa pubblica programmata nel quinquennio ammonta a circa 680 milioni di euro (con un’ampia discrezionalità delle regioni nella scelta delle modalità di attuazione, con la conseguenza di una sostanziale disomogeneità nell’aiuto).

 

La Rete Rurale Nazionale, in conclusione del proprio rapporto dedicato ai giovani, auspica che al necessario sostegno economico possano essere affiancate misure strutturali in grado di incidere concretamente sulla scelta di partecipare ai processi produttivi agricoli da parte dei giovani.


 

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