È ufficiale: il campo rom di Castel Romano sarà chiuso entro i primi mesi del 2025.
Lo ha annunciato il Comune di Roma con un bando pubblico che prevede l’avvio di un Piano di inclusione sociale rivolto agli oltre 400 residenti del villaggio attrezzato.
Una mossa che rientra nella strategia del Campidoglio per superare il “sistema campi”, ma che apre interrogativi sui costi, sui tempi e sull’effettiva riuscita del progetto.
Con una spesa stimata di 2,4 milioni di euro – finanziati tramite fondi europei del programma PON Metro 2014/2020 – la Giunta guidata dal sindaco Roberto Gualtieri vuole chiudere uno dei più grandi insediamenti rom della Capitale.
Tuttavia, il piano sembra seguire un copione già visto: tanti buoni propositi, una scadenza breve, e l’ombra delle solite proroghe che rischiano di trasformare un progetto temporaneo in un impegno a lungo termine.
Un progetto ambizioso, ma a tempo: cosa prevede il Piano di chiusura
Il bando, intitolato “Realizzazione delle azioni di accompagnamento e inclusione per il superamento del villaggio attrezzato di Castel Romano”, si articola in quattro aree di intervento che mirano a trasformare i residenti del campo in cittadini regolari e autonomi.
Ecco i punti principali:
Inclusione sociale e promozione della salute – Percorsi di supporto per contrastare l’antiziganismo e favorire l’integrazione nella società;
Regolarizzazione documentale – Aiuto per ottenere documenti personali e amministrativi, necessari per accedere ai servizi pubblici;
Istruzione e lavoro – Inserimento scolastico per i minori e percorsi di formazione professionale per gli adulti;
Housing sociale – Soluzioni abitative temporanee per garantire un’uscita graduale dal campo.
In sintesi, il piano prevede che ogni residente del campo ottenga documenti regolari, segua percorsi formativi e trovi un lavoro. Nel frattempo, il Comune finanzierà l’alloggio temporaneo per queste famiglie, per un costo stimato di 730mila euro in 22 mesi.
Costi, rischi e proroghe: le domande senza risposta
Il progetto avrà una durata di 22 mesi, con scadenza fissata al 31 ottobre 2026. Ma cosa succederà se gli obiettivi del piano non verranno raggiunti entro quel termine?
È proprio qui che sorgono i dubbi. Se i residenti del campo non riusciranno a integrarsi in tempo, il Comune sarà costretto a prorogare il progetto. E le proroghe, in Italia, spesso si trasformano in soluzioni permanenti.
Inoltre, c’è il tema dei costi per i cittadini romani. I fondi utilizzati per il piano provengono da risorse europee, ma la scelta di destinarli a questo progetto invece che ad altre necessità della città – come il miglioramento dei servizi pubblici o la creazione di nuove aree verdi – ha già sollevato polemiche.
Inclusione sociale o soluzione temporanea?
L’obiettivo del Comune è chiaro: superare definitivamente il modello dei campi attrezzati, considerato ormai obsoleto e discriminatorio. Tuttavia, le criticità non mancano.
Negli ultimi anni, Roma ha già avviato progetti simili per senzatetto e persone in condizioni di fragilità, ma i risultati sono stati spesso deludenti. Molti dei progetti si sono conclusi con un nulla di fatto, richiedendo ulteriori investimenti e lasciando irrisolti i problemi iniziali.
La chiusura del campo di Castel Romano avverrà inoltre in un momento delicato: il Giubileo 2025. Con milioni di pellegrini attesi nella Capitale, la Giunta Gualtieri vuole presentare una città più inclusiva e accogliente agli occhi del mondo.
Il nodo delle società private
Un aspetto interessante del piano riguarda il coinvolgimento di società private che avranno il compito di gestire i percorsi di inclusione sociale e supportare i residenti del campo nella loro transizione verso una vita autonoma.
Queste società si occuperanno di:
- Trovare soluzioni abitative temporanee;
- Facilitare l’accesso all’istruzione e al lavoro;
- Garantire assistenza sanitaria e legale.
Ma quanto saranno efficaci questi interventi? E, soprattutto, quanto costeranno ai cittadini?
Un progetto che divide la Capitale
La chiusura del campo rom di Castel Romano è già oggetto di dibattito politico e sociale. Da una parte, c’è chi sostiene che sia un passo fondamentale verso un modello di inclusione e integrazione più moderno.
Dall’altra, c’è chi teme che il progetto sia l’ennesima iniziativa costosa e poco efficace, destinata a prolungarsi nel tempo senza mai risolvere i problemi alla radice.
Intanto, le prime operazioni di sgombero sono previste già per il 1 marzo 2025.
Le famiglie verranno gradualmente trasferite in alloggi temporanei, mentre le società incaricate inizieranno i percorsi di regolarizzazione. Resta da vedere se, questa volta, il Comune di Roma riuscirà davvero a mantenere le promesse fatte.
Per ora, ciò che è certo è che il conto – diretto o indiretto – lo pagheranno i cittadini.
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