«Almasri espulso perché pericoloso». Le opposizioni: «Vergognoso»

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La prima spiegazione di Matteo Piantedosi sul rilascio del generale Almasri lascia aperti molti interrogativi sul rimpatrio lampo del capo della polizia giudiziaria libica. Di certo non basta alle opposizioni, che continuano a chiedere a Giorgia Meloni di metterci la faccia e, anzi, sembrano ancor più sconcertate dopo il question time del ministro dell’Interno, oggi in Senato. Il che è comprensibile perché in sostanza il ministro ammette che la pericolosità del soggetto, indicata dalla Corte penale internazionale (che per questo lo voleva a L’Aja per processarlo), è lo stesso motivo per il quale il Viminale ha invece ritenuto di riportarlo in patria, con tanto di aereo di Stato.

Un paradosso. Queste le parole di Piantedosi: «Considerato che il cittadino libico era a piede libero in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto della Cpi, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato». Peccato che la pericolosità di Almasri non sta certo nella possibilità che commetta violenze in Italia, ma nel suo “lavoro” in Libia. Ciò significa che è stato riportato esattamente nel luogo in cui è più pericoloso.

C’è poi un altro punto: per il titolare dell’Interno «la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’arresto, valutandolo come irrituale» (per la mancata comunicazione diretta della Cpi al ministro della Giustizia, Carlo Nordio) e «disponendo l’immediata scarcerazione». Piantedosi, però omette di dire che la stessa Corte d’appello, si era preoccupata di «interessare» del caso Nordio, ma non ha ricevuto risposte, per questo non ha potuto fare altro che disporre la scarcerazione chiesta dal procuratore.

Avvenire ha potuto visionare il documento con cui la Digos di Torino ha trasmesso il verbale di arresto di Almasri al ministero degli Interni, con in allegato anche una copia del mandato di arresto internazionale Cpi, e la richiesta con cui il Viminale, a sua volta, ha demandato alla Polizia di informare via Arenula. La struttura del Guardasigilli, quindi, doveva sapere. E «l’irritualità» dietro cui si trincera il governo sta solo nel fatto che Nordio, personalmente, non avrebbe interloquito con L’Aja. È questo il cavillo su cui si poggia la difesa del governo,

In ogni caso, la solidità della posizione di Palazzo Chigi potrebbe essere misurata a breve, visto che l’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia, ha presentato una denuncia alla Procura di Roma contro la presidente del Consiglio, Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano per favoreggiamento personale e peculato proprio in merito al rilascio di Almasri.
Tornando al question time, le opposizioni non sono affatto appagate dalle risposte di Piantedosi e lo hanno fatto capire chiaramente. Per il co-portavoce nazionale di Avs, Angelo Bonelli, il ministro «è stato surreale e imbarazzante», mentre per il capogruppo dem a Palazzo Madama, Francesco Boccia, quelle del titolare dell’Interno «non sono risposte, è evidente il tentativo del governo di derubricare a problema tecnico quanto avvenuto».

A far infuriare ancor di più il centrosinistra è stato anche il commento del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha espresso la sua opinione sulla richiesta di spiegazioni fatta a Roma dalla Cpi: «L’Aja non è il verbo né la bocca della verità. Si possono avere opinioni diverse e l’Italia non è sotto scacco di nessuno. Siamo un Paese sovrano e facciamo la nostra politica». Parole «di totale imbarazzo», per Enrico Borghi di Iv, convinto che il governo «sta facendo diventare il Paese un parco giochi dei criminali internazionali». Anche i parlamentari M5s delle commissioni Esteri e Difesa sono «esterrefatti dal muro di silenzio e ipocrisia dietro cui il governo si è trincerato», evidenziando «l’imbarazzo nello spiegare perché hanno collaborato con un criminale sanguinario invece che con la giustizia internazionale».

L’impressione è che la partita politica sul caso sia appena all’inizio e l’esecutivo sta già preparando la strategia in vista dell’informativa vera e propria di Piantedosi, la settimana prossima. La difesa del governo potrebbe concentrarsi sul fatto che Almasri ha viaggiato per diversi Paesi (Regno Unito, Belgio e Germania, anche superando alcuni controlli di polizia) negli ultimi 12 giorni prima di arrivare a Torino, ma il mandato d’arresto è stato spiccato dalla Cpi solo il 18 gennaio, subito prima dell’arrivo in Piemonte. Possibile che Palazzo Chigi voglia far passare il messaggio che a L’Aja qualcuno abbia voluto lasciare “in modo deliberato” al nostro Paese l’incombenza di occuparsi della faccenda. Questo, però, non giustificherebbe il rilascio di un ricercato per crimini di guerra.

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