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Trudeau e la crisi, sarà lui a guidare il G7 per il Canada? #finsubito richiedi prestito immediato


Il Canada si appresta a raccogliere dall’Italia il testimone della presidenza di turno del G7 nel mezzo di una crisi politica che non ha precedenti nella storia recente del Paese nordamericano, da tempo un esempio di stabilità, e che vede pesantemente vacillare il governo di Justin Trudeau, il più longevo tra i leader delle sette potenze economiche a livello mondiale. Il momento per il premier canadese è talmente critico che i sette capi di governo attesi al summit in programma a Kananaskis, nello Stato di Alberta, dal 15 al 17 giugno, potrebbero trovare un nuovo collega ad accoglierli.

Secondo la Cnn, infatti, il 53enne Trudeau – al governo da nove anni – potrebbe dimettersi all’inizio del 2025, aprendo le porte alla nomina di un nuovo premier liberale o a elezioni anticipate che, con molte probabilità, metterebbero fine alla leadership del suo Partito Liberale, che i sondaggi indicano indietro di 20 punti rispetto ai conservatori. Non solo, Trudeau – oltre a quella della maggioranza dei canadesi – ha perso la fiducia anche di molti membri del suo stesso partito.

Le bordate di Trump contro il premier

Sulla popolarità del governo pesano le preoccupazioni per l’inflazione e l’immigrazione, ma la crisi politica canadese è stata accelerata senza dubbio dalle minacce di dazi del 25% sulle merci importate negli Usa fatte dal presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, che negli ultimi tempi non ha risparmiato vere e proprie ‘bordate’ al suo vicino, lamentando il deficit commerciale di Washington e con il quale ebbe forti frizioni già ai tempi del suo primo mandato presidenziale.

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In un recente post ha definito Trudeau – con cui ha avuto una cena a fine novembre nella sua tenuta a Mar-a-Lago, in Florida – un “governatore”, alludendo all’ipotesi – che Trump ha giudicato “un’ottima idea” – di far diventare il Canada il “51esimo Stato” americano. Il presidente eletto, tuttavia, non si è fermato qui. In un altro post è entrato a gamba tesa nella politica interna canadese attaccando Chrystia Freeland, la ministra delle Finanze nonché braccio destro di Trudeau, che lo scorso 16 dicembre ha rassegnato le dimissioni denunciando un disaccordo con il primo ministro sul modo con cui affrontare queste minacce.

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L’addio della ministra dell’Economia

“Dopo aver riflettuto, ho concluso che l’unica via onesta e fattibile per me è quella delle dimissioni”, ha dichiarato Freeland – che era al governo, con diversi incarichi, dal 2015 – in una lettera in cui non ha nascosto l’esistenza di disaccordi con Trudeau sul modo di affrontare “la grave sfida” costituita dalla “politica di nazionalismo economico aggressivo, con la minaccia di dazi al 25%” che Trump intende adottare.

“Nelle scorse settimane, non ci siamo trovati d’accordo sul modo migliore di procedere per il Canada”, ha scritto ancora Freeland, il cui posto è stato preso da Dominic LeBlanc, che – in qualità di ministro della Pubblica sicurezza, quindi titolare del dossier confini – aveva accompagnato Trudeau a Mar-a-Lago.

“Il suo comportamento era totalmente tossico e non utile per raggiungere accordi positivi per gli altamente scontenti cittadini del Canada, non ci mancherà!”, ha detto Trump, commentando sui social il passo indietro di Freeland, che aveva avuto un ruolo centrale durante la sua prima amministrazione nei colloqui per rinegoziare il Nafta. Allora il presidente eletto disse pubblicamente di non aver gradito il suo stile negoziale.

Le peggiori settimane della sua vita

Secondo la Bbc, queste che sta vivendo sono tra le peggiori settimane della carriera politica di Trudeau, che vede crescere contro di lui una forte opposizione all’interno del suo stesso partito. Anche il suo alleato chiave, il leader del Nuovo Partito Democratico, Jagmeet Singh, ha espresso pubblicamente l’intenzione di votare a favore di una mozione di sfiducia nei confronti del governo annunciata dai conservatori che, tuttavia, non potrà essere presentata fino alla riapertura della Camera dei Comuni, al momento in pausa invernale, il 27 gennaio. Se le opposizioni voteranno compatte la sfiducia, per Trudeau ci sarà ben poco da fare se non convocare le elezioni.

Il primo ministro, nonostante tutto, non ha finora mandato alcuna indicazione di volersi dimettere anche se, a quanto si dice, avrebbe comunicato al partito di voler usare le vacanze invernali per riflettere sul suo futuro. Gli osservatori ritengono che Trudeau nei momenti di massima pressione riesca sempre a tirare fuori il meglio di sé come ha dimostrato in questi nove anni di fronte a ogni battuta d’arresto. Ma sebbene abbia superato molte tempeste, ci sono segnali che il suo tempo potrebbe essere scaduto.

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