Altro che popolo in rivolta, il pericolo per la democrazia sono le élite multimiliardarie

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Di nuovo c’è la più diffusa consapevolezza che la minaccia ai sistemi democratici non viene dal tanto temuto «popolo», pieno di rabbia, in rivolta contro le élite, ma dalle élite. Dalle élite economico-finanziarie in rivolta contro i vincoli del vivere associato, e dal loro strapotere

Nel discorso di addio che segna la fine del suo mandato presidenziale, Joe Biden ha evocato l’avanzare di «un’oligarchia di estrema ricchezza, potere e influenza» che minaccia «la nostra intera democrazia». Un governo dei pochi, impersonato dal connubio tra Elon Musk e Donald Trump, e sostenuto dai principali attori del capitalismo tecnologico americano, sembra annunciarsi al di sopra e contro il governo dei molti, del «popolo».

Opporsi al potere dei pochi, oggi come in passato, è per Biden la via maestra da percorrere per proteggere la democrazia. Senz’altro, è l’unica via. Ma come opporsi allo strapotere di élite multimiliardarie cui decenni di cedimento culturale (anche da sinistra) al neoliberalismo hanno permesso di crescere indisturbate?

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Non c’è niente, in realtà, di veramente nuovo nell’attuale conflitto dei pochi contro i molti, in questa «guerra di classe» che «hanno vinto i ricchi», come ebbe a dire il miliardario Warren Buffett all’indomani della crisi economico-finanziaria del 2008. Non c’è nemmeno niente di davvero inaspettato, almeno per chi ha saputo vedere l’ampliarsi della frattura tra l’alto e il basso, tra il mondo di sopra e il mondo di sotto, prodotta dall’estrema concentrazione di ricchezza che le politiche economiche e fiscali inaugurate negli anni Ottanta del secolo scorso hanno reso possibile.

A fare la differenza rispetto al recente passato non sono nemmeno gli aggettivi oggi spesso associati alla parola oligarchia: «Tecnica», «tecnologica», «tecnocratica». Perché non è la qualità del potere delle nuove super élite a minacciare la democrazia, è la quantità: il livello raggiunto dalla ricchezza economica privata. È l’esistenza di patrimoni privati di dimensioni paragonabili o superiori al Pil di un paese a economia avanzata, che i detentori – in quella che a tutti gli effetti appare come una fase nuova dello stesso capitalismo – si mostrano intenzionati a impiegare a fini diretti di governo della vita pubblica. Rendendo piuttosto pertinente l’aggettivo «plutocratica», associato a oligarchia.

Il problema non è il popolo

Di nuovo, soprattutto, c’è la più diffusa consapevolezza che la minaccia ai sistemi democratici non viene dal tanto temuto «popolo», pieno di rabbia, in rivolta contro le élite. Ma dalle élite. Dalle élite economico-finanziarie in rivolta contro i vincoli del vivere associato, di cui già parlava Christopher Lasch nel 1995, che oggi guidano la rivolta del popolo contro le élite politiche e culturali tradizionali.

Le élite che operano come attori al confine tra il privato e il pubblico, che si sostituiscono allo Stato in compiti essenziali, che rimpiazzano – nel migliore dei casi – il welfare con la filantropia. E che per questo, come sostiene Paola Arrigoni nel suo Élite, filantropia e trasformazioni dello Stato (il Mulino, 2024), richiedono nuova attenzione, uno sforzo di comprensione direi almeno pari a quello dedicato, negli ultimi decenni, al «popolo» del populismo.

Il populismo, inteso come stile politico dei nuovi leader di destra, ha avuto e ha un ruolo chiave nel consentire l’impresa pubblica di personaggi come Elon Musk. Gli eccessi verbali di Musk non esisterebbero senza quelli politici di Trump, senza la sua pretesa e capacità di flettere fino a rompere i limiti dell’ordine democratico-liberale. Ma il nuovo Trump non esisterebbe, forse, senza l’attuale ruolo svolto dalle élite plutocratiche, a cui è unito, del resto, al di là di possibili divergenze di visione su singole policy, da elementi di profonda affinità culturale e ideologica.

Questi elementi includono la legittimazione pubblica di ricchezze clamorose, l’irresponsabilità politica, il privilegio accordato al privato sul pubblico, l’efficientismo come ideologia di governo, la visione della tecnologia come strumento di potere e controllo nelle mani dei «pochi», anziché come veicolo di partecipazione e libertà per i «molti». Anche il «transumanismo apocalittico» che Rosi Braidotti ravvede nei sogni spaziali di Elon Musk (Postumano, DeriveApprodi 2023) appare perfettamente coerente con la rivolta trumpiana contro la transizione ecologica intesa a salvare il nostro pianeta.

In questo primo quarto del nuovo millennio sembra inverarsi così l’“utopia” neoliberale di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, il sogno di un pieno dispiegamento delle pulsioni acquisitive degli individui e dell’impresa privata. Ma questo sogno, nel suo farsi realtà, manifesta l’intima tendenza a divorare la cosa pubblica, cancellando il confine stesso tra pubblico e privato, e a ridurre la democrazia stessa a un guscio elettorale vuoto.

© Riproduzione riservata

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link