Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi, e certamente la sanità è uno dei sistemi più complicati del mondo moderno. Un noto manager del settore, ormai scomparso, era uso dire: «In sanità se tu modifichi il prezzo della carta igienica te lo ritrovi sui costi della sala operatoria, e non sai il perché». Il paradosso era un po’ ardito e provocatorio ma rende bene l’idea.
I dati che arrivano da importanti istituzioni italiane, come la Corte dei Conti e la Ragioneria di Stato, solo per citarne due, oltre che da prestigiose riviste internazionali come Lancet, sono tutti univoci: un sistema con le criticità di finanziamento e di programmazione come quelle che presenta attualmente il nostro Servizio sanitario nazionale non può farcela. D’altra parte, una cruda analisi del National Health System inglese, pubblicata recentemente dal New England Journal of Medicine, la più prestigiosa rivista medica al mondo, ha ben dimostrato come un sottofinanziamento cronico non possa che determinare l’implosione di un servizio sanitario, sebbene prima ben funzionante. Il dato non deve essere sottovalutato perché è proprio al modello del Nhs che si ispira il nostro Ssn.
Il governo Meloni non ha colpa dell’attuale situazione che stiamo vivendo, sono decenni che il Ssn viene sottofinanziato, e ciò è avvenuto con tutti i governi di qualsiasi colore politico. I soldi sono una conditio sine qua non per garantirne la sopravvivenza, ma da soli non bastano.
Bisogna pensare a una nuova riforma che superi quella effettuata 46 anni orsono e guardi ai prossimi decenni a venire. E non bastano le critiche, bisogna passare alle proposte concrete, consci che l’attuale situazione non garantisce, come vorrebbe l’articolo 32 della Costituzione, l’equanimità delle cure, né in termini sociali, né in termini regionali, né in termini di gender. D’altra parte, dobbiamo rassegnarci all’idea che è praticamente impossibile adeguare il finanziamento del Ssn ai livelli della media europea, questo comporterebbe uno sforzo difficilmente raggiungibile e sostenibile da qualsiasi governo in carica.
Si deve guardare la realtà in faccia ed essere pragmatici: il re è nudo, oggi noi non garantiamo più cure a tutti in modo equanime, tanto meno agli indigenti.
Purtroppo sono molti anni che esperti lanciano allarmi che cadono nel vuoto. Eppure, proposte ne sono state fatte e possono essere ancora formulate per correggere la rotta di una nave che, superata la tempesta del Covid, sembra destinata ad arenarsi nelle secche dell’immobilismo. Se volessimo passare dalle parole ai fatti ci sarebbero molti punti sui quali quasi tutti i tecnici convergerebbero:
— Aumentare il finanziamento del Ssn attraverso l’introduzione di tasse di scopo sui prodotti dannosi per la salute, come alcol e tabacco. Queste risorse dovrebbero essere destinate a politiche di prevenzione ed alla ricerca. Inoltre si potrebbe considerare l’implementazione di tasse sugli extraprofitti delle multinazionali operanti nel settore sanitario. La prevenzione deve diventare un pilastro centrale del Ssn. È poi necessario riorganizzare i Dipartimenti di prevenzione.
— Rivedere la rete ospedaliera è indispensabile per garantire una equa distribuzione dei servizi. Ciò include la verifica dei posti letto realmente disponibili e l’adeguamento delle strutture alle esigenze della popolazione.
— Promuovere un modello integrato che colleghi i servizi ospedalieri con quelli territoriali è cruciale per migliorare la continuità assistenziale. Le Case della Comunità e gli ospedali di comunità devono essere riempiti di contenuti e di personale qualificato per garantire un’assistenza efficace.
— La digitalizzazione deve diventare una priorità. L’implementazione di un fascicolo sanitario elettronico e l’uso dell’intelligenza artificiale possono migliorare l’efficienza dei servizi sanitari e facilitare l’accesso alle informazioni mediche per i pazienti e i professionisti.
— Evitare sprechi e prestazioni inappropriate attraverso un attento sistema di monitoraggio e una valutazione dell’appropriatezza prescrittiva, che possono significativamente essere ridotti dalla digitalizzazione e dai sistemi di AI.
— Riconsiderare il ruolo dei professionisti sanitari nelle decisioni strategiche riguardanti il Ssn. La loro esperienza clinica è cruciale per comprendere le reali necessità assistenziali e per sviluppare politiche sanitarie efficaci. Introdurre sempre più valutazione di qualità delle performance, e non solo quantitative, degli ospedali e dei manager e coinvolgere i clinici nella gestione rappresenta un passo fondamentale per passare dall’attuale modello aziendalistico ad uno più incentrato sul paziente e sul risultato delle cure.
— Rivedere e aggiornare gli attuali Drg (i rimborsi per le attività svolte che vengono riconosciuti agli ospedali) e valutare nuovi sistemi di tariffazione su indicatori di outcome.
— Un monitoraggio attento delle disuguaglianze regionali nell’accesso alle cure e nella qualità dell’assistenza è essenziale per garantire che tutti i cittadini abbiano pari opportunità di ricevere assistenza sanitaria adeguata. Le politiche devono essere adattate alle specifiche esigenze locali per colmare queste lacune.
— Gestire le aspettative dei cittadini riguardo ai servizi sanitari, promuovendo una comunicazione chiara e trasparente.
— L’AI può contribuire a una gestione più efficiente delle risorse sanitarie, prevedendo la domanda di servizi e ottimizzando la pianificazione delle attività ospedaliere. Attraverso modelli predittivi, è possibile anticipare i bisogni di salute e gestire le priorità. È cardinale espandere l’uso della telemedicina per migliorare l’accesso ai servizi, soprattutto nelle aree rurali o svantaggiate.
— Governare e potenziare la partnership pubblico-privato, senza lasciare spazio a comportamenti opportunistici, valorizzandone le potenzialità e le sinergie.
— Promuovere assicurazioni che fin dalla giovane età possano essere proposte come integrative, in particolare sulla non autosufficienza e sulla cronicità, le vere sfide alla sostenibilità del Ssn.
— Rivedere il sistema delle esenzioni e dei ticket parametrandolo ai redditi (meglio in certi casi pagare un ticket un po’ più alto che dover pagare la prestazione a prezzo pieno per averla in tempi ragionevoli…).
— Superare l’attuale modello organizzativo prestazionale per un nuovo schema che consideri la presa in carico complessiva del paziente e gli outcome di salute.
L’elenco delle possibili proposte potrebbe continuare ancora a lungo ma fermiamoci qui. Si dice che il meglio è nemico del bene e certamente qualsiasi scelta si opererà sarà un compromesso, ma l’immobilismo registrato in questi anni verso questa pericolosa deriva del nostro Servizio sanitario è il peggiore dei mali.
7 gennaio 2025
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