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La destra sovranista è compatta contro il riarmo dell’Unione Europea. Da Le Pen a Salvini, da Orbán a Wilders: in Europa tutti attaccano Bruxelles. Ai nazionalisti, però, il piano di Von der Leyen piace eccome. L’esempio più emblematico? Lo strano caso di CasaPound (e del giornale Il Primato Nazionale). Il movimento italiano di estrema destra appoggia ReArm Europe, attacca la Russia di Putin (che prima esaltava) e sostiene Kiev. Per quale motivo i “fascisti del terzo millennio” stanno con Calenda e il PD?
Sono finiti i tempi in cui Matteo Salvini andava in giro con le felpe Pivert e condivideva i palchi dei comizi elettorali con i leader di CasaPound. Oggi, non più all’opposizione ma ministro consolidato della Repubblica Italiana, il capo della Lega ha preso nette distanze dall’estrema destra. Si è allontanato dai nazionalisti e si è avvicinato ai sovranisti. Fino a diventare il sovranista più famoso d’Italia e uno dei più rilevanti in Europa. Il suo nemico? La Bruxelles dei burocrati. Oggi che l’Unione Europea dei tanto odiati “poteri forti” ha deciso di armarsi – 800 miliardi da spendere nei prossimi quattro anni in armi e armamenti di ogni tipo – lui, il “Capitano”, è uno di quelli che si oppone a questa decisione definita “una scelta sbagliata”. “È il paradosso europeo: non si poteva investire un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune? Se oggi avessimo un esercito europeo, Francia e Germania ci avrebbero già mandato in guerra. L’Italia deve difendere i suoi interessi, non farsi trascinare”, ha dichiarato Salvini. Molto più agguerriti di lui – che nelle ultime ore ha mostrato segnali di apertura visto che Giorgia Meloni non ha messo in discussione il piano, se non nel nome – alcuni amici sovranisti europei. La francese Marine Le Pen ritiene che Ursula von der Leyen stia cercando di acquisire poteri che non le competono, e ha fatto presente che la politica di sicurezza e difesa dovrebbe essere di responsabilità degli Stati membri e non della Commissione Europea. L’ungherese Viktor Orbán si è rifiutato al Consiglio europeo di sottoscrivere le conclusioni che approvavano ulteriore sostegno e garanzie di sicurezza per l’Ucraina, mentre in Olanda il partito di estrema destra Pvv di Geert Wilders ha mandato in crisi il gabinetto del primo ministro Dick Schoof e bloccato il parlamento nazionale. E potremmo continuare ancora, elencando la posizione contraria a ReArm Europe di pressoché tutti i sovranisti del continente.
Ci sono due grandi anime che formano la destra europea: una è quella dei sovranisti, l’altra dei nazionalisti. Se i primi, come detto, sono contrari a ReArm Europe, spesso sono accusati dai loro oppositori di essere filo russi, filo putiniani, filo Cremlino, i secondi hanno una posizione radicalmente opposta. Certo, il loro peso politico nelle arene pubbliche dei rispettivi Paesi è limitato – se non irrisorio – ma comunque suscita discussioni. E, soprattutto, incuriosisce. Incuriosisce, per esempio, il fatto che il movimento italiano CasaPound (e il giornale Il Primato Nazionale), lo stesso che in passato – quando era un partito – esaltava il famigerato “ideologo di Putin”, Alexandr Dugin, organizzava convegni sull’Eurasia e celebrava lo stesso Vladimir Putin, oggi sembri ormai essere schierato sul fronte opposto di Mosca e dei russi. Il totale cambio di rotta è ben evidenziato dai numerosi articoli pubblicati dalla rivista Il Primato Nazionale, vicina allo stesso movimento. Uno in particolare, intitolato Rearm Europe: perché opporsi vuol dire rimanere schiavi, dove si legge che “la storica prevaricazione stile gangster di Trump nei confronti del presidente dell’Ucraina Zelensky, unita a molte altre dichiarazioni, ha definitivamente mostrato l’assoluta vicinanza, politica e ideologica, tra gli interessi Usa e quelli della Russia di Putin”. Da potenziale salvatore dell’Europa cristiana, dunque, Putin è adesso un nemico. Una visione, questa, comune ad altri gruppi e gruppuscoli d’area d’Europa, che probabilmente sperano di approfittare del caos geopolitico per sfruttare il riarmo europeo (visto come “risveglio dell’Europa”) e tornare rilevanti nell’arena politica. Si intende: con le loro agende e i loro valori.
In sintesi – sembrerebbe essere la visione degli ultra nazionalisti europei del continente – l’elezione di Trump, lo scoppio della guerra in Ucraina e le mosse di Putin dovrebbero spingere l’Europa-nazione a risvegliarsi dal suo immobilismo, a rigettare i progetti comuni come il Green Deal per abbracciare invece un riarmo comune. Un riarmo che per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale viene sbandierato con convinzione in tutto il continente. Tutto molto bello – per chi ci crede – dal punto di vista ideologico. Peccato che, per recuperare veramente il ritardo sugli armamenti con Usa e Russia, serviranno decenni. E che, al netto di aver deciso di spendere decine e decine di miliardi di euro in armi, non è dato sapere chi guiderà la macchina bellica del continente. Ragionando in termini politici, non sarà certo l’Italia (che aveva puntato su Trump) a dirigere l’armata di Bruxelles; molto più probabile che possano farlo la Francia nucleare di Emmanuel Macron e il Regno Unito, con Londra che però non è neppure nell’Ue. Ci troviamo insomma di fronte a un clamoroso doppio cortocircuito della destra: mentre la sua anima sovranista si oppone a ReArm Europe (dimostrando di preferire l’ombrello straniero della Difesa Usa), la parte nazionalista si è ritrovata a stare con i liberali di Calenda, socialdemocratici e Verdi. La speranza degli ultra nazionalisti, ovvero che il riarmo possa consentire ai singoli di Paesi di “tornare grandi”, è destinata a restare un sogno. Sfruttare una crisi continentale per riproporre (in silenzio) modelli autoritari ha già fatto discreti danni una volta. Meglio, semmai, sostenere il riarmo per altre ragioni.
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